La semina su sodo

La semina su sodo (detta anche semina diretta, NoTill, sodo seeding) è un sistema di coltivazione che si basa sull’assenza di qualsiasi tipo di lavorazione meccanica del terreno.

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È una tecnica di agricoltura conservativa. Rispetto alle forme convenzionali di coltivazione (quelle che prevedono lavorazioni preliminari del terreno come arature, fresature, erpicature), lascia il terreno indisturbato e contribuisce alla sua naturale strutturazione, all’accumulo di carbonio organico, alla riduzione dei fenomeni di erosione e desertificazione, alla migliore gestione delle risorse idriche.

Si esegue con apposite seminatrici che sono in grado di seminare direttamente su terreni non lavorati occupati in superficie dai residui della coltura precedente o da mirate colture di copertura (cover crops).

Esistono decine di modelli di macchine “da sodo”. I più diffusi sono dotati di un sistema di dischi che aprono e richiudono nel suolo non lavorato (e quindi sodo) delle sottili fenditure all’interno delle quali si va a depositare il seme.

E’ sviluppata da più di 20 anni in diverse parti del mondo e può essere applicata a diversi tipi di seminativi, invernali e primaverili: cereali autunno-vernini, cereali primaverili, foraggere, girasole, colza etc.

Oggi la Semina su Sodo è adottata su più di 100 Milioni di ettari, maggiormente in America (Canada, USA, Argentina), in Australia ed Asia.

Recentemente inizia a diffondersi anche in Europa, specialmente nelle zone vocate alla cerealicoltura (est Europa), anche se nel vecchio continente il processo di conversione al “sodo” è più lento che in altre parti del mondo.

In Italia è praticata ancora macchia di leopardo e, nonostante alcuni dati mostrino una discreta diffusione, è spesso confinata ad attività sperimentali e/o a piccoli focolai. Aree maggiormente interessate in Italia sono oggi il Veneto, l’Emilia Romagna, le Marche, la Lombardia, Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Lazio e Sicilia.

I vantaggi della semina su sodo

Offre rese paragonabili a quelle dei sistemi tradizionali di coltivazione, ma in più garantisce una serie di vantaggi. I vantaggi della tecnica sono numerosi, con risvolti positivi su micro e macro scala: per l’azienda, per l’ambiente e per il territorio, per la salute del pianeta:

  • riduce la “pressione” esercitata dall’agricoltura sul sistema “suolo”;
  • riduce i consumi energetici diretti (carburanti e ammendanti) ed indiretti (consumo delle macchine e degli attrezzi) e, con essi, le emissioni di CO2 derivanti dalle pratiche agricole;
  • favorisce l’accumulo della sostanza organica nei suoli, migliorandone lo stato di fertilità chimico-fisica e limitando i rischi di frane e smottamenti superficiali;
  • riduce fino al 90% l’erosione superficiale del suolo (idrica ed eolica), grazie all’effetto pacciamante operato dai residui colturali e dalle colture di copertura;
  • consente un ripopolamento della microflora e della microfauna tellurica;
  • permette di usare in modo più razionale le risorse idriche, riducendo fino al 70% l’evaporazione del terreno;
  • contribuisce a migliorare il “carbon footprint” agricolo, sia perché riduce i consumi energetici (emissioni) sia perché favorisce l’accumulo di carbonio nei suoli (effetto sink).
  • permette di gestire in maniera più razionale la fertilità dei suoli ed offre, in una prospettiva di medio termine, la possibilità di modulare il ricorso alle concimazioni minerali.

2È una tecnica “amica” dei produttori, dato che tutti i vantaggi ambientali si traducono, direttamente ed indirettamente, in vantaggi aziendali:

  • riduce fino la 70% dei costi di produzione (meno gasolio, minore usura dei mezzi e delle macchine)
  • riduce i tempi di coltivazione e nellisce la gestione aziendale
  • semplifica la gestione e la logistica aziendale, alleggerendo il carico di lavoro dell’agricoltore

Semina su sodo e sostenibilità: scenario

La sostenibilità produttiva è una tappa fondamentale ed imprescindibile del processo di evoluzione dell’agricoltura. Già oggi la condizionalità ambientale si propone come punto fermo di tutti i processi produttivi, con un’agricoltura che deve essere sempre più rispettosa dell’ambiente e del territorio. Vari fattori, però, ostacolano questo processo di “adeguamento ambientale”. Fra questi, in special modo, il fatto che la sostenibilità ambientale dei processi agricoli non coincide spesso con una sostenibilità aziendale, tecnica ed economica. In altri termini, pratiche agricole che sono amiche dell’ambiente spesso non riescono ad essere altrettanto amiche delle tasche dell’agricoltore o della semplicità organizzativa dell’azienda. Opportuni sostegni economici o particolari nicchie di mercato possono risolvere temporaneamente queste disequazioni, ma è anche questo realmente sostenibile? Tutto questo invita a riflettere sull’opportunità di adottare e sviluppare tecniche e processi colturali che siano economici e semplici prima ancora di essere eco-sostenibili.

Oggi l’agricoltura delle aree interne, che rappresenta una grossa porzione dell’agricoltura italiana, deve fronteggiare varie difficoltà, che spesso si posizionano ancor più a monte dell’inizio dello stesso processo produttivo. Ad esempio, gli elevati costi di produzione (carburanti, fertilizzanti, macchine) e la bassa redditività aziendale (forte competizione “globale” e prezzi contenuti su commodities come i cereali), che sono anche causa dell’allontanamento e del disinteresse dei giovani e dell’abbandono delle terre, con forti implicazioni in termini di gestione agro-ambientale, paesaggistica ed ecologica. Dati statistici mostrano il continuo avanzare delle foreste a scapito delle superfici agricole, e sottolineano il continuo innalzamento dell’età media degli imprenditori agricoli.

Alla luce di questo scenario quale ruolo possono avere tutte quelle le tecniche agronomiche eco-sostenibli ma molto costose, articolate e difficilmente applicabili in aree marginali.

Semina su sodo e sostenibilità “globale”: ecosystem service e CO2

La Semina su sodo si propone come sistema di coltivazione che ha la potenzialità di essere sostenibile a 360°: minimizza l’impatto ambientale, aumenta la redditività aziendale, riduce e semplifica il carico di lavoro.

Essendo una tecnica “energy-saving”, permette di ridurre i consumi di combustibili fossili e di fertilizzanti, nonché il consumo di macchine ed attrezzi agricoli. In più, abbinata ad una specifica gestione dei residui colturali e degli avvicendamenti, ha la potenzialità di trasformare i terreni agrari in accumulatori di carbonio, con interessanti risvolti in termini di fertilità dei suoli (sostanza organica e humus) e di mitigazione dell’effetto serra.

3Alcuni dati di letteratura stimano che l’adozione del sistema no-tillage nelle sole aree cerealicole porterebbe ad una riduzione diretta delle emissioni di milioni di tonnellate di CO2 e ad un assorbimento nei suoli altrettanto elevato. Senza dimenticare che il sistema, migliorando la struttura dei suoli, può svolgere un servizio importante nella prevenzione delle frane (in aree acclivi) e nel contenimento dei fenomeni erosivi (consumo di suolo e dilavamento dei nitrati).

Come iniziare

La semina su sodo è una tecnica semplice. La rapidità di esecuzione e l’alleggerimento dei carichi di lavoro non devono essere confusi con una “banalità” di esecuzione. La tecnica, infatti, deve essere inserita all’interno di un contesto agronomico “adattato” al cambiamento delle modalità di semina. Non basta sostituire le lavorazioni con la sola operazione di semina su sodo lasciando inalterato tutto il resto. Occorre, invece, intraprendere percorsi “virtuosi” di gestione agronomica, affiancando al nuovo sistema di semina una gestione mirata del sistema “suolo”, introducendo rotazioni colturali dedicate, gestioni mirate dei residui colturali e delle malerbe, coltivazioni di colture di copertura (meglio se leguminose), attente regimazioni delle acque sotterranee e superficiali.

Il passaggio “al sodo”, richiede per prima cosa un’attenta valutazione del contesto agronomico in cui si va ad operare. Il livellamento del terreno la regimazione delle acque superficiali e sotterranee sono i primi passi che devono essere compiuti. I ristagni ed i compattamenti del suolo, infatti, sono tra i principali “nemici” di una buona produzione, “su sodo” così come in agricoltura convenzionale.

Credit: http://www.aipas.eu