Agroalimentare e Zootecnia

Carne, Fontanesi (Unapros): segmentare le produzioni e ripensare le Dop

«Così come sono, le Dop della suinicoltura sono da ripensare. La filiera del Made in Italy deve individuare strategie comuni per rilanciare i consumi e soprattutto dare competitività e redditività lungo il percorso della produzione».

Il messaggio è di Lorenzo Fontanesi, presidente di Unapros, l’associazione di op che producono circa due milioni di suini, circa il 20 per cento della produzione nazionale. L’Ufficio stampa di Eurocarne lo ha intervistato, in vista di Eurocarne, il salone triennale della carne (10-13 maggio 2015), al quale Unapros parteciperà, portando il proprio contributo al dialogo interprofessionale. «Credo che il valore aggiunto di Eurocarne sia proprio quello di condensare in un unico luogo fisico, per quattro giorni e con l’autorevolezza di Veronafiere, tutti gli anelli delle diverse filiere della carne, non solo il settore suinicolo – dichiara il numero uno di Opas e Unapros – ma per questioni di calendario a Verona auspico sia una tappa di verifica di un percorso già intrapreso. C’è più di un anno davanti e la suinicoltura non ha tutto questo tempo davanti».

Presidente Fontanesi, come sta andando l’allevamento dei suini in Italia?

«A marzo, secondo i dati del Crefis, la redditività dell’allevamento è peggiorata, seppure dello 0,3 per cento, rispetto al mese precedente. Hanno inciso in particolare due fattori: l’aumento dei costi di produzione e i listini al ribasso. Quello che preoccupa è l’andamento dei prosciutti Dop, che rispetto allo scorso anno risentono di una flessione della redditività superiore al 10 per cento. È spiazzante, significa che la qualità delle Dop non sempre paga. In questo momento, ad esempio, no. Eppure parliamo di prodotti che tutto il mondo ci invidia».

Come invertire una rotta piuttosto anomala?

«Bisogna che la filiera si interroghi su quale prodotto vuole il consumatore italiano e quello straniero e da lì impostare un ragionamento di produzione quali-quantitativa che risponde alle esigenze del mercato. Inutile soffermarsi su vecchi schemi. Anche perché il trend numerico ha registrato un calo delle scrofe, dei suini e conseguentemente anche delle produzioni a marchio. Quindi la strada della diminuzione delle produzioni non ha dato i risultati sperati, anzi».

Qual è la risposta di Unapros? Cosa vogliono i consumatori?

«Ce lo siamo chiesti recentemente in un paio di occasioni, confrontandoci con tutti gli attori che costituiscono la produzione e la trasformazione del suino. In Italia vince la tradizione, mentre all’estero è preponderante il concetto del prodotto “light”, magari pre-affettato per un consumo più veloce».

Segmentare le produzioni diventa fondamentale, dunque.

«Esattamente. Bisogna ripensare profondamente le Dop, preso atto dei risultati poco soddisfacenti, e seguire l’esempio spagnolo, che per i prodotti più conosciuti è riuscito a proporre offerte variegate, dalle standard a quelle per così dire deluxe. Con la qualità che si fa in Italia e con l’export che continua a crescere, come ha recentemente rilevato Assica anche nel 2013, credo che sia un’ipotesi da prendere seriamente in considerazione».

In che modo?

«Un’opportunità da prendere in seria considerazione è il sistema di qualità nazionale, come percorso parallelo di valorizzazione della carne e della coscia, con destinazione verso più mercati e più consumatori».

Mercato interno o export?

«Entrambi, indubbiamente. Tenendo ben presenti che ci rivolgiamo a destinatari diversi, ma ritengo equamente interessati a prodotti Made in Italy di qualità. Possiamo contare su un suino più magro, come le analisi del Crpa di Reggio Emilia hanno evidenziato. Questo significa meno grassi saturi e benefici anche sul piano salutistico, aspetto tenuto in molta considerazione soprattutto nei Paesi anglosassoni e Nordeuropei».

Lei ha detto che bisogna ripensare le Dop, il fondatore di Eataly, Oscar Farinetti, ha sostenuto nei giorni scorsi che è opportuno superare il concetto delle denominazioni d’origine e puntare unicamente sul Made in Italy. Condivide?

«Dovrei approfondire la posizione di Farinetti. Di primo acchito, come allevatore, mi pare un discorso un po’ avventato, anche se, ripeto, così com’è oggi il sistema delle Dop non funziona e va necessariamente ridisegnato. Detto questo, bisognerebbe conoscere meglio le intenzioni di Farinetti. Però, se promuovere il Made in Italy significa etichettatura anche all’origine, definizione completa di tutti i vari processi della produzione, trasparenza, lo possiamo valutare. Ma non penso che si possa su due piedi abbandonare le Dop per uno slogan generalizzato».

Fonte: Servizio Stampa Veronafiere