L’Agricoltura conservativa: una scelta sostenibile basata su fondamenta scientifiche

L’eterno dibattito tra sostenitori e detrattori dell’aratura trova spazio anche nel nostro giornale, con opinioni variegate e posizioni legittime. Oggi ci basiamo su un articolo di Roberto Guidotti apparso su Il Contoterzista per esplorare motivazioni scientifiche alla base di una scelta agricola che sta guadagnando terreno: l’agricoltura conservativa.

Il termine “conservativa” deriva dalla capacità di questa pratica di sfruttare al massimo le potenzialità naturali del suolo agricolo per rigenerare una struttura simile a quella presente in natura, seppur non identica. L’obiettivo primario è ridurre le perdite di elementi nutritivi per dilavamento o percolazione, creando uno strato di suolo permeabile e ricco di sostanza organica.

Il fulcro dell’agricoltura conservativa è la limitazione del disturbo causato dalle lavorazioni, permettendo ai microrganismi e alla microfauna presenti naturalmente nel terreno di svolgere il loro ruolo. Gli enzimi prodotti da questi organismi sono cruciali per la decomposizione di residui organici, facilitando la creazione di aggregati stabili che mantengono il terreno areato, permeabile e resistente all’erosione.

I residui colturali, se lasciati in superficie o leggermente interrati, rilasciano composti organici che si legano alle particelle minerali, migliorando la capacità del suolo di assorbire e scambiare nutrienti in modo lento e costante. Questo processo aiuta a evitare il rapido passaggio dei nitrati nelle falde acquifere, riducendo il rischio di inquinamento.

L’agricoltura conservativa si basa su sei principi fondamentali: equilibrio tra apporto e degradazione di sostanza organica; attività intensa di microrganismi e fauna terricola; riduzione delle lavorazioni; mantenimento di uno strato fertile, areato e permeabile del terreno; controllo accurato dei passaggi per prevenire il compattamento; ripristino della fessurazione naturale e della permeabilità del suolo.

I risultati ottimali dell’agricoltura conservativa richiedono tempo poiché dipendono dalla decomposizione della sostanza organica e dalla creazione di un nuovo equilibrio strutturale. Pertanto, è un investimento a medio termine che richiede una pianificazione accurata sin dalla raccolta della coltura precedente e una gestione oculata dei residui colturali.

Gli agricoltori che abbracciano l’agricoltura conservativa riportano un aumento del tasso di sostanza organica, una maggiore stabilità strutturale del suolo e una diminuzione degli effetti dannosi del calpestamento. Questo approccio favorisce la formazione di un terreno ben strutturato e salutare, migliorando la circolazione dell’acqua e riducendo il rischio di danni dovuti alle attività umane.

In conclusione, l’abbandono delle pratiche tradizionali a favore dell’agricoltura conservativa non è solo una scelta sostenibile, ma anche una decisione basata su solide fondamenta scientifiche che possono portare a benefici a lungo termine per l’ambiente e la produzione agricola.