Da Nord al Sud d’Italia cresce il dissenso sull’“Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile” dichiarato nel nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027 (P-SNAI)
L’Italia delle aree interne e culturale per quanto dichiarato nel nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027 (P-SNAI) a pagina 45 nell’obiettivo 4 “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”.
L’analisi prospettata è fortemente irresponsabile e frutto di una piccola conoscenza di quanto possono offrire, soprattutto oggi, le aree interne italiane.
Viviamo in un’epoca in cui l’urbanizzazione, la globalizzazione e l’iperconnessione digitale modellano radicalmente le nostre vite. Le metropoli crescono a dismisura, le tecnologie accelerano i ritmi dell’esistenza e le reti digitali ci rendono costantemente connessi. In questo scenario, il mondo rurale appare spesso come una realtà marginale, relegata al passato, lontana dalla modernità e priva di attrattiva.
È un errore di prospettiva. Proprio in questo universo apparentemente “arretrato” si celano risorse preziose, fondamentali per affrontare le sfide ambientali, sociali e culturali del nostro tempo.
La ruralità custodisce innanzitutto un diverso rapporto con l’ambiente. L’agricoltura rigenerativa, la biodiversità delle colture locali, la gestione sostenibile delle risorse naturali rappresentano modelli alternativi ai sistemi intensivi e industrializzati che hanno mostrato tutti i loro limiti, sia in termini ecologici che etici. In un’epoca di crisi climatica e scarsità delle risorse, le pratiche rurali tradizionali possono diventare laboratori di sostenibilità, non per nostalgia, ma per lungimiranza.
Oltre alla dimensione ambientale, la ruralità è anche custode di identità e senso di comunità. Nelle aree rurali resistono forme di coesione sociale che nelle grandi città si sono spesso disgregate. Il capitale relazionale – fatto di legami di vicinato, reciprocità, appartenenza – costituisce una risorsa fondamentale per il benessere collettivo e per la resilienza delle comunità di fronte alle crisi. Recuperare questo tessuto sociale significa contrastare l’individualismo, la solitudine e la frammentazione tipici della modernità urbana.
Inoltre, il mondo rurale offre spazio. Spazio fisico, vitale, immaginativo. In un tempo in cui l’abitare urbano si fa sempre più costoso, congestionato e alienante, le aree interne e rurali tornano ad attrarre nuovi abitanti: giovani, famiglie, imprenditori, artisti in cerca di qualità della vita, autonomia, tempo e relazioni autentiche. Questo fenomeno, spesso definito come “ritorno alla terra” o “neo-ruralità”, non è un ritorno al passato, ma l’espressione di un desiderio di futuro diverso.
Infine, la ruralità è anche un potenziale luogo di innovazione. Le tecnologie digitali – paradossalmente le stesse che alimentano l’iperconnessione urbana – possono contribuire a rilanciare le aree rurali, migliorando i servizi, facilitando il lavoro a distanza, valorizzando i prodotti locali e connettendo le comunità in reti di cooperazione e scambio.
In conclusione, la ruralità non è un retaggio da superare, ma una risorsa da valorizzare. È una forma di modernità alternativa, capace di coniugare radici e innovazione, lentezza e cambiamento, natura e cultura. Per affrontare le sfide del nostro tempo – dal cambiamento climatico alla crisi del senso di comunità – occorre guardare al mondo rurale non con nostalgia, ma con strategia. Non come un luogo da abbandonare, ma come un laboratorio del possibile.