Piccoli comuni e tipicità: la vera forza delle aree rurali

Lo studio ‘Piccoli comuni e tipicità’, realizzato e presentato dalla Coldiretti e dalla Fondazione Symbola, in occasione dell’apertura dell’anno nazionale del cibo italiano nel mondo, evidenzia che il 92% delle produzioni tipiche nazionali nasce nei Comuni con meno di 5 mila abitanti, che rappresentano il 69,7% (5.567) del totale dei piccoli comuni (7.977), dove vivono poco più di 10 milioni persone.

A primeggiare la classifica delle regioni con il maggior numero di piccoli comuni è il Piemonte (1067), seguito da Lombardia (1.055) e Campania (338), ma in percentuale la più alta densità spetta a Valle d’ Aosta (99%) e Molise (92%). La Sicilia è costituita da 390 comuni di cui solo 185 hanno una popolazione inferiore o uguale a 5.000 abitanti.

Lo studio evidenzia inoltre che ben 270 dei 293 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) italiani hanno a che fare con i piccoli comuni che garantiscono la produzione di tutti i 52 formaggi a denominazione, del 97% dei 46 oli extravergini di oliva, del 90% dei 41 salumi e dei prodotti a base di carne, dell’89% dei 111 ortofrutticoli e cereali e dell’85% dei 13 prodotti della panetteria e della pasticceria. Ma grazie ai piccoli centri è garantito anche il 79% dei vini più pregiati.

Fortunatamente, di questo ragguardevole patrimonio si sono accorti, da tempo, molti consumatori che hanno maturato nel corso degli ultimi decenni, la consapevolezza e l’acquisizione del concetto di qualità dei beni e servizi, soprattutto nei riguardi dei prodotti agro-alimentari.

Hanno inciso sicuramente i numerosi scandali del settore del consumo: il botulino nello yogurt, il metanolo nel vino, ecc.

Tutto ciò ha determinato, da parte del consumatore, un interesse sempre crescente nei confronti dei prodotti legati ai territori rurali in grado di assolvere alla richiesta di qualità e genuinità.

Gli aspetti alimentari sono fortemente annodati anche all’esigenza, soprattutto del consumatore di città, di cercare una risposta allo stress della vita moderna, all’omologazione degli stili di vita e delle abitudini alimentari, nonché ai problemi ambientali, al bisogno di sicurezza e a una maggiore trasparenza in termini di provenienza e di tracciabilità dei prodotti consumati.

Questa nuova domanda sempre più esigente e intelligente, trova un’offerta, che ci perviene dalla ricchezza dei territori rurali.

Patrimonio rurale costituito da prodotti tipici e tradizionali, da una straordinaria enogastronomia, paesaggio e natura incontaminati, attività ludica e sportiva, elementi di richiamo che concorrono a costituire un’insospettata riscoperta dell’ambiente rurale.

Un interesse che si concretizza con la proclamazione da parte dei Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali e dei beni culturali e del turismo la proclamazione del 2018 come Anno nazionale del cibo italiano. Peccato che questo appuntamento cade in concomitanza con le elezioni politiche, ragion per cui, l’Anno del cibo, legato a molte manifestazioni, iniziative, eventi legati alla cultura e alla tradizione enogastronomica dell’Italia saranno distolte dalla baraonda della competizione politica.

Restano quasi nove mesi per attivare iniziative per far conoscere e promuovere, anche in termini turistici, i paesaggi rurali storici, per il coinvolgimento e la promozione delle filiere e rilanciare la lotta agli sprechi alimentari. Lo stretto legame tra cibo, arte e paesaggio sarà inoltre il cuore della strategia di promozione turistica che verrà portata avanti durante tutto il 2018 attraverso l’Enit e la rete delle ambasciate italiane nel mondo che permetterà di evidenziare come il patrimonio enogastronomico faccia parte del patrimonio culturale e dell’identità italiana.

Ogni borgo d’Italia si contraddistingue per la produzione di un prodotto tipico. Un’identificazione così forte che potrebbe spingere i più fieri a inserire il proprio prodotto tipico nel gonfalone comunale. Prodotti custoditi gelosamente da ogni comunità che, come austeri vessilli, dominano uomini e cose e rappresentano pietre miliari di un’enogastronomia che non ha limiti e confini.

Il prodotto tipico racchiude in sé aspetti culturali (storia, tradizione, folklore), religiosi (feste, riti sacri), sociali (mangiare sano e genuino, salvaguardia dei beni naturali) e anche economici (occupazione, sviluppo). A queste peculiarità va aggiunta quella salutistica, infatti, la maggior parte di essi costituisce il gruppo degli alimenti della tanto decantata “dieta mediterranea”.

L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di prodotti agro-alimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione Europea. Un’ulteriore dimostrazione della grande qualità delle nostre produzioni, ma soprattutto del forte legame che lega le eccellenze agro-alimentari italiane al proprio territorio di origine. Il sistema delle Indicazioni Geografiche dell’Ue, infatti, favorisce il sistema produttivo e l’economia del territorio; tutela l’ambiente, perché il legame indissolubile con il territorio di origine esige la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità; sostiene la coesione sociale dell’intera comunità. Allo stesso tempo, grazie alla certificazione comunitaria, si danno maggiori garanzie ai consumatori con un livello di tracciabilità e di sicurezza alimentare più elevato rispetto ad altri prodotti.

Al 2017 sono stati registrati 291 prodotti DOP, IGP, STG (regolamento CE n. 510/2006, che ha abrogato il regime precedente normato dal regolamento CEE n. 2081/1992) e 523 vini DOCG, DOC, IGT. A questi prodotti certificati vanno aggiunti quelli tradizionali (n. 4965) registrati presso l’Albo del Ministero del- l’Agricoltura (Art. 3. Comma 3 D.M. n. 350 dell’8.9.1999), i prodotti dei Presidi Slow Food, le De.C.O., i prodotti dei panieri dei Parchi, dei Distretti alimentari di qualità, di prodotti di Campagna amica, il cui numero è in continua evoluzione, poiché ogni angolo d’Italia nasconde originalità alimentari ancora da scoprire e far conoscere, che danno vita ad una tipicità italiana unica rispetto al resto del mondo. Una cornucopia ricolma di straordinari prodotti (formaggi, ortaggi, frutta, verdure, pane, vino, ecc.), in grado di assicurare circa diecimila piatti di cui, sapientemente, la tradizione italiana conosce i segreti e le virtù.

In definitiva, appare lecito affermare che i prodotti tipici-tradizionali rappresentano la “sintesi” della storia, tanto da poterli considerare degli autentici beni culturali. Garantire la qualità dei propri prodotti resta l’obiettivo primario aziendale. Ogni giorno consumatori più consapevoli si approcciano ai prodotti di qualità, pertanto bisogna evidenziare la tipicità aziendale individuando mar- chi territo- riali a carattere nazionale. La certificazione dei prodotti fidelizza i consumatori e assicura la genuinità e la garanzia del l’alimento consumato.

Collegati al cibo ci sono le innumerevoli, a volte esagerate, sagre e fiere, appuntamenti enogastronomici che, oltre a consentire la vendita diretta dei prodotti agro-alimentari, ne favoriscono la conoscenza e l’allargamento dei consumi. Lo sanno bene i diversi milioni di turisti dal palato sopraffino che scorrazzano alla ricerca di peculiarità gastronomiche per l’intero Stivale, ma anche le popolazioni locali che li accolgono in maniera festante.

È nata così la consapevolezza delle comunità locali di tutelare le proprie tradizioni attraverso la rivisitazione di vecchi momenti aggregativi che avvenivano nelle singole aziende, e che oggi, molto più coinvolgenti, si chiamano sagre e rendono complici le popolazioni locali, che hanno l’obiettivo di valorizzare e vendere i propri prodotti e nel contempo far conoscere il territorio. Le sagre rivitalizzano le economie locali, coinvolgendo gli altri attori produttivi (commercianti, artigiani) e promuove una conoscenza del territorio che senza l’evento mancherebbe.

L’Italia, grazie all’eterogeneità delle produzioni tipiche, ha un numero elevato di sagre e feste, appuntamenti calendarizzati legati alle stagioni e alle produzioni.

Le degustazioni sono elemento di grande attrazione e spesso accompagnano le manifestazioni d’interesse culturale e folkloristico. Si propongono giochi e balli tradizionali per allietare e tenere vivo il territorio e la propria economia.

Lo studio della Coldiretti evidenzia inoltre che ben 270 dei 293 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) italiani hanno a che fare con i piccoli comuni che garantiscono la produzione di tutti i 52 formaggi a denominazione, del 97% dei 46 oli extravergini di oliva, del 90% dei 41 salumi e dei prodotti a base di carne, dell’89% dei 111 ortofrutticoli e cereali e dell’85% dei 13 prodotti della panetteria e della pasticceria. Ma grazie ai piccoli centri è garantito anche il 79% dei vini più pregiati.

Sapientemente Roberto Moncalvo dice che: “Dalla valorizzazione di questi tesori eno-gastronomici dipendono molte opportunità di lavoro dei 3,9 milioni di under 40 che hanno scelto di non abbandonare gli antichi borghi”.

Inoltre per questi piccoli comuni dice il presidente di Symbola Realacci, “Sono una straordinaria opportunità per l’Italia, un’economia più a misura d’uomo che punta su comunità e territori, sull’intreccio fra tradizione e innovazione tra vecchi e nuovi saperi. Possiamo competere in un mondo globalizzato se innoviamo senza cancellare la nostra identità.

La consapevolezza e il riconoscimento di valore a volte non basta. Bisogna incoraggiare i piccoli produttori a trovare nuove strategie di mercato attraverso la moltitudine di formule di vendita diretta: e-commerce, mercati contadini, ecc., occorre, inoltre, incentivare il consumo locale dei prodotti anche nei territori limitrofi per accrescere la domanda, il consumo di prodotti locali nelle mense scolastiche, e tante altre iniziative collegate che diano slancio al consumo dei prodotti locali e sviluppo ai territori rurali.