Ragusa: le sfide che il pomodorino non ha saputo affrontare

La profonda crisi che ha colpito il comparto agricolo con particolare riferimento alla coltivazione del pomodoro, ha fatto emergere un dato chiaro: la qualità paga. Questo dato emerge da un raffronto tra ciò che sta avvenendo in provincia di Ragusa, che fornisce circa il 60% dell’intera produzione di pomodoro della Sicilia, e ciò che invece sta avvenendo nell’area dell’Igp di Pachino che sta sì sentendo gli effetti della crisi, ma in maniera meno acuta rispetto alle aziende dell’area della fascia trasformata ragusana dove il 50% della produzione di pomodoro è rimasta nelle serre. Molti produttori hanno deciso di non raccogliere nemmeno il pomodoro, “non ne vale la pena – dicono- il prezzo è crollato, chi è fortunato prende 40 centesimi al chilo, circa la metà rispetto allo scorso anno”. Per fare 1000 metri quadrati di pomodoro ciliegino, un produttore che lavora rispettando le regole, per un ciclo produttivo, spende in media 9 euro a metro quadrato, lo scorso anno è riuscito a incassare in media 4 euro a metro quadrato e quest’anno, secondo le previsioni, andrà peggio.

La situazione in Provincia di Ragusa è nera: secondo i dati forniti dal presidente provinciale di Confagricoltura Sandro Gambuzza nell’ultimo anno hanno chiuso 500 piccole e medie imprese. Mentre il presidente regionale di Altragricoltura, Maurizio Ciaculli afferma che negli ultimi tre anni hanno cessato l’attività circa l’ 80% delle aziende, delle quali, il 60% sono uscite completamente dal circuito mentre, il 20% rischia di scomparire nei prossimi mesi se non si prenderanno provvedimenti adeguati.

Se le imprese agricole ragusane sono sul lastrico, a pochi chilometri di distanza, nel siracusano c’è chi sta un po’ meglio. Parliamo dell’area dove si produce l’Igp di Pachino, quest’anno pagato ai produttori 85 centesimi al chilogrammo, circa il 25% in meno rispetto allo scorso anno quando il pomodoro veniva pagato a 1,20 euro al chilo. C’è da dire che i costi di produzione dell’Igp Pachino sono sicuramente più alti per via del fatto che i produttori devono rispettare il disciplinare dettato dall’Unione europea, ma la differenza, comunque, è rilevante.

di Carmelo Ricotti La Rocca

Tratto da Il Mattino di Sicilia: clicca per leggere l’articolo completo