Olio, “qualità è equilibrio tra genetica e innovazione”

“L’Italia in termini di biodiversità conserva una piattaforma produttiva tra le più ampie a livello mondiale. Il nostro sistema produttivo non è, però, in condizione di competere sui costi di produzione che sono mediamente più elevati di quelli osservati in Spagna o in Grecia oltre che nei Paesi del Sud del Mediterraneo. Tale biodiversità andrebbe valorizzata e sostenuta anche nei nuovi impianti dei quali questo Paese avrebbe assoluto bisogno per bilanciare la perdita di produttività ed aumentare la competitività del settore olivicolo nazionale”. Lo ha dichiarato il  Maurizio Servili del Dipartimento di Scienze agrarie alimentari ed ambientali, dell’Università degli Studi di Perugia. Servili ha tenuto una lezione su “la qualità dell’olio extra vergine di oliva tra impronta genetica ed innovazioni tecnologiche” durante la giornata mondiale dell’olivo indetta dal COI ed organizzata a Roma da Unaprol.

“A livello mondiale – ha affermato Servili – gli oli extra vergine di oliva sono caratterizzati da un contenuto di acido oleico che ha un range di variabilità estremamente ampio tra il 47% e l’84%. In questo contesto gli oli Italiani e Greci evidenziano le mediane più alte in termini di percentuale in acido oleico mentre i valori più bassi si osservano per gli oli del sud del Mediterraneo.

A livello di qualità, la nuova tecnologia italiana ha permesso di evidenziare un significativo incremento dei composti volatili responsabili del fruttato, a discapito di una riduzione del contenuto in polifenoli che della resa all’estrazione dell’olio. Questi aspetti negativi però sono stati notevolmente ridotti lavorando a temperature prossime ai 30°C ed aumentando il tempo di gramolatura da 10 a 15 minuti. Un ulteriore passo in avanti effettuato dall’innovazione tecnologica nell’ultimo biennio è stato quello di utilizzare gli scambiatori di calore per il raffreddamento delle paste in post frangitura. Il rapido raffreddamento delle paste in post frangitura, fino ad una temperatura compresa tra 15°C e 17°C, seguito da un tradizionale riscaldamento delle paste in fase di gramolatura, ha permesso di migliorare il quadro aromatico degli oli e di potenziarne il contenuto fenolico. “Tali risultati – ha concluso Servili – sono stati ottenuti su impianti industriali operando su più di dieci tra le principali cultivar nazionali”.