La guerra dei pastori e degli allevatori meridionali, malcontento anche in Sicilia
Mentre continua la trattativa tra il Governo e i rappresentanti dei pastori sardi, la protesta arriva in Sicilia. Scendono per le strade i pastori e gli allevatori siciliani con due manifestazione: la prima venerdì mattina con concentrazione lungo la statale 624 Palermo-Sciacca organizzata dai pastori trapanesi con i collegi delle province di Palermo e Agrigento, la seconda per domenica organizzata dall’Unione degli Allevatori di Sicilia a Troina.
La causa della protesta scaturisce dal pezzo del latte che oscilla tra i 62 e i 67 centesimi al di sotto del costo di produzione, mentre i pastori chiedono una remunerazione a litro di almeno un euro.
Mentre gli allevatori, a loro volta, chiedono con forza il rilancio del settore zootecnico elemento strategico per rilanciare le aree interne siciliane, attraverso gli aiuti dell’indennità compensativa e del biologico.
“Abbiamo gli stessi problemi dei nostri colleghi sardi – ha detto Domenico Bavetta, portavoce della protesta – con il nostro latte viene fatto il pecorino romano, eppure il nostro prodotto viene pagato pochissimo, appena tra i 62 e i 67 centesimi, mentre dall’altro lato il latte in polvere viene importato dall’estero”. La protesta, nata sui social, ha già raccolto numerose adesioni, soprattutto nell’area del Belice, dove sono tanti coloro che lavorano producendo latte e formaggi, così come accade nei monti sicani.
A Santo Stefano Quisquina il caso ha coinvolto l’amministrazione comunale che ha dimostrato solidarietà ai pastori, condividendo le ragioni della protesta. Nel paese montano che fa parte del circuito “Le vie dei formaggi” dove hanno sede tante aziende di prodotti caseari.
Intanto nella giornata di giovedì il senatore siciliano del Pd, Davide Faraone, ha presentato un’interrogazione per sapere quali interventi intende intraprendere il ministero dell’Agricoltura, al fine di tutelare il latte delle due isole oggi in rivolta, attraverso un sistema di controllo nei processi di produzione e sulla remunerazione del prodotto alimentare. “La ribellione contro il prezzo del latte, partita dalla Sardegna – ha dichiarato – è arrivata anche in Sicilia, dove i pastori esasperati hanno iniziato ad aprire i rubinetti delle vasche e rovesciare i bidoni. Il latte siciliano, al pari di quello sardo, non può essere penalizzato dai flussi commerciali esteri e da chi abusa della propria forza contrattuale superiore, ed è per questo che appare fondamentale e giusto consentire anche ai piccoli allevatori una adeguata e incisiva partecipazione alle scelte del mercato”.
“Il malcontento che sta montando in queste ore in Sicilia era prevedibile, non ci sorprende. Sui nostri pastori ed allevatori gravano, oltre al prezzo basso a cui viene acquistato il loro latte altri problemi che finiscono col pesare ulteriormente sulle loro tasche”. Lo dice in una nota la Cia Sicilia Occidentale a proposito della protesta già scoppiata nelle ultime ore per le strade dell’isola. “C’è tanto malumore, stanno nascendo numerosi comitati spontanei di protesta e in questa lotta dobbiamo essere tutti coinvolti – spiega il vice presidente Salvino Nasello, responsabile del gruppo zootecnia della Cia – c’è un divario non più sostenibile tra costi e ricavi, il prezzo del latte è ai minimi storici, 64-65 centesimi al litro. Colpa anche di una rete viaria da terzo mondo, che ci costringe a fare prezzi sempre più bassi per non far scappare gli acquirenti che devono affrontare un calvario per venire a prendersi il latte e il trasporto è a carico di chi compra. Oltre a queste enormi difficoltà, non ci sono più fondi per i nuovi bandi del Psr per le indennità compensative, un sostegno di vitale importanza per centinaia di aziende. Bandi riservati a chi come noi opera nelle zone svantaggiate e che dovrebbero avere una cadenza annuale, mentre l’ultimo risale al 2017”.
“Un tavolo tecnico per scongiurare l’emergenza sociale della zootecnia. Il presidente Musumeci dia ascolto agli allevatori siciliani rendendoli veri protagonisti del comparto e valorizzando le esigenze degli unici custodi della terra”. A chiederlo è la deputata regionale del Movimento 5 Stelle all’Ars Elena Pagana che invita il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci a voler convocare un tavolo tecnico con gli allevatori siciliani. “Dalla Sardegna – spiega Pagana – sta montando una protesta che rischia di essere seguita in Sicilia, sebbene le motivazioni dei pastori sardi siano in parte diverse, rispetto alle esigenze del nostro comparto zootecnico. Sono veramente preoccupata per la difficile congiuntura che stanno vivendo i nostri allevatori anche a causa di una politica che sino ad oggi non ha adottato misure utili al settore. Nello specifico, i nostri allevatori necessitano di un premio di produzione che valorizzi le carni siciliane, della possibilità di poter effettuare le transumanze per garantire gli allevamenti allo stato brado e di aiuti da parte dell’Europa tramite l’attivazione ad esempio della misura 14 del PSR Sicilia, ovvero la cosiddetta del ‘benessere animale’, alla quale si deve lavorare per attivarla alla prossima programmazione. Pensiamo a tutti i formaggi DOP siciliani: Quanti sono gli allevatori che producono nel proprio stabilimento? Sono pochissimi perchè preferiscono vendere il proprio latte pur di non investire in un caseificio per via degli eccessivi costi e l’eccessiva burocrazia. Le istituzioni devono stare vicino agli allevatori e l’unico modo per farlo, è renderli protagonisti delle scelte che li riguardano. Non possiamo rischiare l’emergenza sociale – conclude la deputata – quindi invito il presidente Musumeci a mettere gli allevatori ad un tavolo e lavorare insieme a loro”.
“Ai pastori sardi va dato il merito di aver portato all’attenzione nazionale un problema che è comune alla maggior parte dei comparti produttivi come quello cerealicolo, olivicolo,agrumicolo ed ortofrutticolo”. E’ quanto affermato dal presidente della Confagricoltura siciliana, Ettore Pottino in merito alla dura presa di posizione dei colleghi della Sardegna.La situazione siciliana presenta infatti molti punti in comune con quella della Sardegna. Prezzi in picchiata e offerta in costante eccedenza.
I costi, secondo le ultime rilevazioni ISMEA , sono sistematicamente al di sotto dei prezzi alla produzione riconosciuti alla parte agricola, che sta operando in una situazione di deficit costi/ricavi. Una situazione che dipende sia dagli effetti perversi della globalizzazione, dalla concorrenza di Paesi europei con significativo differenziale economico che dai rapporti all’interno della filiera.
Per il presidente di Confagricoltura Sicilia è quindi necessario intervenire con una serie di misure per salvaguardare la filiera dell’allevamento ovino, misure che dovrebbero nello specifico prevedere:
• un ristoro immediato per ridare liquidità agli allevatori colpiti dalla crisi;
• un incentivo per ettaro a favore degli allevatori, finalizzato a migliorare la quantità e la qualità della produzione di proteine vegetali valorizzando erbai, prati e prati-pascoli;
• interventi di ritiro per fini umanitari delle eccedenze di prodotto.
Misure queste che servono solamente a tamponare la grave crisi del momento. A medio termine è invece necessario iniziare a programmare le produzioni a denominazione di origine che dovranno essere ottenute in un quadro di completa trasparenza e conoscenza dei dati di produzione e commercializzazione, che vanno a loro volta costruiti con un sistema di tracciabilità completa. La programmazione dovrà essere realizzata in piena collaborazione tra trasformatori e allevatori e prevedendo anche obiettivi realistici, in linea con gli andamenti di mercato e comunque prevedendo sanzioni efficaci e dissuasive per chi contravviene agli obiettivi fissati.
Per il presidente Pottino la soluzione definitiva al problema va comunque trovata all’interno della nuova PAC (Politica Agricola Comune) post 2020 di cui si stanno configurando i nuovi contorni introducendo un premio a favore degli ovini nati ed allevati nei territori della comunità e che dispongono di idonee certificazioni sanitarie, un premio che sia congruo per compensare la differenza di prezzo della produzione nazionale rispetto a quella estera.