Vite e vino

Scontro per il vitigno “Primitivo” tra la Regione Puglia e Sicilia

“Mai consentirò che una bottiglia di vino siciliano DOP o IGP possa chiamarsi “Primitivo” esattamente come solo le DOP IGP Siciliane possono utilizzare il nome del vitigno “Nero d’Avola”, e questo nonostante quel vitigno possa essere coltivato in altre regioni che lo hanno inserito nell’elenco delle varietà raccomandate e autorizzate”.

E’ questa la prima dichiarazione della Ministra Bellanova dopo la volontà espressa della Regione Siciliana di procedere alla coltivazione nel territorio dell’Isola del vitigno “Primitivo N. – cod. 199”.
Il dibattito si anima e diventa incandescente tra la Regione Puglia e quella Siciliana; il mondo vitivinicolo pugliese schierato compattamente è pronto a difendere lo scippo di uno dei suoi vitigni più prestigiosi.

Questo vitigno affonda le radici nella notte dei tempi. Pare che sia giunto in Puglia per mano degli Illiri, popolo della regione balcanica dedito alla coltivazione della vite, ma cominciò ad essere commercializzato in tutto il Mediterraneo dai fenici. Nella zona archeologica di Monte Sannace, un antico centro peuceta, nel territorio di Gioia del Colle è stata trovata traccia della coltivazione risalente all’VIII secolo a. C., presenza testimoniata dai numerosi ritrovamenti di materiale vascolare (destinato a contenere vino). Altri reperti, risalenti a diversi periodi storici successivi si trovano presso il museo archeologico sito nel castello Normanno-Svevo di Federico II di Svevia in Gioia del Colle.

Sul finire del XVIII sec. il sacerdote Filippo Francesco Indellicati, pare che abbia selezionato il vitigno a maturazione precoce, che in quel tempo era chiamato zagarese per poi denominarlo “primitivo”, termine derivante dal latino primativus e impiantato a Liponti, in contrada Terzi di Gioia del Colle. Si tratta di un vitigno allevato ad alberello con caratteristiche di germogliare con notevole ritardo rispetto ad altri vitigni e di portare a compimento il proprio ciclo vegetativo in un tempo relativamente breve. Tali peculiarità evita qualche possibilità di essere danneggiato dalle gelati, soprattutto nel territorio della Murgia soggetto a tale pericolo.

La diffusione della coltivazione del “Primitivo” è stato dovuto ad un matrimonio contratto dalla contessina Sabini di Altamura e Don Tommaso Schiavoni-Tafuri di Manduria, pare che la nobildonna abbia portato in dote al marito alcune barbatelle che videro la loro diffusione nel Salento.

Alla Ministra gli fa eco Michele Emiliano, governatore della Puglia: «Siamo pronti ad opporre una dura opposizione, in ogni modo e in tutte le sedi consentite, nell’eventualità possa emergere una proposta che prevede di inserire la varietà Primitivo in disciplinari Dop o Igp diversi da quelli che già lo consentono».

Ed ancora: «Registriamo – prosegue – le forti preoccupazioni nel mondo agricolo pugliese per la decisione della Regione Sicilia. Inostri produttori temono, giustamente, che altri territori possano sfruttare in maniera indebita il crescente consenso di mercato di una denominazione che, grazie al duro lavoro e ai tanti investimenti dei pugliesi, si sta imponendo sempre di più tra le eccellenze del panorama enologico mondiale. Pur rispettando la legittima decisione dell’Amministrazione siciliana, desidero rassicurare tutti che il Governo regionale è vigile per far sì che le varietà vitivinicole autoctone e le denominazioni di origine pugliesi siano adeguatamente tutelate».

Emiliano, quindi, anticipa che «non mancheremo di segnalare ai nostri interlocutori istituzionali, anche in sede di Commissione delle Politiche Agricole della Conferenza delle Regioni, la nostra ferma volontà di difendere l’unicità dei vini pugliesi e di salvaguardare i principi e i diritti dei nostri produttori», così la Ministra Teresa Bellanova circa l’allarme ingenerato in Puglia dopo l’autorizzazione da parte della Giunta regionale siciliana alla coltivazione della varietà Primitivo sull’intero territorio regionale: “In Sicilia, come in altre regioni italiane non si può impedire, dopo necessaria sperimentazione, l’impianto di viti Primitivo ma i vini DOP e IGP ottenuti non potranno mai essere etichettati con l’indicazione in etichetta del nome del vitigno  “Primitivo”. Nel DM del 13 agosto 2012 (allegato 2)  è infatti indicato senza equivoci come quella varietà “Primitivo” possa essere solo usata nell’etichetta di vini DOP o IGP della Puglia e delle regioni: Basilicata, Campania, Abruzzo, Umbria, Lazio e Sardegna. Pertanto nulla vieta che anche la Sicilia, dopo adeguata sperimentazione, lo classifichi prima in osservazione e poi lo dichiari eventualmente idoneo alla coltivazione.

“La poca conoscenza della materia da parte di qualcuno e le diatribe politiche tra il parlamentare pugliese del PD Dario Stefano e la Ministra Bellanova non generino confusione e non mettano in discussione la serietà del mondo vitivinicolo siciliano, così come la correttezza degli atti prodotti dalla Regione Siciliana”. Lo dichiara l’assessore regionale per l’Agricoltura, Edy Bandiera, dinanzi al “procurato allarme, generato, dall’ormai ex assessore pugliese, oggi parlamentare Pd, invitato, a quanto parrebbe, dalla stessa Ministra, a documentarsi e a studiare e che, tardivamente, ha messo a fuoco un provvedimento di autorizzazione, regolare e legittimo, alla coltivazione del “primitivo” in Sicilia, emesso dal Dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana lo scorso agosto 2019. Vicenda per la quale è già intervenuta in maniera chiara ed inequivocabile la Ministra Bellanova, che ha precisato che nessuna produzione siciliana si chiamerà “primitivo”, come nessuna produzione pugliese si chiamerà “Nero d’Avola”, nonostante il primitivo, oggi, può coltivarsi in Sicilia, così come il nero d’Avola può essere coltivato in Puglia. Situazione analoga a quella del vitigno Cabernet-Sauvignon, coltivato in tutto il mondo e non soltanto in Francia, senza che nessuna regione francese se ne lamenti”, aggiunge, sorridendo, l’assessore Bandiera.

“Altro ragionamento, è l’utilizzo di una denominazione d’origine, disciplinata dai regolamenti europei, che nessuno intende violare. Mai consentirò che una bottiglia di vino siciliano Dop o Igp possa chiamarsi “Primitivo” esattamente come soltanto le Dop Igp Siciliane possono utilizzare il nome del vitigno “Nero d’Avola” – si legge in una nota del Ministero – e questo nonostante quel
vitigno possa essere coltivato in altre regioni che lo hanno inserito nell’elenco delle varietà raccomandate e autorizzate”. Proprio la Sicilia, tra l’altro, tramite l’Istituto regionale Vino e Olio di Sicilia, ha avviato una sperimentazione pluriennale di primitivo, con un progetto finanziato negli anni ’90 dallo stesso Ministero. Da lì la decisione siciliana di autorizzare la coltivazione con il decreto dell’agosto scorso”.

“I vitigni e la immensa biodiversità del patrimonio varietale italiano – aggiunge l’assessore Bandiera -, sono patrimonio di tutto il mondo enologico, proprio le contaminazioni e le combinazioni tra questi, insieme alla ricerca, hanno fatto sì, nei decenni, che il vino italiano si sia affermato nel mondo, quale prodotto di straordinaria eccellenza ed emblema del made in Italy”.