Buona partenza per la Doc Sicilia

Buona partenza per la Doc Sicilia nel suo primo anno. Nel 2013 sono stati certificati quasi 120 mila ettolitri di vino sui quasi 213 mila del totale di tutte le Doc siciliane, pari quindi al 56,3%. Si tratta di quasi 16 milioni di bottiglie etichettate col marchio siciliano.

Per quanto riguarda, invece, le varietà di vino più rappresentate tra le certificazioni Doc Sicilia spiccano i Bivarietali Rossi con il 21,94% del totale, seguiti dal Bianco (16,82%) e dal Nero d’Avola (14,91%).

Circa i due terzi degli imbottigliamenti certificati (oltre 78 mila ettolitri) sono stati effettuati in Sicilia, mentre un terzo (oltre 41 mila ettolitri) viene imbottigliato fuori dall’Isola. Nel primo caso è il Bianco il più presente con il 25,63%, seguito dal Nero d’Avola (16,09%) e dal Pinot Grigio (10,15%), mentre per quanto riguarda l’imbottigliato fuori zona di produzione i Bivarietali Rossi la fanno da padrone con il 63,09%, seguiti da Grillo (14,49%) e Nero d’Avola (12,64%).

«Il dato di partenza della Doc Sicilia – commenta Lucio Monte, direttore dell’Irvos, l’Istituto regionale vino e olio – è sicuramente positivo e fa ben sperare. È ovvio che l’auspicio è quello di poter aumentare la quantità di vino certificato con questo marchio che fa da “ombrello” alle altre Doc siciliane: il brand Sicilia è sicuramente riconosciuto a livello internazionale perché esprime l’identità e la cultura di una terra unica che sta al centro del Mediterraneo ed è sempre stata al centro della storia. L’Irvos ne ha favorito la nascita convinto che sia uno strumento necessario per sostenere l’internazionalizzazione del nostro vino. Adesso tocca al Consorzio della Doc Sicilia spingere sull’acceleratore per fare in modo che aumenti la quantità di vino certificato e che questo marchio venga riconosciuto non solo per l’identità che esprime, ma anche come sinonimo di qualità. Uno sforzo da compiere anche in vista dell’Expo 2015 dove la biodiversità e la qualità dei prodotti agroalimentari saranno i temi centrali».

Sulla stessa linea l’assessore regionale dell’Agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea, Dario Cartabellotta: «Il Consorzio Doc Sicilia si faccia interprete attivo delle politiche di promozione dei territori e dei vini, sviluppando progetti di internazionalizzazione centrati sul riconoscimento della qualità del vino siciliano, oggi espressa dall’intero sistema vino dell’Isola. Questo può avvenire se tutte le aziende sono unite e parlano con la stessa voce. Altro obiettivo strategico – prosegue Cartabellotta – è sostenere il livello di posizionamento e di penetrazione dei nostri vini nei mercati internazionali con la prospettiva di aumentare i fatturati dell’export dell’intero comparto, ma anche dare il giusto rilievo e posizionamento alla qualità oggi riconosciuta ai nostri vini. Una qualità che sia anche a giusto prezzo.  È arrivato il tempo dell’azione e il Consorzio Doc Sicilia deve impegnarsi a capitalizzare risorse (umane ed economiche) e idee».

Per quanto riguarda gli imbottigliamenti con marchio Igt nel 2013, l’indicazione geografica ha riguardato circa 1,3 milioni di ettolitri di vino, l’80% col marchio Terre siciliane e quasi il 20% con quello Sicilia Igt.

L’obiettivo di aumentare la quantità di uve certificate (sia Igt che Doc) va nella duplice direzione di garantire il consumatore e il produttore. Il primo sa di mettere nel bicchiere un vino che è garantito per la sua qualità e sicurezza. Per quanto riguarda i produttori, è dimostrato che le aziende che si espongono ai controlli (sia nella fase della produzione che in quella della vinificazione e dell’imbottigliamento), per certificare le proprie uve come Igt o Doc, riescono a proteggere il valore delle proprie uve da fenomeni di declassamento economico e, quindi, si prospetta per loro un percorso di sviluppo altrimenti impensabile. Per questo è importante che in questo processo si impegni di più anche il mondo della cooperazione, finora (fatte le dovute eccezioni) meno indirizzato verso le certificazioni, perché con esso si possono innescare circoli virtuosi che coinvolgano anche i piccoli produttori.