Agricoltura, si chiude la riforma della Pac anche a livello italiano

La partita sul Primo pilastro della Politica agricola comune si è conclusa ieri pomeriggio, al termine di un negoziato durato diverse settimane. Uno dei nodi da sciogliere ha riguardato gli aiuti accoppiati, le risorse cioè direttamente abbinate a determinate colture.

Il negoziato, martedì alla Conferenza delle Regioni, ha deciso di stanziare l’11% del plafond e di non arrivare al limite massimo del 15 per cento. Il 4% sarà mantenuto sui pagamenti di base. I fondi complessivi per gli aiuti accoppiati ammonteranno a 426 milioni di euro. Di questi, 220 milioni andranno alla zootecnia. Passa la linea proposta dalla Regioni del Nord (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Province autonome di Trento e Bolzano), che indicava nel comparto zootecnico il beneficiario prevalente del sistema degli accoppiati.

Le soluzioni adottate dal ministero delle Politiche agricole e dalla Conferenza delle Regioni hanno diviso sia i rappresentanti delle istituzioni che del mondo agricolo. Coldiretti plaude all’esito del negoziato, Agrinsieme e Copagri si mostrano decisamente critici.

L’Ufficio stampa di Eurocarne, salone internazionale dedicato al comparto carneo, manifestazione triennale in programma dal 10 al 13 maggio 2015 (www.eurocarne.it), ha chiesto i pareri ad alcuni player del settore zootecnico da carne.

Per Fabiano Barbisan, presidente di Unicarve e del consorzio Italia Zootecnica, «il primo commento sul documento provvisorio pubblicato è che il plafond per la zootecnia bovina da carne, pari a 66.390.000 euro è assolutamente insufficiente per fronteggiare il taglio di quasi il 50% dei pagamenti diretti alle aziende di allevamento. Se la zootecnia bovina da carne in Italia sparirà Regioni e Ministero dovranno assumersi la responsabilità per le scelte fatte».

Unica nota positiva, afferma Barbisan, «è l’aver inserito premi aggiuntivi per i sistemi di qualità nazionali o regionali e l’Igp. Come Unicarve lanciamo un appello a tutti gli allevatori affinché pensino seriamente all’utilizzo dei Sistemi di qualità per utilizzare un marchio che permetta il riconoscimento della carne prodotta in Italia, altrimenti il declino della zootecnia arriverà rapidamente».

A una prima stima, Barbisan ipotizza che con l’attuale ripartizione delle risorse Pac agli allevatori possa essere riconosciuto un premio qualità per ogni singolo bovino allevato di circa 25 euro, contro gli attuali 43-45 euro. «Quello che è stato fatto, aprendo ad altri settori dell’agricoltura e con un plafond di risorse ristretto rispetto alla Pac precedente – afferma il numero uno di Unicarve – è uno spezzatino che serve a poco».

Si riserva un esame più approfondito una volta esaminati tutti i documenti Ivano Lugli, vicepresidente di Unipeg, il più importante macello cooperativo italiano, con oltre 250mila capi macellati l’ultimo anno. «Credo che la coperta fosse corta e che non ci si potesse attendere sforzi impossibili – afferma Lugli – però è innegabile che aver fissato il capping a livelli così bassi, con tagli del 50 per cento dei finanziamenti oltre i 150mila euro, è una scelta penalizzante per la zootecnia da carne».

«Il futuro dell’allevamento bovino da carne non passa per imprese mignon – prosegue Lugli – e se si voleva assicurare la possibilità di competere con la Francia e i grandi allevamenti del Nord Europa si è persa un’occasione, aggiungendo nuove difficoltà al settore. Ritengo che sia positiva l’attenzione alla linea vacca-vitello e ai ristalli, perché lo scenario dei prossimi anni passerà inevitabilmente anche da lì, ma non è attraverso il ciclo chiuso che si promuove la zootecnia da carne italiana. Ma per dare valutazioni più precise attendo di vedere come sarà il documento definitivo sulla Pac».

La vede in maniera più positiva Loris Colomberotto, presidente dell’omonimo gruppo, che fattura 280 milioni di euro e macella 101mila vitelli a carne bianca, «con l’obiettivo nel 2015 di produrre 120mila capi e macellarne 150mila».

«Se, come pare, è stata approvata una linea di sostegno ai vitelli a carne bianca, segmento che vede l’Italia ai primi posti a livello comunitario, non posso che essere contento – sostiene Colomberotto – si parla di circa 20 euro a capo, che non è assolutamente una cifra elevata, ma è pur sempre meglio di niente, preso atto che a livello italiano il numero di vitelli a carne bianca è di circa 650mila capi».