Olio, produzione 2021 in crescita del 15%

Le prime ricognizioni sulla campagna olivicola-olearia 2021-22 elaborate da Ismea e Unaprol indicano una produzione nazionale di 315 mila tonnellate, in crescita del 15% rispetto al 2020 ma molto lontana dall’annata abbondante che ci si sarebbe aspettati a inizio campagna. Molti sono stati i fattori climatici che hanno contribuito alla perdita di produzione: le gelate primaverili, la siccità estiva e la frequente alternanza di caldo freddo che non ha giovato all’ottimale sviluppo vegetativo degli oliveti. Le alte temperature e l’assenza prolungata di precipitazioni ha ulteriormente aggravato la situazione in tutti gli areali italiani, soprattutto in quelli non provvisti di impianti irrigui. La situazione per aree geografiche è molto differenziata, anche se per poter fornire un quadro esaustivo e sufficientemente affidabile bisognerà attendere l’inizio delle operazioni di raccolta e molitura nei diversi areali produttivi. Dalle prime indicazioni emerge un incremento produttivo al Sud, tale da indurre il segno + sulla produzione nazionale, mentre nelle regioni settentrionali si prevedono flessioni di oltre il 30% con punte del -60% in alcuni areali. Male anche nel Centro dove per Toscana e Umbria si attendono riduzioni importanti. Il Lazio sembra essere, nel Centro-Nord, la regione che ha resistito meglio.

Guardando i risultati degli ultimi 10 anni, si osserva un’estrema variabilità produttiva da un anno all’altro e una graduale riduzione della produttività anche negli anni considerati di carica: dalle 506 mila tonnellate del 2012, livello più alto del decennio, alle due annate definite Horribilis del 2014 e 2018 (con una produzione rispettivamente di 222 mila tonnellate e 175 mila) passando per recuperi produttivi deludenti anche negli anni di carica.

Negli ultimi anni, in particolare, le oscillazioni produttive sono andate oltre la fisiologica alternanza scontando eventi climatici avversi e fitopatie a cui non sempre si è fatto fronte in modo efficace.
L’eccessiva variabilità produttiva, sottolinea l’Ismea, crea scompensi nel mercato perché da un lato non mina la stabilità del reddito dei produttori, dall’altro rende difficile, ad esempio, la programmazione degli acquisti di prodotto italiano da parte dell’industria di imbottigliamento esponendo il settore al ricorso sempre più massiccio alle importazioni.