L’identikit del consumatore moderno secondo il Censis

E’ stata presentata lo scorso 11 luglio presso la Sala degli Atti Parlamentari – Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini” di Roma il

Il Censis ha ripercorso i sentieri di evoluzione della vita economica, sociale e istituzionale italiana. Un ambito decisivo è stato quello dei consumi quotidiani: il carrello della spesa è da sempre la nostra bilancia collettiva per capire meglio le trasformazioni di stili e qualità della vita degli italiani. Dagli anni del miracolo economico fino alla recente crisi, alla storia della spesa degli italiani si affianca quella della Distribuzione moderna organizzata, un protagonista primario non solo dello sviluppo dei consumi, ma dello sviluppo italiano. “Lo sviluppo italiano e il ruolo sociale della Distribuzione Moderna Organizzata”

Il Rapporto stima, che nel primo trimestre 2017 i consumi complessivi delle famiglie hanno registrato l’incremento sul trimestre precedente (+1,3%) più alto dal 1999 e l’incremento annuo (+2,6%) più alto dal 2011.

Quindi, torna a crescere la spesa, ma il consumatore esce dalla crisi molto cambiato. Il rapporto lo identifica come “iperinformato, infedele al punto vendita, scaltro combinatore di canali d’acquisto diversificati, attento non solo al prezzo, amante di consumi salutisti, etici, di pregio”.

Inoltre, la distribuzione moderna organizzata (supermercati, ipermercati, centri commerciali, grandi magazzini e grandi superfici specializzate) resta il luogo d’elezione dove fare la spesa, dall’alimentare all’abbigliamento, dall’arredamento al bricolage e il giardinaggio, la profumeria e la cosmetica.

Il 60,3% degli italiani che si rivolgono alla distribuzione moderna organizzata per fare la spesa alimentare è infedele sia al punto vendita, sia all’insegna della catena: acquista dove più conviene. La quota di infedeli sale al 74,7% nell’abbigliamento.

Sono 31,7 milioni gli italiani maggiorenni che nell’ultimo anno hanno letto i giudizi sui prodotti nei social network e nei blog per decidere se e cosa acquistare.

Il consumatore diventa esso stesso produttore di informazioni, con 20,4 milioni di italiani (6,2 milioni regolarmente) che hanno pubblicato post su siti web o social network con commenti personali o con il racconto di proprie esperienze relative a prodotti, spese, luoghi della grande distribuzione.

Il nuovo consumatore è un abile utilizzatore sia dei canali informativi tradizionali, sia di quelli digitali.

Sono 30,5 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno visto o verificato un prodotto nei negozi fisici e poi lo hanno acquistato sul web.

Sono indicatori di una sapiente combinazione di fisico e virtuale che fa saltare le mura dei punti vendita e potenzia le facoltà individuali di valutazione e scelta.

La grande distribuzione accontenta tutti. Innanzitutto per la convenienza, visto che il 91% degli italiani ritiene importante poter fare la spesa in questi punti vendita per preservare il proprio tenore di vita. Il punto vendita del futuro secondo gli italiani.

In conclusione, la stragrande maggioranza degli italiani nutrono fiducia nei punti vendita della Distribuzione Moderna Organizzata (Dmo). La grande distribuzione accontenta tutti e lo fa per diverse ragioni. Innanzitutto per la convenienza, visto che il 91% degli italiani (il 95% tra le persone a basso reddito) ritiene importante fare la spesa in punti vendita dove è possibile mantenere il proprio tenore di vita (che per il 26% sarebbe crollato in questi anni di crisi). C’è poi l’aspetto dell’assortimento: nei supermercati l’offerta è ampia e incontra le esigenze di consumi salutisti, etici e di qualità: 46,1 milioni di italiani (17 milioni regolarmente) acquistano prodotti Dop e Igp, 39,8 milioni (13,5 milioni regolarmente) gli alimenti biologici (carne, frutta e verdura), 38,6 milioni (9,4 milioni con regolarità) i beni alimentari del commercio equo e solidale, 25 milioni (8,7 milioni in modo costante) prodotti per particolari esigenze (senza glutine o per l’infanzia) e 31,7 milioni (5,9 milioni regolarmente) quelli etnici. Non mancano i prodotti di gamma medio-alta, come vini e formaggi pregiati che vengono acquistati da 42,2 milioni di italiani (12,9 milioni regolarmente).

La forza della Distribuzione Moderna Organizzata (Dmo) è la possibilità di acquistare sia tramite web, sia in modo tradizionale o di combinare entrambi gli aspetti

Secondo i dati del Censis, sono 30,5 milioni gli italiani (8,8 milioni regolarmente) che nell’ultimo anno hanno visto o controllato la presenza di un prodotto nei negozi tradizionali, e poi lo hanno acquistato sul web e 19,6 milioni (5,4 milioni regolarmente) quelli che hanno ordinato prodotti tramite il web e poi li hanno ritirati presso il punto vendita. 14,4 milioni (5,7 milioni regolarmente) hanno invece scelto di farsi consegnare la spesa a casa dopo averla ordinata per telefono o sul web. Questi numeri indicano una sapiente combinazione di fisico e virtuale che fa saltare il vecchio schema di acquisto presso i negozi tradizionali.

I supermercati fisici non spariranno, ma più probabilmente si evolveranno per accontentare le richieste crescenti degli acquirenti. Secondo gli italiani, nel punto vendita del futuro, non dovrebbero mancare nuovi prodotti e servizi a prezzi competitivi (farmaci, carburanti, polizze assicurative: richiesti dal 44%), coupon personalizzati da scontare subito alla cassa (42%), personale preparato e disponibile che aiuti a capire e scegliere velocemente (33%), modalità più rapide e semplici di pagamento (29%), orari di apertura più flessibili e prolungati (sera tardi, domeniche, festivi: 26%), offerte personalizzate recapitate in tempo reale sullo smartphone (21%), disponibilità di servizi utili (posta, banca, lavanderia: 21%). Immancabile anche il wi-fi secondo il 18% degli italiani.

Non solo bassi prezzi: è questa un’altra importante verità del rapporto tra italiani e Dmo che è sia il luogo di acquisti di prodotti particolari, di pregio, di gamma medio-alta, che il terminale di una domanda di consumi estremamente articolata per contenuti, valori, aspettative.

Acquistano presso i punti vendita della Dmo prodotti di gamma medio-alta, dai vini ai formaggi pregiati, 42,2 milioni di italiani (di cui 12,9 milioni regolarmente), e riesce a effettuare tali acquisti anche il 70,4% delle persone a reddito più basso (di cui il 22% regolarmente) (tab. 11).

La Dmo risponde alla crescente articolazione della domanda andando molto oltre l’offerta omogeneizzata e standardizzata, con prodotti che incarnano stili di vita, modelli di consumo e sistemi valoriali differenziati. Nei punti vendita della Dmo acquistano prodotti:

– Dop e Igp 46,1 milioni di italiani (di cui 17 milioni regolarmente);

– biologici come carne, frutta e verdura, 39,8 milioni di italiani (di cui 13,5 milioni regolarmente);

– alimentari del commercio equo e solidale 38,6 milioni di italiani (di cui 9,4 milioni regolarmente);

– per particolari esigenze alimentari, ad esempio i prodotti senza glutine o per l’infanzia, 25 milioni (di cui 8,7 milioni regolarmente);

– etnici 31,7 milioni di italiani (di cui 5,9 milioni regolarmente).

Sono tipologie di prodotti che incarnano esigenze materiali e immateriali molto diverse tra loro, che finiscono tutte per trovare in modo sistematico e continuo nella Dmo le risposte di cui hanno bisogno, certificando che la Dmo è ancora oggi il terminale dei consumi di tutti nelle proprie diversità.

E, come rilevato, la Dmo consente anche alle persone a più basso reddito di avere accesso all’articolazione citata di beni, rendendoli disponibili a prezzi più  abbordabili:  se  così  non  fosse,  di  certo  finirebbero  per  essere appannaggio esclusivo dei redditi più alti, marcando una ulteriore disuguaglianza sociale.

Il consumo è sempre più l’esito di una matrice complessa di motivazioni non più solo funzionali e materiali, ma anche immateriali, ideali, di riferimento a valori e principi etici.

Su questa base, il severo scrutinio dei consumatori si applica anche alla Dmo:  se  essa  continua  ad  essere  il  luogo  d’elezione  della  spesa  degli italiani, ciò dipende dal fatto che sono convinti che le imprese del settore interpretino la logica della responsabilità sociale nel rapporto con il lavoro, i fornitori e l’ambiente, e la sua attività contribuisca al buon sviluppo locale.

Relativamente alle imprese della Dmo (tab. 12):

– il 91,4%   degli   italiani   che   si   dichiarano   informati   richiama   la disponibilità presso i punti vendita di prodotti di imprese italiane;

– l’85,5% richiama il rispetto delle regole fiscali;

– l’82%  il  contributo  alla  qualità  della  filiera,  dalla  produzione  alla vendita, in termini di trasparenza, legalità, eticità sociale;

– il 75,5% il rispetto delle norme contrattuali;

– il 75,3% il rispetto delle imprese fornitrici e produttrici;

– il 73% lo sviluppo di progetti e iniziative per le comunità e i territori in cui sono presenti i punti vendita;

– il 72,5% la promozione della cultura della sostenibilità e del riciclo. Quelle indicate costituiscono una matrice ampia e articolata di pratiche della

Dmo che smentiscono un altro luogo comune: la Dmo come moloch che schiaccia stakeholder di ogni tipo.

Si aggiunga il contributo al nuovo sviluppo locale, ad esempio con i prodotti a marchio i cui fornitori sono per oltre il 90% aziende italiane e, di queste, circa il 77% imprese micro, piccole o di medie dimensioni.