Pac, la Cia: “Rappresenta il 40% del reddito delle aziende agricole”
Un nuovo paradigma dell’agricoltura, che torni a coniugare produttività (capacità di nutrire il pianeta), competitività (fornire reddito agli operatori), sostenibilità (tutelare e valorizzare il capitale naturale), che si basi su due capisaldi: le innovazioni (digitale, emergente dalle attività di ricerca, organizzativa e sociale) e il legame con il territorio, per rielaborare nuovi equilibri di filiera. Lo ribadisce la Cia Sicilia Orientale che nell’ambito della Festa del Grano di Raddusa, ha colto l’occasione per tornare a parlare della riforma Programmazione comunitaria per nuovo settennio 2020-2027, con una tavola rotonda organizzata in collaborazione con l’associazione Agia dei giovani imprenditori agricoli e Donne in Campo, e moderata da Vincenzo Grassia, coordinatore regionale GIE cerealicolo, che ha potuto contare sugli interventi di numerosi relatori.
“La Pac dal punto di vista finanziario rappresenta il 30- 40 % del reddito delle aziende agricole – ha sottolineato Giuseppe Di Silvestro, presidente Cia Sicilia Orientale – la nuova programmazione deve favorire l’innovazione delle aziende giovani e al femminile e intervenire sull’agricoltura delle regioni del Sud Italia, della Sicilia in particolare, delle sue zone interne, a salvaguardia di culture come il grano duro, l’ortofrutta e tutte le eccellenze”.
“Bisogna ripartire dai territori per mirare meglio la fase attuale, la seconda fase di programmazione del Psr 2014-2020 – ha commentato Carmelo Frittitta, dirigente Generale Dipartimento Regionale Agricoltura – e per ripartire con un nuovo slancio con la prossima che sta per muovere i primi passi. È stato già pubblicato il regolamento da parte della Commissione Europea che detta le linee di intervento per il prossimo settennio. I presupposti non ci convincono, perché si va verso una ri-nazionalizzazione cioè un unico programma nazionale a fronte di programmi regionali. Ciò rischia di portare ancora più lontani i bisogni dei territori. Abbiamo già visto come sia difficile con un organismo pagatore nazionale avere una giusta interlocuzione e semplificare le procedure per portare le istanze degli agricoltori direttamente a Roma. Noi auspichiamo come Regione un programma regionale, la possibilità dei territori di avere voce in capitolo e, soprattutto, e questo è un impegno, rendere più semplice l’iter”.
“La Commissione Europea ha proposto che ci sia molta più flessibilità tra gli stati Membri – ha riferito Giovanni La Via, eurodeputato, relatore PAC Parlamento Europeo – Io ritengo che una migliore uniformità sia meglio anche perché ci permettere di ridurre le forti differenze del nostro sistema Paese. Cosa ben diversa è lo sviluppo rurale, il secondo pilastro, perché finora abbiamo avuto una autonomia delle regioni sull’utilizzo delle risorse. Su questo è la Regione che deve modificare atteggiamento perché fino adesso sono state suddivise estremamente le risorse disponibili per un’infinità di misure. C’è una forte esigenza di risorse per investimenti che al contrario non ci sono. Per cui la nuova Pac vedrebbe una riduzione delle misure a superficie e una concentrazione sugli investimenti, abbassando i massimali e introducendo criteri diversi”.
Pac, Psr e pagamenti Agea sono i tre temi caldi affrontati dalla organizzazione degli agricoltori nel corso di quest’ultimo anno. Per il direttore Graziano Scardino, responsabile regionale CAA-CIA Sicilia, l’Agea non è solo da riformare ma da rifondare. Un elemento che va introdotto quando si parla anche di riforma della Pac, perché è vero che si discute di pagamenti diretti, di primo e secondo pilastro, di valorizzazione delle Ocm, ma se poi chi deve erogare i contributi di fatto nega il diritto, lo ritarda a dismisura nei confronti degli agricoltori non ci può essere alcuna attività di impresa”.
“Oggi si parla di agricoltura di agricoltura 5.0, ma in questi territori a noi sembra un futuro molto lontano – ha commentato Carmelo Allegra, presidente AGIA Sicilia – di un mondo in cui mezzi altamente tecnologici comunicano tra loro, svolgendo un lavoro di precisione che abbattono i costi di produzione e aumentano la qualità del prodotto, migliorano l’impatto e accrescono competenze professionali. Nella nuova programmazione tutto questo viene indicato come “agricoltura smart” ci lascia ben sperare. Certo se la passata Pac avesse funzionato, noi non ci ritroveremmo con un ritardo fortemente penalizzante”.
“Rispetto al passato nelle ultime programmazioni gli aiuti per le donne sono venuti meno – ha aggiunto Gea Turco, presidente Donne in Campo Sicilia – è stata data libertà d’azione ai Paesi membri che in realtà si è tradotta in un nulla di fatto, chiediamo che vengano inserite misure ad hoc per le donne che possano rivitalizzare un tessuto rurale in progressivo e repentino spopolamento: fare impresa in agricoltura significa fare formazione”.
“Dobbiamo sposare una politica produttiva che crei reddito e sia sostenibile– ha relazionato Pino Cornacchia, responsabile dipartimento Sviluppo Agroalimentare Cia – chiediamo che venga mantenuto un sostegno agli agricoltori che producono e e si sostengano strumenti di difesa diretti; che si crei un finanziamento per chi fa filiere di qualità, con interventi settoriale, favorendo l’aggregazione con organizzazioni controllate e gestite dagli agricoltori in grado di effettuare efficaci strategie commerciali e creare valore e rafforzare il potere contrattuale”.