Più costi per l’export e procedure più lunghe: le conseguenze della Brexit per le aziende siciliane
Di Brexit da tre anni a questa parte si è parlato molto: dalle trattative per le condizioni di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea alle conseguenze per aziende estere che hanno interessi e sedi nel Regno Unito. Dalla sorte degli stranieri, tra cui molti italiani, in terra britannica (e dei britannici in Europa) alle conseguenze economiche per l’economia del Continente.
Ma la Brexit avrà conseguenze concrete anche per le aziende del Sud Europa che esportano in Gran Bretagna. Anzi, alcune stanno già emergendo.
“Il mercato britannico è sempre stato un po’ complicato – afferma Gianfranco Maltese, produttore vitivinicolo, referente italiano per il comparto vino nel Consiglio Europeo Young Farmere per Agia – Cia, enologo di Marsala (in provincia di Trapani) e membro dei gruppi di dialogo civile, tavolo vino per il Ceja – Le richieste di prodotti agroalimentari italiani e siciliani sono molte, anche grazie alla forte presenza italiana nel Regno Unito e per il grande riconoscimento che c’è nei confronti del Made in Italy ma a causa delle accise l’aggravio dei costi da sostenere per l’export è stato sempre notevole. Per esempio, nel settore vitivinicolo le accise pesano tra 1,70 euro e 1,90 euro a bottiglia di vino e questo mette il produttore di fronte a una scelta: abbassare il proprio prezzo di vendita all’ingrosso e quindi guadagnare meno o essere meno competitivo sul mercato. La nostra azienda Maltese, ad esempio, un paio di anni fa ha chiuso i rapporti con l’importatore inglese e da allora la situazione è continuamente peggiorata. Ora si prevede un ulteriore aggravio di spese, calcolabile intorno al 20%, per i dazi doganali. Per questo io sconsiglio di puntare su questo mercato alle piccole imprese. Meno difficile la situazione per un’azienda medio-grande che può sostenere l’aggravio di costi”.
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È il caso per esempio dell’azienda Poiatti, prestigiosa azienda produttrice di pasta con sede a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, che continuerà ad esportare in Gran Bretagna. Poiatti è un’azienda nata nel 1946 e che dalla Sicilia ha saputo conquistare il mercato nazionale e da 3 anni produce pasta con il 100% di grano siciliano. “Con la Brexit – spiega Roberto Guarino, responsabile ufficio vendite e marketing di Poiatti spa – prenderemo tutte le dovute cautele del caso, in particolare faremo particolare attenzione alla documentazione, evitando che possano esserci blocchi all’esportazione. Di sicuro ci sarà maggiore complessità nelle procedure burocratiche ma i parametri doganali britannici sono decisamente più leggeri rispetto a quelli di altri Stati, come per esempio la Russia. Attualmente, in Russia si perdono circa 20-25 giorni alla dogana, mentre in Inghilterra una settimana. La previsione è che le procedure possano far raddoppiare questi tempi portandoli a due settimane ma che comunque sono sempre meno dei tempi richiesti dai russi. In ogni caso, penso sia interesse anche del Regno Unito non creare troppi problemi all’economia. Di sicuro noi lo tratteremo come qualsiasi altro paese extra Ue e ci faremo trovare pronti. D’altronde siamo abituati a gestire tempi e procedure. I prodotti italiani e siciliani – spiega Guarino – hanno sempre un grande blasone in Gran Bretagna, soprattutto olio e vino, mentre la pasta ha meno richieste perché sono meno abituati al suo consumo”.