Il rilancio delle filiere siciliane passa attraverso la ricerca, l’aggregazione e l’innovazione
Le condizioni pedoclimatiche, da sempre, hanno favorito in Sicilia, lo sviluppo di coltivazioni, che nel tempo hanno contribuito a dare lustro e notorietà alla nostra isola. Vitivinocoltura, agrumicoltura, frutticoltura, granicoltura, leguminose, olivicoltura, orticoltura, zootecnica, lattiero caseario e produzioni biologiche, sono queste le filiere produttive su cui è imperniata la nostra odierna produzione agricola. Un’enorme cornucopia in grado di offrire quanto di straordinario il mercato può richiedere. In un contesto nazionale in cui l’export agroalimentare si è mostrato in continua crescita, la Sicilia ha visto nel 2020 il suo import agroalimentare raggiungere il valore di 355.504.954, pari al 13,8% delle importazioni totali regionali, ben superiore all’export del settore pari a 302.449.897 euro ovvero il 18% del totale delle esportazioni regionali. Filiere che hanno stimolato, nei secoli, una miriade di maestri del gusto, ma anche l’estro di tante signore della cucina, a ricercare pietanze strabilianti che inorgogliscono le tavole dei siciliani al punto di promuoverla a “Il più grande laboratorio enogastronomico europeo”.
L’enfasi non si vende
Oggi, purtroppo, tutto questo si comincia a metterlo da parte. Così come comincia ad essere accantonato l’enfasi che da sempre, ha accompagnato, con entusiasmo e ottimismo le nostre tipicità regionali. Oggi, nel mercato globalizzato, l’enfasi non si riesce a vendere, tra l’altro, spesso sfocia in presunzione che non porta assolutamente a niente di buono. I nostri racconti mitici, le storie e gli aneddoti trovano pochi estimatori, inoltre la presunzione del nostro Brand Sicilia comincia a sgretolarsi. Nel nuovo mercato globale, condizionato da prodotti destagionalizzati, concorrenza, confusione, e tant’altro, è necessario rimettere in sesto il “piano B” che si caratterizza nella riorganizzazione delle filiere, marchi di qualità, organizzazione, ecc. tutti elementi che servono a salvaguardare l’immagine produttiva dell’intera isola.
Quali sono gli elementi di persuasione, cioè le cose che più contano in questo mercato globale?
Coltivare la qualità L’assicurazione della qualità al mercato, tramite adeguate forme di verifica ed attestazione della conformità ai requisiti applicabili (certificazione) – che è richiesta in tutti i settori di attività socio-economiche quale presupposto per la fiducia del cliente e del consumatore finale – riveste grande importanza anche nel settore agro-alimentare dato il carattere primario e diffuso dei bisogni che i relativi prodotti sono chiamati a soddisfare. La qualità igienico-sanitaria (sicurezza alimentare) è garantita dalla legislazione in materia e da un adeguato sistema di controlli.
I marchi di qualità Alle esigenze di tipicità, tradizionalità e abitudine dei consumatori, il legislatore ha risposto con l’emanazione dei Regolamenti Comunitari in materia di prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP), Specialità Tradizionale Garantita (STG), analoghi marchi li ritroviamo nell’ambito dei vini.
Ed ancora alle domande di tutela dell’ambiente e di sviluppo sostenibile, provenienti dal mercato, si è data una risposta con l’introduzione del sistema di produzione biologica, anch’esso definito da apposito Regolamento Comunitario.
Con l’introduzione dei prodotti DOP e IGP e delle produzioni da agricoltura biologica si sono creati dei “marchi di qualità” regolamentati, a cui il produttore accede per scelta volontaria, ma, per i quali, i criteri normativi di riferimento ed i procedimenti di valutazione della conformità/certificazione sono definiti da regole cogenti. Da qualche anno la Regione siciliana si è dotato anche di un marchio QS (Qualità Sicura), a valenza europea, il quale può rappresentare uno strumento di riscatto e valorizzazione in grado di elevare il prodotto di qualità. Perseguire sulla qualità certificata è l’unica strategia che ci permette di assicurare un futuro alle filiere.
Organizzazione della filiera. La filiera agro-alimentare necessita di una maggiore sinergia organizzata in ‘rete’ o ‘sistema’ comprendente le principali attività con i loro flussi materiali e informativi, le tecnologie, le risorse e le organizzazioni che concorrono alla creazione, trasformazione, distribuzione, commercializzazione e fornitura di un prodotto finito, in grado di sapere nell’ambito della stessa filiera quali sono gli obiettivi e le azioni proposte, questo consentirebbe di controllare in ogni ambito della filiera stessa, diventando sempre più sensibili alla strategia comune, la certificazione del prodotto come garanzia di provenienza e sicurezza alimentare. Inoltre le filiere agroalimentari potrebbero promuovere e attivare la formazione degli operatori agricoli, agronomi, agromeccanici e analisti di gestione, nonché tecnici delle industrie agroalimentari e dei costruttori/sviluppatori di innovazioni meccatroniche e informatiche, con interscambio dei risultati delle applicazioni nei vari processi. Considerato che le stesse sono organizzativamente preparate all’individuazione, implementazione e coordinamento di progetti di introduzione e gestione della digitalizzazione dei processi allargata ai campi, rendendo le produzioni più congrue alla trasformazione. Questa impostazione, gli agricoltori, sentendosi parte di un sistema dove consapevolezza e obiettivi sono condivisi con maggiore convinzione di quanto successo finora, avranno la possibilità di innovare il loro parco macchine non pensandolo come un salto nel buio.Per ottimizzare gli investimenti gli agricoltori potranno anche aggregarsi tra loro e quando utile e necessario creare bacini e distretti omogenei. Ne deriverebbe un miglioramento della competitività aziendale e un accrescimento del loro ruolo nelle filiere agroalimentari.
I contratti di filiera e di Distretto I contratti di filiera e di distretto, istituiti con la legge finanziaria del 2003, articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono uno dei principali strumenti di sostegno alle politiche agroindustriali gestiti dall’Amministrazione, ma anche l’unico strumento di garantire le produzioni italiane. Vengono stipulati tra i soggetti della filiera agroalimentare e il Ministero per rilanciare gli investimenti nel settore agroalimentare al fine di realizzare programmi d’investimento integrati a carattere interprofessionale e aventi rilevanza nazionale. I contratti di filiera, partendo dalla produzione agricola, si sviluppano nei diversi segmenti della filiera agroalimentare, intesa come insieme delle fasi di produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari. Le misure consentono di agevolare le filiere produttive grazie ai contributi in conto capitale e ai finanziamenti agevolati destinati a investire in processi di riorganizzazione dei rapporti tra i differenti soggetti della filiera, anche alla luce della riconversione tecnologica, digitale e ambientale in atto nei diversi comparti, puntando a una maggiore integrazione, alla creazione di migliori relazioni di mercato e a ricadute positive sulla produzione agricola.
La produzione in ambito della filiera. Il prodotto che arriva sul mercato presenta una difformità nell’ambito varietale, la qualcosa condiziona la filiera, poiché dello stesso prodotto avrà a disposizione una produzione varietale diversificata. Tutto ciò, provoca difficoltà nella presentazione e promozione della filiera, pertanto risulta indispensabile produrre quello che il mercato richiede.
Filiere corte e filiere lunghe. Nel mercato globale, l’interesse dei consumatori è manifestato attraverso le nuove opportunità offerte dal digitale, le specificità della produzione nostrana, il Km0, ecc. sono le principali variabili da considerare. Da un lato, le filiere lunghe si fanno sempre più convenienti: le economie di scala e l’internalizzazione dei mercati permettono oggi di muovere materie prime e prodotti con facilità. Dall’altro, le filiere a km0 rispondono a un maggior interesse ai temi della sostenibilità, all’ampliamento del mercato per i prodotti del territorio, e offrono maggiore flessibilità rispetto alle supply chain più estese, specie in caso di imprevisti. Per quanto riguarda le filiere corte del territorio, è essenziale offrire garanzie di qualità, logistica efficiente e una comunicazione efficace sui diversi canali a disposizione. Vediamo meglio come positivo una filiera corta è la compresenza di tre elementi: prossimità territoriale, disintermediazione e informatizzazione aumentata.
Le filiere e gli enti di ricerca Risulta indispensabilerinsaldareil rapporto le università, le istituzioni pubbliche, gli enti di ricerca in modo da sollecitare soluzioni innovative inerenti le problematiche produttive, sia in termini di varietà rispondenti al mercato, alle mutate condizioni ambientali, soluzione di aspetti tecnici, sempre continue in ambito agricolo favorendo la riduzione dei costi.
Sostegno alle filiere Le filiere vanno sostenute, oltre che con l’aiuto finanziario attraverso una più intensa promozione e supportata da un’assistenza tecnica in grado di sostenere le innovazioni e le indicazioni che provengono dal mondo scientifico. Inoltre la politica deve intervenire sul contenimento dei costi. Ci si concentra troppo sull’aumento del prezzo del grano e dei generi alimentari senza considerare i rincari dell’energia e di materie prime come concimi, mangimi, carta, vetro, cartone, plastiche e trasporti. Tutte queste voci pesano sui bilanci degli operatori delle filiere. Occorre individuare le contromisure più efficaci per evitare speculazioni, ne va della sostenibilità dell’intera filiera agricola. Anche perché il problema non è solo il costo, ma spesso addirittura il reperimento. Inoltre, la crisi spinge con urgenza a rivedere la distribuzione del valore aggiunto lungo le filiere, che negli ultimi anni ha sempre penalizzato gli anelli più a monte.
Innovazione, aggregazione e resilienza L’innovazione è fondamentale per costruire il futuro dell’agricoltura, soprattutto sul fronte della ricerca genetica: è evidente che davanti ai cambiamenti climatici servono piante più resilienti, se non altro per reagire alle limitazioni tecniche che ci sta imponendo l’Ue. Se dobbiamo produrre in condizioni più difficili e con minori strumenti tecnici a disposizione, è ovvio che la ricerca di varietà più adatte ai cambiamenti climatici diventa fondamentale per il nostro percorso. Bisogna, urgentemente, favorire le NGT, che permettono di modificare il patrimonio genetico degli organismi in modo più controllato e mirato rispetto alla modificazione genetica classica (OGM), ciò potrebbero contribuire alla “resilienza e sostenibilità” dell’agricoltura di domani, rendendo le piante “più resistenti alle malattie e alle condizioni ambientali o ai cambiamenti del clima”, migliorando i loro tratti agronomici o nutrizionali, riducendo l’uso di pesticidi. Inoltre La digitalizzazione rappresenta uno strumento con cui l’imprenditore può diventare più efficiente nella gestione della propria azienda agricola. Tra guerre, calamità naturali, emergenze fitosanitarie, pandemie e volatilità dei prezzi l’agricoltura italiana non se la passa bene e anche per il mondo della cooperazione la classica ricetta dell’aggregazione va aggiornata con altri obiettivi come quelli dell’innovazione e degli investimenti strutturali. Un sistema che ora avverte tutto il peso delle tensioni internazionali. L’agricoltura viene però spesso considerata un settore anticiclico. Comunque, sostenere le filiere, impone anche garantire le infrastrutture solide (strade, acqua, luce, servizi, ecc) e una sburocratizzazione capace di distruggere anche i timidi entusiasmi.
Conclusioni
Mentre parliamo di organizzazioni di filiere, la guerra in Ucraina, i cambiamenti climatici con la conseguenza dei costi energetici e l’accaparramento dei prodotti alimentari, ci impongono ulteriori mutamenti. Il Green Deal, cioè il piano d’azione finalizzato a trasformare l’UE in un’economia competitiva e contestualmente efficiente sotto il profilo delle risorse, che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra, funzionale all’attuazione dell’Agenda 2030 e degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, è fortemente condizionato dal nuovo scenario che si va sempre più delineando nel panorama mondiale.
Oggi si chiede all’agricoltura di accelerare questa transizione senza un adeguato accompagnamento di carattere tecnico, si rischia di commettere un errore strategico, ricordando a tutti che la prima missione dell’agricoltura è di garantire la sicurezza alimentare alle popolazioni mondiali.