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Tradizioni: il legame tra mondo agricolo e religione celebrato a Lercara Friddi

Un folto numero di fedeli, il sindaco di Lercara Friddi Giuseppe Ferrara e parte dell’intero Consiglio comunale hanno accompagnato il vice parroco Don Pino Pomi sul Colle Croce (edificata nel 1830 dai Redentoristi, chia¬mati Patruzzi), posto nella parte alta del paese, denominato per officiare un rito religioso pieno di significati e di ricordi: la benedizione dell’Ascensione.
Padre Pino dopo avere rivolto una breve omelia ha benedetto ed incensato le cam¬pagne, rievocando, così, la benedizione che Cristo Risorto, che ascendendo al cielo impartì all’umanità.
Un gesto che sancisce l’intimo rapporto dell’Ascensione del Cristo con il mondo agricolo, momento propizio della benedizione del prossimo raccolto. La benedizione è stata impartita anche agli animali, di numero inferiore rispetto al passato.
Lo storico locale Nicolò Sangiorgi racconta che in tempi passati si recitavano le litanie e il sacerdote in cotta, stola e piviale, portava la teca con la reliquia della Santa Croce. I confratelli avevano la corona di spine in testa ed una corda al collo con la quale si percuotevano le spalle, dicendo:
E che beddu oggi è Cristu / ‘ncelu acchiana Gesù Cristu
E priammu cà l’avremu / chiddi grazii chi vulemu.
E chi beddu ionia è chistu / ‘ncelu acchiana Gesù Cristu.
Dopo la predica, il sacerdote girava intorno alla Croce soffermandosi ai quattro lati e, recitate le preghiere, benediva gli animali e i campi.
Sangiorgi racconta inoltre che: “In mattinata, il contadino accendeva dei fuochi in campagna per osser¬vare la direzione che assumeva il fumo. Secondo un’antica credenza, se era spinto dal vento di tramontana la produzione del raccolto sarebbe stata abbondante; se, invece, era allontanato dallo scirocco si presagiva un’anna¬ta “magra”.
La sera precedente, le donne ponevano sul davanzale della finestra, al balcone, o dietro lo sportello semichiuso del pianerottolo della scala, un bic¬chiere o una bacinella d’acqua con dentro petali di rose, un tozzo di pane, un lumino acceso ed una moneta; oggetti che, convinzione comune vuole, nel corso della notte Cristo Risorto avrebbe benedetto. L’acqua del bicchiere veniva bevuta, come se la rugiada notturna potes¬se tonificare l’organismo, con quella della bacinella ci si lavava il viso, forse per mantenerne la bellezza ed esorcizzare i mali fisici, il pane e la moneta venivano conservati in segno di abbondanza; alcuni mangiavano il pane e spendevano il denaro. Una credenza impregnata di simbolismo pagano che rivela un egoistico materialismo, alla quale, ai nostri giorni, credono soltan¬to poche donne e in età avanzata. Si tramanda, ma qualcuno ne ha diretta conoscenza, che la Santa Croce è stato un luogo di preghiera molto efficace per ottenere grazie. È nella memoria di alcuni la consuetudine di recarsi sul colle di buon mattino, il giorno dell’Ascensione, per bagnarsi il palmo della mano con la brina e inumidire il viso o toccare la parte malata del proprio corpo, ritenen¬do quest’acqua benedetta dal Signore durante la notte. Tra i giochi popolari che si svolgevano nel pianoro attorno alla Croce, era in uso l’ “albero della cuccagna”, formato da un palo di legno (a ‘ntinna) levigato e insaponato, dalla cui sommità si dipartivano degli assi che all’estremità reggevano dei premi posti in contenitori di terracotta. Era il comitato dei festeggiamenti che offriva prodotti alimentari a chi pativa la miseria e ciò avveniva attraverso uno spettacolo che allietava la gente ma umiliava i protagonisti”.
Comunque sia, questa festa rievoca un momento della vita agreste lercarese che va mantenuta e tenuta nella massima considerazione sia per la straordinarietà della ricorrenza religiosa, sia per i vari significati etnoantropologici che l’avvenimento evoca.