Carne rossa: leggera ripresa grazie alle carni locali

I dati Ismea relativi al consumo di carne riguardante il 2018 evidenziano che sono cresciuti del 5% e hanno riguardato tutte le tipologie di carne. Il pollame e il maiale hanno fatto registrare un +4%, mentre la carne bovina è arrivata al 5%.

Per Coldiretti, a determinare la nuova impennata di consumo sono stati le carni locali: il 45% dei consumatori italiani privilegia la carne proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio DOP, IGP o con altre certificazioni di origine.

Quindi, la qualità e la garanzia della carne e l’origine dell’animale ha determinato una ripresa vero l’allevamento delle razze storiche ita­liane da carne che, dopo aver rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dalle Alpi ai Sicani.

Sempre secondo i dati Ismea, elaborazione Coldiretti, nell’arco dei dodici mesi ogni italiano ha mangia­to in media 79 chilogrammi di carne. Un valore che pone il nostra paese in fondo alla classifica europea, che è guidata da Danesi (109,8 kg), Portoghesi (101 kg) e Spagnoli (99,5 kg). Fra le economie sviluppate, al di fuori dei confini europei, continua a spiccare il dato statunitense che, con 222,2 chili a testa, vale più del doppio del dato nostrano.

Il successo è stato anche determinato dal fatto che i nostri allevatori hanno adottando forme di alimentazione control­lata, disciplinari di allevamento restrittivi e sistemi di rintracciabilità. Le carni nazionali sono così più sane, perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazio­ne degli animali.

Per Gioacchino Pecoraro, giovane allevatore dei Monti Sicani: “Il prezzo della carne è fermo da tempo. Si vende solo la razza da carne “Limousine” il cui prezzo non supera i 3 € a kg. Una remunerazione che non riesce a coprire i costi e le spese sostenute per allevare gli animali. Inoltre osserva che: “Mentre tutti costi raddoppiano il prezzo della carne al dettaglio resta immutata, naturalmente colpa delle importazioni di carne che provengono dall’estero che determinano questi prezzi. Le tanto decantate razze autoctone di carne non hanno prezzo, tra l’altro sono poco remunerative vengono acquistate dai macellai tra le 2 e 1,80 a chilo. Così non c’è futuro”.

Le continue campagne denigratorie da parte dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità sulla carne rossa e sulle carni lavorate, molto generalizzata e approssimativa, con attacchi mediatici continui, stanno portando ad un totale abbandono dell’intero comparto produttivo e di conseguenza dei territori rurali. Un comparto che rappresenta, con un valore complessivo pari a 180 miliardi di euro il 15-20% del prodotto lordo interno annuo.

Per Assocarni dal 2010 ad oggi sono state chiuse ben 4000 stalle, mentre gli animali allevati sono circa 5,9 milioni, in considerazione che nel 1968 aveva raggiunto un picco di 10 milioni di capi. Il risultato è che negli ultimi 25 anni l’Italia ha perso il 33% dei bovini da carne, ma importa quasi la metà della carne consumata.

«Viene dall’estero il 45% della carne bovina consumata, senza il valore aggiunto di sicurezza e sostenibilità garantito dall’italianità» ha affermato il presidente della Coldiretti Moncalvo nel sottolineare che: “Occorre investire per far tornare gli animali nelle aree interne del Paese dopo anni di abbandono che hanno provocato perdita di opportunità economiche e di lavoro”.
Ed ancora: “L’obiettivo è far tornare gli animali nelle aree interne del Paese, dopo anni di abbandono che hanno provocato spopolamento e degrado ambientale, e rilanciare i consumi”.

Per molti non è chiaro il concetto che salvaguardando il comparto zootecnico si recuperano i territori rurali oramai in stato di abbandono. Animali e uomini camminano assieme. Inoltre, risulta indispensabile promuovere una campagna di promozione, valorizzazione e ampliamento dei consumi. Le Misure del PSR in favore della zootecnica risultano poco efficaci lo dimostrano l’indennità compensativa elargita a “cani e porci” con la penalizzazione del comparto zootecnico, così come il ritardo dei pagamenti degli aiuti per la misura del biologico che incidono sul senso di sfiducia di tutti gli operatori. Occorre promuovere una campagna che informi il consumatore del valore della carne italiana di qualità, certificata e garantita, e quindi un Piano Nazionale della Carne che possa trovare subito attuazione. L’attendismo e i ritardi stanno portando questi “eroi” ad abbandonare i territori rurali con la conseguenze, come dimostrano gli incendi di questo anno, che le “sentinelle dei presidi” rurali hanno abbandonato le loro posizioni perché non ce la fanno più.