Stato di calamità per il comparto della peschicoltura

Il crollo dei prezzi superiore al 30% per le province di Messina ed Agrigento, per l’anno in corso, ha spinto la Giunta regionale a dichiarare lo stato di crisi del comparto della peschicoltura per le suddette province, al fine di “evitare la perdita del patrimonio arboreo che permette il mantenimento, in zone particolarmente difficili, di imprenditori d’avanguardia, i quali stanno trasformando i propri impianti in funzione delle richieste del mercato globale allo scopo di risollevarsi dallo stato di crisi”.

Dai dati ISTAT, relative alla coltura del pesco (pesche e nettarine) in Sicilia, si deduce che  il comparto nell’ultimo decennio ha avuto una significativa espansione degli investimenti pari al 28%, infatti, la stessa è passata da 5.700 ettari del 1997 ai 6.901 ettari del 2011, di cui 1.280 sono investiti a nettarine, costituendo il 18,54% della peschicoltura isolana. Inoltre, la superficie del comparto risulta concentrata per l’85,52% in quattro province, rispettivamente: Agrigento 35,70%, Caltanisetta 27,53%, Palermo 12,58% e Messina 9,71 %.

L’intera produzione viene suddivisa in base all’epoca di maturazione in: Primizie: Maggio-Giugno; Medie: Luglio-Agosto; Tardive: Settembre.

In particolare le cultivar tardive ed extratardive sono coltivate sul 62% della superficie e le primizie e le medie costituiscono rispettivamente il 23% e 15%.

In Sicilia si stima una produzione di 1.116.305 q.li nel 2011, secondo dati ISTAT.

La peschicoltura, si realizza prevalentemente in impianti produttivi di tipo tradizionali, anche se vanno diffondendosi più moderni sistemi colturali. La peschicoltura tradizionale,si caratterizza per l’impiego di cultivar autoctone e forme di allevamento a vaso classico con densità di 600-650 piante /ha, con sesti 4X4 o 3X5.

La peschicoltura moderna, si basa su cultivar internazionali, con impianti a densità elevata, con sesti variabili e densità di impianto di 800-1000 piante.

Si stima che la peschicoltura di tipo tradizionale sia realizzata sull’80% circa della superficie complessiva, mentre i più moderni impiantì sul restante 20 %.

A causa delle ridotte dimensioni aziendali, l’offerta si presenta frazionata e dispersa. L’organizzazione commerciale è inefficiente ed è dotata di strutture di concentrazione e commercializzazione inadeguate (sovra o sottodimensionate rispetto alla effettiva potenzialità produttive) e con una gestione manageriale, che non riesce a stabilire rapporti duraturi con il sistema produttivo (nazionale ed internazionale).

La produzione dell’isola incontra difficoltà nella commercializzazione presso la distribuzione moderna, anche a causa di alcuni limiti negli standard qualitativi (scarsa estensione del sovra colore rosso sulle epidemie, polpa aderente al nocciolo e modesta resistenza alla manipolazione), che incontrano varie difficoltà commerciali. Pertanto, si nota una offerta disomogenea anche per le produzioni certificate e biologiche che sono pressoché assenti nei circuiti commerciali. Soltanto la pesca di Leonforte ha richiesto l’Indicazione Geografica Protetta (I.GP.) ed è ancora in attesa di riconoscimento. A quanto detto, per l’anno 2011, si deve considerare l’immissione sul mercato di prodotto costituito da frutti precoci, che provenivano dalla Spagna, invadendo il mercato interno creando una situazione, pesante sia a livello di esportazione nazionale che estera. Inoltre le condizioni meteo in alcuni periodi dell’anno sono risultate tali che la maturazione delle pesche è stata concentrata .in brevi periodi, con una offerta consistente e conseguentemente i prezzi hanno mostrato una tendenza al ribasso. Per le spese di produzione nel triennio 2008/2010, da quanto rilevato dalle relazioni dei vari Ispettorati, si constata, che la stesse hanno una incidenza sulla PLV del 50-55%, mentre per il 2011 del 75-80%, comunque analogamente a quanto avviene agli altri comparti agricoli.