Tracciate le linee di potenziale sviluppo del Real Territorio di Ficuzza
Lo scorso 14 settembre presso l’aula didattica del Distaccamento forestale di Ficuzza si è tenuta la conferenza “La storia e l’economia del territorio di Ficuzza” dove docenti dell’Università di Palermo ed esperti hanno messo in luce le proprie opinioni sulle possibilità di sviluppo della La Riserva Naturale Orientata Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago”.
I relatori, ognuno per la propria competenza, hanno evidenziato le strade da intraprendere per promuovere lo sviluppo della medesima Riserva, metodologia che può essere applicata ad altre aree boschive siciliane.
Filippo Sciara, trattando della storia borbonica, della zootecnia e del Cavallo Reale di Ficuzza, ha ricordato le origini del Real Sito. In seguito all’occupazione francese di Napoli, Ferdinando IV di Borbone si rifugiò in Sicilia e nel dicembre 1798 volle ricreare i luoghi di svago e di caccia della regione campana che a malincuore aveva dovuto abbandonare. Costituì a sud di Palermo, quindi, il Sito Reale di Ficuzza, residenza di caccia a cui erano affiancati allevamenti zootecnici con produzione di formaggi pregiati, che comprendeva anche i feudi di Lupo, Bufarera, Cappelliero e il territorio di Godrano dove erano allevati cavalli, bovini, bufali, pecore e capre. Dal latte bovino, della Real Vaccheria di Ficuzza, dove erano allevati soprattutto bovini siciliani della razza modicana, erano ricavati pregiati formaggi come il provolone, i parmigiani piccolo e grande, e soprattutto il caciocavallo, che erano venduti nei mercati del Regno. Grande rinomanza ebbe l’allevamento dei cavalli di Ficuzza allo scopo di creare la Real razza. Furono utilizzati, come base, i cavalli presenti nei numerosi feudi della Commenda della Magione di Palermo ai quali si unirono molti altri, provenienti da tutte le parti della Sicilia, ritenuti idonei allo scopo. La popolazione cavallina siciliana, indicata come Real razza della Commenda, fu utilizzata soprattutto con il ruolo di fattrice da accoppiare con cavalli stalloni provenienti da territori fuori della Sicilia. Erano usati stalloni provenienti dal territorio campano, delle razze di Persano, di Carditello e di Carvizzano; stalloni provenienti dallo Stato Pontificio, dalla Spagna e dall’Ungheria. L’esperimento, durato circa trenta anni (primo trentennio dell’Ottocento), nel territorio reale di Ficuzza, dove era anche presente una stazione di monta pubblica, ha lasciato un prezioso patrimonio genetico cavallino, che oggi si sta cercando di recuperare, con molta fatica, tra i cavalli presenti in Sicilia.
Giovanni Giardina, nel trattare della presenza dell’uomo e le sue tracce nella Foresta di Ficuzza, ha focalizzato l’evoluzione della vegetazione forestale dai conflitti bellici, durante i quali erano stati effettuati fortissimi tagli, ai nostri giorni dove sono evidenti le opere di ricostituzione grazie al costante impegno dell’ex Azienda Foreste, oggi Dipartimento Sviluppo Rurale e Territoriale. L’uomo ha inciso non solo come operatore attivo impegnato nel lavoro di ricostituzione del tessuto forestale attraverso interventi selvicolturali anche di natura economica per ricavare carbone, legna da ardere e paleria, ma anche come allevatore, nevaiolo e raccoglitore di prodotti naturali. Secondo Giardina, oggi la gestione della riserva determina le condizioni per un approccio uomo – natura legato alla possibilità di ottenere servizi ecosistemici che garantiscano la salvaguardia della grandiosa biodiversità presente e permettano ai fruitori di godere di servizi un po’ diversi dal passato e sempre più fortemente richiesti.
Tommaso La Mantia, illustrando i prodotti del bosco di Ficuzza, la storia e l’attualità tra economia e biodiversità, ha messo in evidenza quanto la straordinaria ricchezza di diversità biologica, paesaggistica, culturale della Riserva Naturale di Ficuzza sia dovuta alla storia naturale e antropica. L’azione dell’uomo ha modificato gli ecosistemi originali creando alcuni habitat che sono oggi inseriti nella direttiva habitat come le sugherete e i castagneti. La tutela del patrimonio biologico, paesaggistico e culturale della riserva oggi passa necessariamente per una gestione attiva che tuteli e conservi la diversità a scala di paesaggio intervenendo, ad esempio, sulle radure e sui pascoli invasi dagli arbusti trasformandoli in pascoli alberati, valorizzando le risorse forestali come ad esempio il legno, frutto degli interventi di gestione ordinaria e straordinaria, e il sughero.
Antonino Di Grigoli, illustrando le produzioni casearie del Territorio di Ficuzza, ha qualificato le produzioni casearie del territorio limitrofo al bosco di Ficuzza con particolare riferimento al Caciocavallo Palermitano, noto anche con il nome di Caciocavallo di Godrano, come produzione di eccellenza della tradizione regionale, prodotto con latte crudo di bovine allevate prevalentemente al pascolo e con tecnica di caseificazione tradizionale. Ha sottolineato con dati scientifici come la modalità di ottenimento del formaggio, maggiormente onerosa in termini di costi di produzione rispetto alle produzioni ottenute nei caseifici industriali, influenzi positivamente le caratteristiche sensoriali, la qualità igienica e sanitaria e le proprietà nutrizionali e salutistiche. Tale migliore qualità dovrebbe essere meglio sfruttata in futuro per valorizzare maggiormente il prodotto al fine di incentivarne la produzione e mantenere questa strategica attività economica nel territorio caratterizzato, fra le altre cose, da fenomeni di spopolamento.
Mario Liberto, manifestando la sua forte passione per la valorizzazione del mondo rurale siciliano, ha trattato la cultura alimentare della foresta come connubio tra tradizione, natura e sapori autentici. Ha evidenziato la funzione del bosco in una nuova visione improntata sulla multifunzionalità, rimarcando quindi la necessaria di una sinergia per il raggiungimento di un’ideale economia circolare dei boschi indicando soluzioni e modalità di gestione delle attività connesse. Si è soffermato in particolare sulla potenzialità produttiva alimentare del bosco, con una specifica gastronomia del bosco e delle sue delizie. In ultimo ha percorso il ruolo delle “donne del bosco” che da sempre hanno arricchito la fantasia di grandi e piccini.
Antonio Paladino, a cui sono rimaste le conclusioni dell’interessante incontro, ricco di spunti e frutto di acute riflessioni, ha “disegnato” un prossimo futuro da costruire con una forte interazione tra pubblico e privato, quindi, tra Ente gestore, aziende del territorio e comunità locali, concretizzando un modello di sviluppo che anche grazie alle professionalità presenti, porti lontano dall’oblio e dall’abbandono. Lo si deve ai giovani siciliani.