La burocrazia è un mostro che costa 600 euro al mese ad ogni impresa

Fa più paura agli imprenditori la burocrazia che la mafia. Le parole del presidente degli industriali siciliani, Antonello Montante, hanno avuto una eco nazionale. Ma, per chi cerca di produrre ricchezza in un paese come l’Italia o il suo Mezzogiorno, conosce perfettamente l’attività della criminalità organizzata (come la conoscono, per fortuna, anche le forze dell’ordine e la magistratura) mentre la partita con la burocrazia è davvero un terno al lotto, un gioco d’azzardo.

Un discorso che vale per tutti i settori produttivi, agricoltura compresa come ha messo nero su bianco al Cia, confederazione italiana degli agricoltori, in un documento diffuso nel corso delal VI assemblea elettiva in corso a Roma.

Il “mostro” della burocrazia negli ultimi dieci anni ha “divorato” 100 mila imprese agricole, costrette a chiudere per il peso opprimente dei tremendi costi e della farraginosità dei rapporti con la Pubblica amministrazione. Un dazio che all’agricoltura costa oltre 7 miliardi l’anno: per la singola azienda equivale a due euro per ogni ora di lavoro, 20 euro al giorno, 600 euro al mese, 7.200 euro l’anno. Un “carico” asfissiante che costringe ogni imprenditore agricolo a produrre nei 365 giorni materiale burocratico cartaceo che, messo in fila, supera i 4 chilometri e ha un peso che sfiora i 25 chili. Non basta. Occorrono otto giorni al mese per riempire i documenti richiesti dalla Pubblica amministrazione centrale e locale. In pratica, cento giorni l’anno. Un compito che difficilmente l’imprenditore agricolo può assolvere da solo e, quindi, nel 65 % dei casi è costretto ad assumere una persona che svolge questa attività o, per il restante 32 %, a rivolgersi a un professionista esterno.

Secondo la Cia, il 30% dell’aggravio economico burocratico è addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della Pubblica amministrazione. Cifre che diventano ancora più macroscopiche se si prende in considerazione l’insieme dell’imprenditoria del nostro Paese, che spende in burocrazia la bellezza di 61 miliardi di euro l’anno. Un costo che, ridotto del 25%, comporterebbe un aumento del Pil dell’1,7%.

Comunque, in agricoltura si riscontrano grandi difficoltà. Più del 90% degli agricoltori, secondo il sondaggio Cia, denuncia ostacoli e difficoltà per la propria attività a causa della burocrazia e chiede, quindi, una semplificazione amministrativa e fiscale che è ritenuta un fattore indispensabile per lo sviluppo.

Asfissiate da questo “peso”, il 25,5 % delle aziende agricole ha messo da parte progetti di ammodernamento, innovazione e ricerca, il 21,5 % non ha compiuto alcun tipo di investimento, il 18,7 % è stato costretto a ridurre le coltivazioni e il 10 %, addirittura, a chiudere.

Ogni mese le aziende agricole italiane sono costrette, in media, a impiegare dalle cinque alle sei giornate di lavoro per svolgere gli adempimenti amministrativi. Il 28 % -rileva l’indagine della Cia- afferma di aver dedicato dalle tre alle quattro giornate alla burocrazia, il 34 % dalle cinque alle sei giornate, il 38 % oltre le sei giornate. Oltre il 60 % delle imprese agricole -annota l’indagine della Cia- ha visto crescere del 6-7 % i costi burocratici degli adempimenti amministrativi; il 15 % tra il 3 e il 4 %; il restante tra lo 0,5 e l’1,50 %. Il 65 % delle aziende ritiene, tuttavia, che negli ultimi dieci anni la burocrazia è andata aumentando con costi sempre più esorbitanti.

La Cia sottolinea che il maggiore onere che sopporta l’imprenditoria agricola italiana (94 %) è rappresentato dagli adempimenti “specifici” richiesti nel settore. Pesanti anche i “costi” dovuti al fisco (84 %) e alla sicurezza sul lavoro (75 %). Il 74,5 % delle imprese ritiene il costo degli obblighi burocratici un ostacolo alla propria attività produttiva.

Oltre il 78 % delle aziende interpellate sottolinea che la pressione fiscale e gli oneri previdenziali-contributivi costituiscono un pesante freno allo sviluppo e alla competitività. A sua volta, la burocrazia incide negativamente sull’attività, appunto, per il 90 % delle imprese.

Neanche l’introduzione di nuove tecnologie informatiche è riuscita, per il 64 % delle imprese agricole, a migliorare il rapporto con l’Amministrazione pubblica. E questo soprattutto a causa della complessità degli adempimenti e per il continuo cambiamento delle normative e degli adempimenti ai quali l’imprenditore agricolo è costretto.

Il 58 % delle imprese agricole ritiene che la difficoltà dei rapporti con la Pubblica amministrazione risiede soprattutto nel fatto che in questi ultimi anni siano aumentate in maniera esponenziale le scadenze burocratiche e siano rimaste alquanto complesse le richieste da parte degli uffici pubblici. Con l’aggravante che molte di queste norme vengono interpretate ed applicate in maniera diversa da regione a regione, da provincia a provincia e, addirittura, da comune a comune.

Il 30 % delle imprese lamenta, poi, il fatto che si trova a confrontarsi da sola con l’apparato burocratico e che più dell’85 % delle aziende agricole ricorre, almeno una volta all’anno, all’aiuto delle organizzazioni o dei professionisti esterni.

Oltre al costo economico, l’aspetto che più denunciano le imprese (72 %) è costituito dalle lungaggini e dai tempi “scandalosi” richiesti per una semplice pratica di carattere amministrativo, per la quale sarebbero sufficienti solo poche ore, se non minuti.

Il 56 % degli imprenditori agricoli interpellati si é dichiarato disposto a nuovi investimenti di carattere produttivo e all’assunzione di manodopera se si dà un “taglio” del 30 % al carico burocratico che oggi pesa sull’azienda.