La devozione a Sant’Antonio Abate nelle campagne

Dal Trentino alla Sicilia per il culto di Sant’Antonio Abate (251-356 d.C.) c’è una venerazione tutta particolare. Singolare è il fatto che il santo non ha alcun legame con il nostro Paese. Infatti, Antonio fu un eremita egiziano vissuto nel IV secolo dopo Cristo, cui si deve l’inizio del cosiddetto “monachesimo cristiano”, ovvero la scelta di passare la vita in solitudine per ricercare una comunione più intensa con Dio. Evidentemente bastò questa singolarità per diffondere il culto in tutta Europa, cui si aggiunsero, nel tempo, atre particolarità devozionali.

Il suo culto è popolare fin dal Medioevo e nell’ Occidente è riconosciuto patrono dei macellai, dei contadini, degli allevatori e protettore degli animali domestici.

La sua fama fu accresciuta dopo un lungo peregrinare delle sue spoglie, da Alessandria a Costantinopoli, fino ad arrivare in Francia dove nell’XI secolo a Motte-Saint-Didier fu costruita una chiesa in suo onore.

La fama del Santo pare che si sia accresciuta dopo che le sue reliquie abbiano guarito qualche malato affetto da ergotismo canceroso, causato dall’avvelenamento di un fungo presente nella segale, usata per fare il pane.

Il morbo, oggi scientificamente noto come herpes zoster, nell’antichità veniva invece appellato come “ignis sacer” (“fuoco sacro”) per il bruciore che provocava. Il Fuoco di sant’Antonio, o nel suo nome scientifico Herpes Zoster, è una malattia infettiva molto dolorosa dovuta al virus della varicella infantile (varicella-zoster virus o VZV), lo stesso che causa la varicella.

In effetti la malattia è una vera e propria riattivazione del virus della varicella. La malattia si manifesta con un’eruzione cutanea ricca di vescicole, molto dolorosa, di solito a forma di fascia e limitata a un solo lato del corpo.

Al latere alla chiesa fu costruito un ospedale e venne fondata una confraternita di religiosi, l’antico ordine ospedaliero degli ‘Antoniani’, mentre, il villaggio prese il nome di Saint-Antoine de Viennois.

Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento.

A Burgio, per riconoscere l’animale di sant’Antonio venivano mozzate parte delle orecchie.

Il grasso dei maiali veniva usato per curare l’ergotismo, che venne chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio”. Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla. Sempre per questa ragione, è invocato contro le malattie della pelle in genere.

Nella sua iconografia compare oltre al maialino con la campanella, anche il bastone degli eremiti a forma di T, la “tau” ultima lettera dell’alfabeto ebraico e quindi allusione alle cose ultime e al destino.

Antonio, dice la tradizione, era anche un taumaturgo capace di guarire le malattie più tremende. E poi, c’è la credenza popolare che vuole che il Santo aiuti a trovare le cose perdute

S. Antonio Abate è il santo patrono di diversi paesi siciliani e non solo e a lui sono intestate diverse chiese e statue. La festa si celebra il 17 gennaio, con la benedizione degli armenti e la processione del simulacro del Santo. A Burgio (Ag), la sera prima della festa viene bruciata una catasta di legna, che i ragazzi hanno raccolto nei giorni precedenti. Un tempo venivano offerti, per voto, al Santo, dei suini che nel corso dell’anno venivano abbandonati per le strade e i fedeli ne curavano il mantenimento. Perché tutti li riconoscessero venivano mozzate loro le orecchie. Una volta ingrassati, si vendevano, e il denaro ricavato, veniva utilizzato per l’organizzazione della festa.

A Cassaro (Sr) l’appuntamento religioso è ricco di fede e di folklore. La festa viene anche celebrata nel periodo estivo.

Momento particolarmente atteso è il «Cialibru», vendita all’asta dei doni che i fedeli offrono al santo. Grande coinvolgimento da parte dei cassaresi nel donare a Sant’Antonio Abate conigli, galletti, maialini, agnelli, arance, vino, olio, noci e quant’altro la terra produce. Momenti di grande suggestione sono la “Benedizione degli animali”, rito legato alla cultura contadina, e «A Ciaccarata», la corsa di fiaccole che si svolge durante la processione del santo lungo le vie del paese.

A San Marco d’Alunzio il popolo aluntino da tempo immemore rende omaggio al Santo Eremita tanto che nel XVI sec. venne costruita la prima chiesa a lui dedicata (1569), poi ampliata nella forma attuale intorno alla metà del XVII sec. A Troina Sant’Antonio Abate viene festeggiato con due feste durante l’anno, quella liturgica si svolge il 17 gennaio. La sera della vigilia della festa, il giorno 16, si accendono i pagghiara, dando vita a grandi e festosi fuochi. I “pagghiara” sono enormi falò che vengono eretti in tutti i quartieri del paese e dove si allestiscono tavolate con molte leccornie tipiche del paese che vengono offerte alle persone che visitano i falò. Ad organizzare questo tradizionale evento la Confraternita di Sant’Antonio. La seconda festa dedicata al santo, con solenne processione del fercolo e della Reliquia di Sant’Antonio Abate, si svolge nella seconda settimana di luglio.

A Novara di Sicilia, la celebrazione della festa di Sant’Antonio è preceduta dalla settena, sette giorni di preparazione durante i quale si recitano delle preghiere e canti. La sera della vigilia si accende ‘u fogu al piano terra della torre campanaria: questo gesto viene compiuto per devozione, e per chiedere la grazia di essere guariti da una brutta malattia fuoco di Sant’Antonio. Il fuoco viene acceso con la legna che i fedeli portano in dono, andando a fare ‘u viaggiu, cioè una visita di devozione al Santo. Il fuoco con le sue fiamme nei secoli ha annerito e consumato i gradini della rudimentale scala in pietra che porta in cima al campanile.

In molte altre località alcune settimane prima della festività il parroco di campagna, accompagnato dal sagrestano e da un chierichetto, si recava in ogni cascina per benedire gli animali allevati, compresi cani e gatti e, dopo aver recitato con la famiglia contadina il Padre Nostro, con una benedizione implorava l’intercessione di s. Antonio Abate affinché mantenesse in salute gli animali presenti, aspergendo la stalla con acqua benedetta.

Nella benedizione venivano raccomandati anche i componenti della famiglia, affinché non fossero colti da malanni, le case, in modo che fossero risparmiate dagli incendi, ed i campi, perché producessero un abbondante raccolto.

A Palazzo Adriano, e così anche nei paesi di rito greco-albanese, dopo la celebrazione della messa, il fercolo del Santo Abate viene posto sul sagrato della chiesa parrocchiale e il sacerdote impartisce la benedizione a tutti gli animali che devotamente i fedeli hanno messo sotto la benedizione del Taumaturgo.

La tradizione di questo momento particolare esiste ancora soprattutto nelle aree rurali siciliane e costituisce per le persone più anziane un momento di grande emozioni e di evocazione di un passato che rischia di essere dimenticato per sempre.