Carne rossa e lavorata, settore in ginocchio: dai territori rurali la richiesta di un piano nazionale
Le continue campagne denigratorie da parte dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità sulla carne rossa e sulle carni lavorate, molto generalizzata e approssimativa, stanno compromettendo economicamente un settore produttivo, fiore all’occhiello del Made in Italy alimentare, che rappresenta con un valore complessivo pari a 180 miliardi di euro il 15-20% del prodotto lordo interno annuo.
Il mondo zootecnico continua a subire una serie di attacchi mediatici che lo stanno portando ad un totale abbandono dell’intero comparto produttivo e di conseguenza dei territori rurali.
Per Assocarni dal 2010 ad oggi sono state chiuse ben 4000 stalle, mentre gli animali allevati sono circa 5,9 milioni, in considerazione che nel 1968 aveva raggiunto un picco di 10 milioni di capi. Il risultato è che negli ultimi 25 anni l’Italia ha perso il 33% dei bovini da carne, ma importa quasi la metà della carne consumata.
«Viene dall’estero il 45% della carne bovina consumata, senza il valore aggiunto di sicurezza e sostenibilità garantito dall’italianità» ha affermato il presidente della Coldiretti Moncalvo nel sottolineare che «occorre investire per far tornare gli animali nelle aree interne del Paese dopo anni di abbandono che hanno provocato perdita di opportunità economiche e di lavoro».
“L’obiettivo è far tornare gli animali nelle aree interne del Paese, dopo anni di abbandono che hanno provocato spopolamento e degrado ambientale, e rilanciare i consumi”, questo è l’obiettivo che hanno lanciato Coldiretti e Assocarni insieme al ministro alle politiche agricole Maurizio Martina attraverso un progetto per un allevamento italiano integrato e sostenibile.
Il momento favorevole del mercato dei bovini, dopo anni di crisi, sta dando importanti segnali di ripresa. Secondo quanto rileva Ismea, i prezzi in allevamento dei bovini da carne evidenziano, nei primi 9 mesi del 2017, un livello superiore a quello registrato nei due anni precedenti: in aumento i prezzi per tutte le categorie (vacche +11%; vitelloni +5%; vitelli da macello +4%).
Tutto ciò non basta bisogna far tornare il comparto zootecnico tra le priorità del Governo centrale, non solo sotto l’aspetto economico, ma anche su quello sociale ed occupazionale. Salvaguardando il comparto zootecnico si recuperano i territori rurali oramai in stato di abbandono. Animali e uomini camminano assieme. Inoltre, risulta indispensabile promuovere una campagna di promozione, valorizzazione e ampliamento dei consumi. Le Misure del PSR in favore della zootecnica risultano poco efficaci lo dimostrano l’indennità compensativa elargita “a pioggia” con la penalizzazione del comparto zootecnico, così come il ritardo dei pagamenti degli aiuti per la misura del biologico che incidono sul senso di sfiducia di tutti gli operatori.
Bisogna mettere in atto una campagna che informi il consumatore del valore della carne italiana di qualità, certificata e garantita, e quindi un Piano Nazionale della Carne che possa trovare subito attuazione. L’attendismo e i ritardi stanno portando questi “eroi” ad abbandonare i territori rurali con la conseguenze, come dimostrano gli incendi di questo anno, che le sentinelle dei presidi rurali hanno abbandonato le loro posizioni perché non ce la fanno più.