Fichidindia, al via in Sicilia la seconda raccolta

In Sicilia è iniziata la seconda raccolta dei fichidindia in un’annata ovunque di ottima qualità anche se in molte zone vocate come la Valle del Belice la quantità non è elevata a causa delle piogge scarse e dello scirocco.

Lo afferma Coldiretti Sicilia che sottolinea come questa produzione, che l’anno scorso ha superato 1.400.000 quintali e che si estende su oltre 8.100 ettari, annovera anche due Dop: San Cono e Etna.

“La produzione – ricorda Coldiretti Sicilia – connota più di ogni altra l’Isola con tecniche che si tramandano nei secoli e dove un passaggio fondamentale è la cosiddetta “scozzolatura” cioè l’eliminazione dei frutti fioriti in modo da ottenere un prodotto più grosso e gustoso. I fichidindia – ricorda ancora Coldiretti Sicilia – sono un ottimo depurativo e aiutano a stare bene se consumati in misura adeguata. Il frutto è inoltre un integratore nelle diete dimagranti per il suo grande apporto di fibre che determina un senso di sazietà e come reidratante e rivitalizzante per chi svolge attività fisica intensa”.

“Negli ultimi anni anche molti giovani imprenditori agricoli hanno ripreso la produzione con un approccio sostenibile e innovativo come Giovanni Bonanno che a Santa Margherita Belice insieme alla fidanzata Licia Armato Barone, con le pale ha avviato la produzione di compost con l’obiettivo di creare un modello di sviluppo riducendo al minimo la produzione di rifiuti. Gli scarti della potatura, pari a varie tonnellate vengono macerate e successivamente messe in un biodigestore”.

“La produzione di fichidindia – conclude Coldiretti Sicilia – mostra realtà produttive positive anche per le opportunità derivanti dalla quarta gamma. I fichidindia già sbucciati rappresentano infatti una “comodità” che i consumatori apprezzano sempre di più”.

La filiera produttiva del ficodindia è, a livello europeo, esclusiva della Sicilia che detiene il monopolio del mercato italiano ed oltre il 90% del mercato comunitario. Il successo della produzione siciliana va ricercato nell’ottima qualità dei frutti, raggiunta grazie alla applicazione di tecniche colturali come la concimazione, l’irrigazione e il diradamento cui questa specie, considerata molto rustica, tradizionalmente non era assoggettata, allo standard di coltivazione a basso impatto ambientale.