Alcamo Doc, produzione -30% e i viticoltori si lamentano per i bandi

Quest’anno il forte calo della produzione vitivinicola dell’Alcamo Doc si è attestato sul 30%, confermando le stime che erano state fatte a metà estate. Se la qualità è comunque buona, resta però alto l’allarme sui bassi prezzi che vengono imposti ai produttori della zona, così come di tutta l’Isola. Prezzi che condizionano la sopravvivenza soprattutto dei piccoli produttori che già sono tagliati fuori, per buona parte, dai finanziamenti europei.

Il bilancio sulla vendemmia di questa Doc che abbraccia le province di Trapani, con i comuni di Alcamo, Calatafimi, Castellammare del Golfo e Gibellina, e Palermo (Balestrate, Camporeale, Monreale, Partinico, San Cipirello e San Giuseppe Jato), è stato tracciato nel corso del convegno “Viticultura e territorio” organizzato dalla Confederazione italiana agricoltori Sicilia Occidentale e che si è svolto nell’ambito della manifestazione “C’era una volta la Festa dell’uva”. Un brusco calo della produzione causato principalmente dalle alte temperature e dalla forte siccità dei mesi estivi, ai quali non si è potuto correre ai ripari con l’irrigazione di soccorso.

“Abbiamo avuto delle condizioni climatiche non ideali – ha detto Vincenzo Cusumano, direttore dell’Istituto regionale del vino e dell’olio – che hanno colpito maggiormente alcune zone come questa e, soprattutto, per quanto riguarda la Sicilia occidentale, il Marsalese, dove il picco negativo è andato al 40%. Ha fatto così tanto caldo che la maturazione è stata anticipata di una decina di giorni, la vendemmia in Sicilia è iniziata il 20 luglio. La produzione vinicola, rispetto allo scorso anno, a livello regionale, scenderà di oltre un milione di ettolitri, assestandosi sui 4 milioni”. L’annata di scarsa quantità non intaccherà però il brand Sicilia del bicchiere. “La qualità – ha detto infatti Cusumano – resterà comunque buona e in ottica di imbottigliato fa ben sperare. Davanti a questi cambiamenti climatici sempre più marcati, purtroppo, non si possono fare miracoli. Una rete idrica maggiormente funzionante e che riuscisse a servire anche le zone attualmente scoperte, contribuirebbe a limitare i danni. Ai produttori consiglio comunque di dotarsi di un’assicurazione, strumento molto diffuso in altre regioni italiane”.

I produttori, però, hanno approfittato dell’occasione per sottolineare ancora una volta l’aspetto più critico della loro attività, quello dei prezzi. “I 40 centesimi al chilo per uva da vino è un prezzo troppo basso – ha detto Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale – un prezzo insostenibile deciso fuori dalla Sicilia, dai grandi mediatori che hanno il coltello dalla parte del manico. Se rifiuti quel prezzo sono pronti a rivolgersi ad altri paesi, come la Spagna. E ci sono sempre navi piene di mosto proveniente chissà da dove pronte a sbarcare nei nostri porti per far calare ulteriormente i prezzi. Sul vino sfuso la Sicilia purtroppo non può competere anche se ha le carte in regola. Ai produttori consiglio di chiudere la filiera qui e di imbottigliare il più possibile”.

Non sono solo i prezzi a non fa dormire sonni tranquilli. Per i tanti giovani che hanno visto nella viticoltura una strada da percorrere, iniziando magari con un appezzamento di terreno non troppo esteso per non fare subito un salto nel buio, le porte dei finanziamenti europei sono spesso chiuse. “I bandi – ha sottolineato Gianfranco Maltese, presidente dei giovani produttori della Sicilia Occidentale dell’Agia – sono stati concepiti senza guardare alla realtà. Ci sono cifre ed estensioni minime da rispettare che tagliano fuori centinaia di produttori. Personalmente ho dovuto rinunciare a un finanziamento per una ristrutturazione della cantina perché il totale dei miei terreni era inferiore ai 20 ettari. Fatti in questo modo, i bandi tendono a favorire solo i grandi proprietari di vigneti e i grandi produttori di vino. In questo modo non si aiuta la chiusura della filiera qui nell’Isola, che è invece la soluzione per guardare al futuro con maggiore serenità”.