Olio, Granieri (Unaprol): “Aumentano tutele per consumatori, ma il prodotto resta civetta nella Gdo”

“In un mercato dove è sempre meno frequente il dialogo tradizionale tra venditore e compratore, e dove la grande distribuzione utilizza l’olio extra vergine di oliva come prodotto civetta con una pressione commerciale fino al 70% trattandolo come una commodity, le informazioni corrette in etichetta per l’olio extra vergine di oliva diventano lo strumento per convincere il consumatore nelle sue scelte di acquisto”. Lo ha dichiarato il presidente di Unaprol David Granieri al convegno “Il Cibo che piace: star bene a tavola” organizzato presso la Luiss business school dall’osservatorio Italia in Testa con il patrocinio del Consiglio Regionale del Lazio.

Prodotto simbolo del made in Italy intorno al quale è possibile costruire una delle catene del valore dell’agroalimentare italiano, l’olio extra vergine di oliva vale 3 miliardi di euro nella fase della prima trasformazione dopo la raccolta. Il settore potrà godere, oltre alle pene stabilite dalla legge n. 9 del 14 gennaio 2013 meglio conosciuta come legge salva olio made in Italy, dell’ulteriore tutela offerta del nuovo decreto 103/2016 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 giugno scorso che entrerà in vigore dal prossimo 1 luglio.

Il decreto legislativo reca le disposizioni sanzionatorie per la violazione alle norme di commercializzazione dell’olio di oliva (REG. UE n. 29/2012), e delle caratteristiche degli oli d’oliva e di sansa d’oliva, nonché ai metodi ad essi attinenti (Reg. (CEE) n. 2568/91), e stabilisce per la prima volta sanzioni per chi abusa del cosiddetto country sounding.

Vale a dire per chi, approfittando dell’evocazione di un’origine geografica dell’olio diversa dall’origine dell’olio stesso, anche se correttamente etichettato, induca in errore il consumatore nelle sue scelte di acquisto. L’articolato normativo prevede altresì sanzioni per il mancato rispetto del regolamento sugli imballaggi; per la mancata o difforme indicazione in etichetta dell’informazione sulla categoria di olio; per il mancato rispetto dell’obbligo di tenere i registri degli oli d’oliva e di sansa d’oliva.

“Ci auguriamo – ha commentato Granieri – che ci siano meno oli col trucco in circolazione che richiamino l’origine italiana solo nei simboli; per esempio: tricolore o paesaggi che evochino un legame ad un determinato territorio italiano che poi nel contenuto si rivelino farlocchi. L’art. 4 – ha poi concluso – mira a scoraggiare dichiarazioni mendaci e comportamenti sleali e scorretti”. La parola d’ordine è non abbassare la guardia come dimostra la pronuncia dell’Antitrust che ieri ha condannato la catena di supermercati Lidl a pagare una multa di 550 mila euro, per avere venduto olio extra vergine con il marchio Primadonna che, secondo l’autorità, conteneva invece olio vergine di oliva.

Nel 2015 sono stati effettuati oltre 12.550 controlli nel settore con 574.268,00 euro di valore di merce sequestrata. Le sanzioni si applicano a tutti i marchi registrati in Italia dopo il 31 dicembre 1998, mentre in Europa a partire dal 31 maggio 2002. Per tutti gli articoli che prevedono sanzioni con pene pecuniarie fino a 7mila euro, in realtà esigue rispetto al volume delle violazioni che potrebbero essere commesse, è prevista la clausola di salvezza che subordina l’applicazione della sanzione amministrativa alla preventiva valutazione che il fatto accertato non costituisca reato.