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Canapa: una pianta dalle cento virtù

Per molti italiani, l’approvazione in via definitiva al Senato lo scorso 22 novembre del disegno di legge 2144 «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», ignorantemente, ha fatto gridare allo scandalo.

L’approvazione del predetto disegno di legge, riguarda, però, la canapa industriale, cioè la stessa pianta che è stata demonizzata nell’ultimo secolo e additata semplicemente come droga, e che in realtà è una pianta straordinaria dalle virtù eccezionali capaci di creare occupazione e sviluppo.

Solo per fare un esempio: la storia del manifatturiero italiano e il suo primato di qualità nel mondo, passa attraverso la coltivazione della canapa. All’inizio del 1900, prima dell’avvento del proibizionismo, in Italia si coltivavano più di 100mila ettari di canapa, mentre nel 2015 ne abbiamo coltivati poco più di 3mila.

 

La storia

Il centro di origine della canapa è concordemente indicato nell’area compresa fra il mar Caspio, l’Himalaya, la Cina e la Siberia. Le prime notizie sull’utilizzo della Canapa (Cannabis sativa L.)  risale al periodo neolitico. La presenza in Cina della coltura risale a 4.500 anni a.C. Secondo Schultes (1970), la canapa si diffuse nell’Asia occidentale e nell’Egitto nel periodo 1000-2000 a.C. In Europa fu introdotta dagli Sciiti intorno al 1500 a.C. In Italia la coltura è segnalata da Lucilio un secolo prima di Cristo.

È generalmente accettata l’ipotesi secondo cui, la canapa, sia giunta nelle Americhe dopo Colombo; tuttavia alcuni scienziati hanno trovato residui di cannabis, nicotina e cocaina in numerose mummie (1500 d.C.) scoperte in Perù.

Negli anni antecedenti l’ultima guerra mondiale la coltivazione della canapa interessava in Italia circa 100.000 ettari. Nell’immediato dopoguerra rimanevano in coltura ancora 50.000 ettari, ma negli anni Settanta la decisiva concorrenza delle fibre sintetiche ha drasticamente confinato la canapa a poche centinaia di ettari. Indubbiamente, il declino della coltura non è da imputare esclusivamente alla concorrenzialità esercitata dalle fibre sintetiche. Un ruolo determinante hanno avuto la mancata meccanizzazione della coltura e soprattutto le inumane condizioni di lavoro che le tecniche di macerazione tradizionali imponevano.

La coltivazione agricola della canapa,  molto diffusa nelle zone medio-europee, per la sua facilità a crescere anche su terreni difficili da coltivare con altre specie di piante (terreni sabbiosi e zone paludose nelle pianure dei fiumi), era utilizzata per la grande quantità di prodotti che se ne ricavavano: soprattutto fibre tessili, carta e corde dai fusti, olio dalla spremitura dei semi, e mangime e altri prodotti commestibili per il bestiame produttivo dalle foglie e dai semi.

Le terre italiane dove era presente la coltivazione di canapa erano Bologna e Ferrara. Si deve a Vincenzo Tanara l’avere descritto la tecnica colturale della canapa. Grazie alla qualità delle sue canape l’Italia, secondo produttore mondiale, assurse a primo fornitore della marina britannica. Con la diffusione delle navi a carbone cominciò il tramonto della produzione, causando nelle province canapicole una lenta ristrutturazione di tutte le rotazioni agrarie che durò un secolo.

Dopo la colonizzazione dell’India e la rivoluzione agricola negli stati meridionali del nordamerica, l’aumento della produzione di tessili di cotone e juta, meno costosi, provocò una ulteriore diminuzione della coltivazione della canapa. Dopo la prima guerra mondiale le corde di sostanze sintetiche sostituirono pian piano le corde di canapa e si sviluppò la tecnica per produrre carta dal legno.

Durante la seconda guerra mondiale, la produzione medioeuropea e mediterranea aumentava velocemente, perché le fibre tessili e gli oli sativi erano più costosi. In più, esisteva l’esigenza di materie prime contenenti molta cellulosa da  cui poter ricavare esplosivi ottenuti producendo nitrocellulosa.

Negli anni trenta ci fu un rinnovato interesse per gli usi industriali della canapa: vennero studiati nuovi materiali ad alto contenuto di fibra, materie plastiche, cellulosa e carta di canapa. Con l’olio si producevano già in grande quantità vernici e carburante per auto. In quegli anni il magnate dell’automobile Henry Ford costruì un prototipo di automobile (la cosiddetta Ford Hemp Body Car[49]) in cui parte della carrozzeria era realizzata in fibra di canapa rendendo l’auto molto più leggera della media delle auto allora diffuse. Inoltre il motore funzionava a etanolo di canapa. Negli anni trenta la tecnologia eco-sostenibile della canapa appariva quindi in grado di fornire materie prime a numerosi settori dell’industria.

Tali presupposti non furono però confermati, si sarebbero invece costituiti interessi che si contrapponevano all’uso industriale della canapa. In particolare, la carta di giornale della catena Hearst era fabbricata a partire dal legno degli alberi con processi che richiedevano grandi quantità di solventi chimici a base di petrolio, forniti dalla industria chimica Du Pont. La Du Pont e la catena di giornali Hearst si sarebbero quindi coalizzate e con una campagna di stampa durata anni la cannabis, da allora chiamata con il nome di “marijuana”, venne additata come causa di delitti efferati riportati dalla cronaca del tempo. Il nome messicano “marijuana” era stato probabilmente scelto al fine di mettere la canapa in cattiva luce, dato che il Messico era allora un paese “nemico” contro il quale gli Stati Uniti avevano appena combattuto una guerra di confine. “Marijuana” era un termine sconosciuto negli USA, l’opinione pubblica non sarebbe stata adeguatamente informata del fatto che il farmaco dalle proprietà rilassanti chiamato “cannabis” corrispondesse alla “marijuana”. Nel 1937 venne quindi approvata una legge che proibiva la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa, incluso a scopo industriale o medicamentale. Da allora negli USA e nel resto del mondo sono state arrestate centinaia di migliaia di persone per reati connessi al consumo, alla coltivazione o alla cessione di canapa. Un effetto del proibizionismo è stato quello di ridurne l’uso medico e industriale.

 

Caratteristiche vegetali

La cannabis (Linnaeus, 1753) o canapa appartiene alle angiosperme della famiglia delle Cannabaceae.

La Cannabis sativa è la pianta storicamente più diffusa in occidente, comprendente diverse varietà e sottospecie; secondo altri studiosi, invece, si distinguono tre specie, C. sativa, C. indica e C. ruderalis.

Fra la maggioranza dei botanici e sulla base di recenti studi citologici, prevale la tendenza ad ascrivere al genere Cannabis la sola specie “sativa” nell’ambito della quale si distinguono due tipi: uno nordico ed uno meridionale che corrisponde alle canape indiane. Nel tipo nordico rientrano le varietà coltivate per la produzione di fibra, che sono caratterizzate da taglia alta e da ridotta ramificazione. Al tipo meridionale si ascrivono le canape da droga, dalle quali si ottiene l’hashish, caratterizzate da bassa statura e accentuata ramificazione.

La canapa è diploide con 2n = 20. Prevalentemente è dioica con sesso maschile eterogametico (XY). Tuttavia, il controllo della espression e del sesso non è ancora completamente conosciuto, in quanto si hanno linee e varietà monoiche XX, XY e YY. L’espressione del sesso è inoltre notevolmente influenzata da fattori ambientali, quali la durata del giorno. In particolare, la riduzione delle ore giornaliere di luce favorisce la monoecia; l’aumento della durata delle ore di luce determina tendenza verso l’espressione fenotipica maschile; effetto analogo si verifica in seguito ad apporti elevati di fertilizzanti azotati.

I due tipi nordico e meridionale sono distinguibili anche per via chimica; attraverso analisi gas cromatografiche che mettono in evidenza il differente contenuto in cannabidioli, cannabinoli e tetraidrocannabinolo (THC), secondo una metodologia messa a punto dall’Istituto Superiore di Sanità a cura di Toffoli, Avico e Signoretti Ciranni, il contenuto di principi attivi, a effetto allucinogeno, nelle varietà di canapa coltivate per fibra è i rrilevante.

 

Caratteristiche botaniche

La pianta ha accrescimento molto rapido e porta a termine il ciclo in pochi mesi, con ciclo primaverile estivo. La radice  è fittonante, con fusto eretto, alto sino a 4-5 metri, angoloso, tranne che nella parte basale, più o meno ramificato, con nodi poco evidenti.

Le foglie sono in prevalenza opposte, la prima coppia di foglie vere è di forma ellittica, le successive palmato-sette, con segmenti lanceolati dentati, in numero di 3-7-9 sino a 11, provviste di lungo picciolo, con stipole piccole, acuminate e caduche. Nella parte bassa del fusto le foglie si presentano opposte, nella parte alta invece tendono a crescere alternate, soprattutto dopo il nono/decimo nodo della pianta, ovvero a maturazione sessuale avvenuta (dopo la fase vegetativa iniziale, nota popolarmente come “levata”).

I fiori maschili sono riuniti in pannocchie ascellari, i femminili appaiati all’ascella di brattee fogliacee. Salvo rari casi di ermafroditismo, le piante di canapa sono dioiche e i fiori unisessuali crescono su individui di sesso diverso. I fiori maschili (staminiferi) sono riuniti in pannocchie terminali e ciascuno presenta 5 tepali fusi alla base e 5 stami.

I fiori femminili (pistilliferi) sono riuniti in gruppi di 2-6 alle ascelle di brattee formanti corte spighe; ognuno mostra un calice membranaceo che avvolge strettamente un ovario supero e uniloculare, sormontato da due stili e due stimmi.

Il frutto è un achenio, ma in pratica viene chiamato «seme»; di colore bruno marezzato, contiene circa il 30% di un olio semi essiccativo.

II seme germina in 5-7 giorni; temperatura minima di germinazione: 7-10 °C; peso di 1.000 semi: gr 20-22; peso ettolitrico: kg 52-55′.

Dopo circa due mesi, dalla semina, si ha l’inizio della fioritura nelle piante maschili, mentre in quelle femminili si ha un ritardo di circa una settimana.

La pianta germina in primavera e fiorisce in estate inoltrata. L’impollinazione è anemofila (trasporto tramite il vento). In autunno compaiono i frutti, degli acheni duri e globosi, ciascuno trattenente un seme con un endosperma carnoso ed embrione curvo.

 

Tecnica colturale

Il periodo ottimale per effettuare le semine si colloca fra la fine di marzo e i primi giorni di maggio. Semine tardive portano a una riduzione della statura delle piante, tanto più accentuata quanto maggiore è il ritardo e conseguente minore la produzione unitaria di bacchetta. La fittezza di semina è determinante ai fini quantitativi e qualitativi. Si suggerisce l’impiego di 60 kg/ha di seme e distanza tra le file di 15-18 cm, che consente un numero di piante per mq, alla raccolta, fra 100 e 200 (R. Boldoni, L. Giardini).

Tali investimenti evitano l’ottenimento di bacchette caratterizzate da diametri eccessivi e quindi consentono maggiore facilità nell’esecuzione delle operazioni di raccolta. È, tuttavia, da sottolineare che la canapa è una specie particolarmente delicata nel periodo dell’emergenza. Fenomeni di incrostazione del terreno o carenze idriche post-semina possono ostacolare le nascite e favorire fallanze. In queste situazioni, poiché risulta minore la competizione intraspecifica, le piante presenti assumono notevole sviluppo in altezza, ingrossano i fusti e il numero di ramificazioni aumenta.

La forte velocità di crescita congiunta al notevole sviluppo in altezza, conferisce alla canapa una spiccata capacità competitiva nei riguardi delle infestanti dalle quali si difende senza l’impiego di diserbanti.

Dal punto di vista trofico la canapa  si dimostra particolarmente sensibile all’azoto. In caso di limitate disponibilità azotate la velocità di sviluppo risulta estremamente ridotta e, ove si verifichino condizioni di carenza, si manifesta rapidamente una riduzione del contenuto di clorofilla, facilmente rilevabile dalla intensa decolorazione della vegetazione, fino a pervenire, in casi estremi, a fenomeni di clorosi. Le dosi di fertilizzanti più comunemente apportate comprendono 150 kg/ha di NJt 150 kg/ha di P2Of e 100 kg/ha di K20. R. Boldoni, L. Giardini

Nei riguardi della natura dei terreni la canapa è una specie relativamente eclettica. Tuttavia, a causa della scarsa dotazione azotata, tipica dei terreni sabbiosi, se ne sconsiglia la coltura in simili situazioni pedologiche, al fine di evitare più massicci apporti di fertilizzanti e quindi maggiori costi. Analoga prudenza è da adottare nel caso di terreni caratterizzati da prevalenza di costituenti argillosi, per i già citati pericoli di difficoltà alla emergenza.

Il ricorso alla irrigazione può essere considerato superfluo nelle condizioni colturali del nord. Nell’Italia meridionale ed insulare si sono dimostrati sufficienti volumi stagionali dell’ordine di 3.000 m3/ha. Inferiori gli apporti idrici nelle zone dell’Italia centrale (Campania, Molise, Lazio) dove si riducono a 1500 mVha/anno.

La durata del ciclo varia in funzione del tipo di produzione. La raccolta può, infatti, essere effettuata o in corrispondenza della piena fioritura femminile (prima quindicina di agosto), oppure alla maturazione degli acheni (seconda metà di settembre), allorché, oltre alla bacchetta, si intenda ottenere anche la produzione di seme. La raccolta, secondo le precedenti tecniche colturali ormai abbandonate, veniva eseguita a mano, come manuali era  no tutte le gravose operazioni di macerazione, che prevedevano l’essiccamento delle piante in campo e il successivo trasferimento ai maceri dove le piante rimanevano sommerse in acqua per circa 8 giorni all’azione di fermenti pectinolitici per l’isolamento delle fibre liberiane che costituiscono la fibra. La successiva separazione meccanica della fibra dal legno (canapulo) veniva effettuata, sempre manualmente, previo essiccamento delle bacchette dopo la permanenza nei maceri. Oggi le tecniche di raccolta e le operazioni di macerazione descritte sono totalmente abbandonate per la gravosità e onerosità che comportano.

 

Miglioramento genetico e scelta varietale

Fino a qualche decennio dietro erano inscritte al registro varietale della Comunità Europea una decina di 10 varietà, di cui 5 italiane (Carmagnola, CS, Eletta Campana, Fibranova, Superfibra, tutte dioiche) e 5 francesi (Fedora 19, Fedrina 74, Felina 34, Fibrimon 24, Fibrimon 56, tutte monoiche). La preferenza data dai canapicoltori francesi alle monoiche non ha trovato riscontro nelle condizioni colturali italiane, come dimostrano i risultati ottenuti in prove di confronto varietale condotte a cura dell’Ente Nazionale Cellulosa e Carta, negli anni 1976 e 1977 in Emilia, Molise, Campania, Sardegna. La superiore capacità produttiva manifestata dalle cultivar dioiche italiane, rispetto alla monoiche francesi, conferma la proficuità del lavoro di miglioramento genetico condotto.

Si può, pertanto, affermare che, qualora l’industria cartaria fosse interessata alla massiccia utilizzazione della bacchetta, il materiale genetico disponibile, unitamente alle tecniche agronomiche messe a punto, sono valida garanzia per il rilancio della coltivazione della canapa su larga scala.

Il lavoro di miglioramento genetico condotto in Italia e all’estero ha perseguito l’obiettivo di incrementare il contenuto percentuale di fibra. I risultati ottenuti hanno prevalentemente riguardato le canape dioiche. Più recentemente in Francia sono state realizzate, e si sono diffuse in coltura, canape monoiche esclusivamente destinate all’industria cartaria.

Tutte le specie (o varietà che siano) di cannabis possono infatti essere incrociate fra loro e generare semi che daranno vita a ibridi fertili. Questa possibilità permette di generare varietà ibride F1, incrociate a percentuale variabile fra indica e sativa, il che fa sì che si possano creare ulteriori ibridi fra le nuove sottospecie stabili, aprendo la possibilità a un enorme numero di combinazioni differenti. Ibridare due piante di varietà differenti e riuscire a stab ilizzare la nuova varietà (permettere cioè che i caratteri dominanti e recessivi si mantengano poi inalterati ai discendenti se l’esemplare è accoppiato con uno della medesima varietà) consente di selezionare le caratteristiche preferite e dar luogo a innumerevoli varianti, diversissime per aspetto, proprietà organolettiche e psicotrope.

 

L’importanza economica

L’importanza economica e la diffusione della coltura della canapa raggiunsero l’apice nel secolo scorso. Il declino ebbe inizio sia a causa della introduzione massiccia sul mercato di fibre tessili alternative, quali il cotone, sia per la diffusione della navigazione a vapore e la conseguente riduzione nella richiesta di cordami e velature.

In Italia tale tecnica di coltivazione non ha ancora trovato diffusione, e la superficie a canapa interessa circa 200 ettari. In Francia, per contro, la coltura si è diffusa su circa 10.000 ettari e la produzione è assorbita totalmente dall’industria cartaria.

Secondo quanto prevede la legge gli ambiti di utilizzo consentiti per la canapa coltivata sono: alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; materiale destinato alla pratica del sovescio; materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; coltivazioni destinate al florovivaismo. Vediamo i principali utilizzi di questa pianta:

 

Settore Alimentare. Il seme di canapa ha un contenuto di proteine pari al 20/25%, e contiene, inoltre, tutti e 9 gli amminoacidi essenziali per il corpo umano. Contiene l’acido linoleico omega-6 e l’acido alfalinoleico omega-3, che sono acidi grassi essenziali, nel giusto rapporto per l’organismo umano. Inoltre sono presenti vitamine, fitosteroli, caroteni e minerali.

Dalla spremitura a freddo dei semi si può ricavare un olio ad uso alimentare e cosmetico che è considerato un vaccino nutrizionale, nel senso che ha tutte le qualità di un alimento protettivo: se utilizzato quotidianamente aiuta ad esempio a rafforzare il sistema immunitario e a far abbassare i livelli di colesterolo.

Dai semi è possibile inoltre ricavare farine per la creazione di prodotti da forno dolci e salati. I semi di canapa costituivano un ingrediente tradizionale di molte cucine orientali (ad esempio in Nepal) e di alcune zone della Russia, che li impiegavano in una sorta di farinata, tipicamente nei periodi di carestia. Il seme di canapa infatti fornisce all’uomo un altissimo nutrimento, tanto che poche fonti vegetali possono competere con il suo valore nutrizionale. La farina ricavata dalla macinazione del seme della canapa può essere usata anche per fare una pasta in tutto simile a quella di grano tenero, ma dal colore più scuro.

La composizione proteica del seme di canapa è a ogni modo unica nel regno vegetale, ed è tra le fonti vegetali più ricche di acidi grassi polinsaturi. Il 65% delle proteine sono globuline edestine; il contenuto di edestina, eccezionalmente alto, combinato con l’albumina, altra proteina globulare presente in tutti i semi, rende immediatamente disponibili tutti gli amminoacidi. Le proteine del seme di cannabis permettono poi di ottenere il massimo nutrimento per chi soffre di tubercolosi, e altre malattie che provocano un blocco del sistema digestivo.

Gli estratti di semi di canapa, come quelli di soia, possono essere insaporiti per avere il gusto di pollo, di carne di manzo, o di maiale, e possono essere usati per produrre una sorta di tofu, panna o margarina, a un costo inferiore di quello dei fagioli di soia. La germinazione di qualsiasi seme aumenta il suo valore nutrizionale, e anche il seme di canapa può essere maltato e usato come ogni altro nelle insalate o nelle ricette. Dai semi è possibile ricavarne il latte (con sapore simile alla nocciola) come i fagioli di soia. Possono infine essere macinati e usati come farina, oppure cotti, addolciti e mescolati con il latte per farne una nutriente colazione, simile alle creme di avena o di grano. Questo tipo di farinata è nota come gruel, cioè quasi una farinata d’avena.

I semi contengono oltre a proteine e carboidrati – circa 30% – un olio molto ricco di acidi linolenici senza alcun effetto psicoattivo. L’olio ha un gusto fortemente linolico e viene ancora usato come olio speziato.

 

Sottoprodotto dei semi. Il sottoprodotto dei semi pressati per estrarre l’olio è un agglomerato altamente proteico. Questo agglomerato è stato uno dei principali mangimi per animali fino al secolo scorso. Il seme di canapa può fornire una dieta quasi completa per tutti gli animali addomesticati (cani e gatti), per molti animali da fattoria e il pollame, e permette il raggiungimento del loro massimo peso con un costo inferiore a quello dei mangimi impiegati. E senza bisogno di usare steroidi per la crescita artificiale e altri farmaci potenzialmente tossici.

 

Carta. L’uso della fibra di canapa per produrre carta risale a più di 2000 anni fa. Attualmente, solo il 5% della carta mondiale viene fatta da piante annuali come la canapa o il lino. Ma agli albori della stampa la carta di canapa ebbe un ruolo preminente: la prime copie della Bibbia stampata da Gutenberg furono prodotte con questo tipo di carta e gli originali delle Costituzioni americana (1776, nella foto) e francese (1791) sono scritte su carta di canapa. Fare la carta con la fibra e il legno della canapa comporta importanti vantaggi: innanzitutto per la sua enorme produttività in cellulosa, infatti un ettaro di canapa produce, in pochi mesi, la stessa cellulosa prodotta da 4 ettari di foresta in decenni. Altro vantaggio è la bassa percentuale di lignina rispetto al legno degli alberi, che ne contengono circa il 20% oltre ad un’analoga percentuale di sostanze leganti. Il processo che conduce ad ottenere le microfibre pulite di cellulosa, e quindi la pasta per la carta, prevede l’uso di grandi quantità di acidi che servono per sciogliere il legno: un procedimento costoso e inquinante che non è affatto necessario con la carta di canapa ottenuta dalla sola fibra. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco e la carta che se ne ottiene è già stampabile, mentre i composti chimici utilizzati per sbiancare e trattare la carta ottenuta della fibra di legno, sono dannosi. La possibilità della canapa nasce quindi da un forte motivo ambientale, oggi che tutte le foreste primarie d’Europa, e la maggior parte di quelle americane, sono state distrutte anche per produrre la carta. Per quella di canapa non è mai troppo tardi. Le nuove prospettive offerte alla canapa dalla industria cartaria, che utilizza integralmente la bacchetta come materia prima nella preparazione di carte speciali e di nuovi prodotti, quali i cosiddetti «tessuti non tessuti», consentono la meccanizzazione integrale della raccolta e la eliminazione della macerazione. È così possibile effettuare il taglio con l’impiego di normali falciatrici, leggermente modificate per favorire la caduta delle piante recise (bacchette) in andane e la successiva pressatura, effettuata con comune imballatrice, dopo alcuni giorni di essiccamento naturale in campo. Per favorire l’essiccamento e anche al fine di ottenere presse di peso specifico più elevato, possono essere utilizzate falcia- condizionatrici, opportunamente modificate rispetto alla versione standard. Si è, inoltre, dimostrato proficuo l’impiego di rotoimballatrici. Attualmente, l’industria cartaria ha aperto nuove prospettive alla coltivazione della canapa, in quanto la pasta termomeccanica da canapulo si è rivelata adatta alla fabbricazione di alcuni tipi di carte, mentre le paste da tiglio sono prodotte con nuovi e più vantaggiosi processi. Le cartiere hanno la possibilità di lavorare lo stigliato verde, con un contenuto di canapulo residuo di circa il 15%, oppure la bacchetta di canapa tal quale (con tutto il canapulo) previa cottura e successiva separazione delle fibre. Con la prima metodologia di produzione, rimangono a carico dell’imprenditore agricolo le operazioni di stigliatura e occorrono particolari attrezzature per la preparazione dello stigliato verde. La produzione di bacchetta ottenibile per ettaro adottando la tecnica di coltivazione descritta, in condizioni colturali favorevoli e con l’impiego di idonee varietà, si attesta fra i 120 e i 150 q/ha.

 

Bio-Edilizia. Attorno ai materiali da costruzione naturali si può e si deve sviluppare una nuova edilizia, più in sintonia con l’uomo e attenta all’ambiente. Il contributo delle costruzioni in materiali vegetali alla salvaguardia ambientale deriva essenzialmente dalla capacità di non immettere, ma di “sequestrare”, biossido di carbonio. Per vivere, le piante convertono CO2 e acqua negli idrocarburi di cui esse sono costituite. Questo componente inquinante viene sequestrato all’atmosfera e fissato nei tessuti delle piante. La canapa è un’ottima fissatrice di CO2. Al netto delle emissioni di trasporto e lavorazione, un metro quadro di muratura in canapa e calce ha sequestrato all’aria 35 chilogrammi di biossido di carbonio. Il composto di calce e canapa può essere utilizzato per una varietà di esigenze di costruzione che spaziano dalla muratura portante a quella divisoria, per arrivare alla pavimentazione. Oltre ad essere anche loro carbonio-negativi, i biomattoni hanno proprietà isolanti e capacità naturali di regolazione dell’umidità. La canapa unita alla calce garantisce un buon isolamento e minimizzazione dei ponti termici, recuperi passivi di calore da energia solare e sorgenti interne, tenuta all’aria esterna e ventilazione meccanica ad alta efficienza. Altra caratteristica è l’ottima resistenza meccanica e la riduzione dei costi energetici per mantenere temperatura e umidità costanti.

 

Bio-Plastiche. La plastica derivata dal petrolio ha i giorni contati. Esistono già diverse plastiche realizzate con cellulosa e fibre di canapa che possono costituire dal 50 al 100% del materiale. La fusione delle fibre di canapa nella plastica riduce la quantità di materiale derivato dal petrolio e migliora le qualità complessiva del prodotto: la bioplastica derivata dalla canapa è molto più resistente del polipropilene e l’utilizzo di queste fibre al posto di equivalenti sintetici elimina tutti i problemi legati ai rischi per la salute e allo smaltimento del materiale. Le diverse formule per ottenere materiali plastici compositi con la canapa permettono di ottenere differenti caratteristiche di resistenza, riciclabilità e biodegradabilità. In Italia la start-up Kanèsis ha da poco brevettato una termoplastica ottenuta dai materiali di scarto di 3 processi industriali di trasformazione di altrettante piante, di cui la principale è la canapa. E’ un materiale biodegradabile e compostabile e può essere utilizzato per la stampa 3D.

 

Automobili. Per quel che riguarda la canapa qualche anno fa è stato presentato il BioMat creato dalla Faurecia a partire dal PBS (polibutilene succinato) – che può essere ricavato da un processo di fermentazione dei cereali ed è un poliestere biodegradabile al 100% – miscelato con fibre di canapa per essere rinforzato. Mentre la John Controls ha effettuato studi su canapa, tapioca e patate dopo aver annunciato di aver messo a punto una nuova tecnologia di stampaggio plastico, che include fibre vegetali nel compostaggio dei pezzi delle automobili. Secondo loro questi materiali ridurrebbero il peso del 40%, rendendo le auto più resistenti del 30% rispetto alle normali carrozzerie in metallo. Senza dimenticare la Kestrel, auto ecologica in canapa costruita dalla Motive Industries, o il fatto che si può trovare la canapa in auto prodotte da Audi, BMW, Ford, GM, Chrysler, Mercedes, Lotus e Honda, tra gli altri. Auto elettriche come la BMW i3 fanno molto affidamento su questo materiale col quale sono realizzate le portiere che risultano più leggere del 10% rispetto a quelle realizzate con materiali tradizionali. Senza stare a scomodare la mitica Hemp Body Car, il prototipo di auto costruito da Henry Ford nel 1941 in bioplastica derivata dalla canapa e alimentata con etanolo di canapa

Bio-Carburanti. Fino alla fine del 1800 in America il combustibile più utilizzato era un derivato dell’olio di canapa. Non produceva scorie e le famiglie potevano produrlo in autonomia per alimentare le proprie lampade. La stessa Hemp Body Car, di cui abbiamo parlato sopra, era alimentata da etanolo di canapa. In funzione della sua alta resa in massa vegetale, la canapa è considerata ideale per la produzione di combustibili da biomasse come l’etanolo, considerato il carburante del futuro. Questo tipo di carburante alternativo al petrolio può essere prodotto su larga scala attraverso processi di pirolisi o fermentazione, in assenza di ossigeno. Dalla canapa è possibile ottenere anche una sorta di biodiesel di origine naturale che può essere sostitutivo parziale e per intero agli odierni gasoli, nafte e derivati. Il biodiesel deriva dalla transesterificazione degli oli vegetali effettuata con alcol etilico e metilico: ne risulta un combustibile puro, rinnovabile a bassissimo impatto ambientale, come per l’ etanolo.

 

Tessile. Il tessuto per abbigliamento, arredamento, corde e tappeti, si ricava dalla fibra lunga della pianta di canapa. Come tessuto, grazie alla sua fibra cava, la canapa rimane fresca in estate e calda in inverno. Ha proprietà antibatteriche e antifungine ed è in grado di assorbire l’umidità del corpo, tenendolo asciutto e assorbe i raggi infrarossi e gli UVA fino al 95%. La resistenza agli strappi è tre volte maggiore a quella del cotone e tra le fibre naturali è quella che meglio resiste all’usura. Richard Fagerlund, studioso che ha oltre 40 anni di esperienza nella gestione di specie nocive per le piante, ha di recente spiegato che: “La coltivazione del cotone è probabilmente il più grande inquinante del pianeta poiché, occupando solo il 3% dei terreni agricoli del mondo, esige il 25% dei pesticidi utilizzati in totale. Le sostanze chimiche vanno nelle acque sotterranee e il veleno non ha come bersaglio solo gli insetti, ma tutti gli organismi, compresi gli esseri umani. Inoltre la fibra di canapa è più lunga, più assorbente, resistente e isolante della fibra di cotone”. Sempre a livello di coltivazione il cotone per crescere, richiede circa il doppio dell’acqua rispetto alla canapa. Purtroppo in Italia, avendo saltato completamente la fase della meccanizzazione nel corso del Novecento, oggi di canapa tessile e di tessuti derivati non c’è produzione. Il tessile è da sempre considerato l’oro verde della canapa, perché è il prodotto con il maggior valore aggiunto. Per ripristinare il settore varrebbe la pena incentivare eventuali trasformatori e produttori.

 

Cosmetica. L’olio di canapa presenta un rapporto veramente ottimale (1:3) tra i due acidi grassi essenziali più importanti: Omega 3 e Omega 6 e ne abbiamo rimarcato l’importanza per la nostra alimentazione. Per quello che riguarda invece l’utilizzo cosmetico, che incrocia in vari modi l’utilizzo alimentare e terapeutico come coadiuvante in diverse patologie, in particolare è da far notare la presenza elevata dell’acido γ-linolenico, che svolge un ruolo importante nella fisiologia e fisiopatologia della pelle, e dei tocoferoli, che sono un potente antiossidante naturale. Lenitivo e riequilibrante, è inoltre un olio ricco di vitamina E, che combatte i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento precoce, e di vitamine del gruppo B (in particolare B1, B2, B6). Nell’olio di canapa i tre grassi acidi essenziali indicati sopra sono presenti in media tra il 60 e il 75% del totale e gli conferiscono proprietà antinfiammatorie e rigeneranti, che aiutano per il trattamento e la prevenzione di malattie della pelle come ad esempio l’eczema; pubblicazioni scientifiche ne supportano l’uso in condizioni di pelle secca come psoriasi e xerosi ed è inoltre utile per mitigare le irritazioni cutanee e per evitare o ridurre la formazione di cicatrici. Può essere usato anche localmente in caso di arrossamenti cutanei applicandolo localmente e massaggiando la parte interessata, oppure sui capelli ancora umidi, come impacco rivitalizzante (lasciare in posa almeno 10 minuti). Nella medicina umana e veterinaria le foglie e soprattutto i fiori erano molto utilizzati per vari scopi fra i quali, ad esempio, l’uso antinfiammatorio e sostituivano in quel periodo molti dei farmaci presenti oggi sul mercato. Con la canapa si possono produrre anche cosmetici come creme, shampoo e saponi.

 

Benefici per l’ambiente. La canapa fa bene all’ambiente semplicemente crescendo. Abbiamo visto sopra le sue capacità di sequestrare CO2 dall’atmosfera, 4 volte tanto rispetto agli alberi. Sommiamo poi i vantaggi che avremmo fermando la deforestazione, se utilizzassimo la canapa (pianta annuale) invece che foreste che per crescere ci mettono 3o anni, per produrre la carta di cui abbiamo bisogno. Pensiamo all’inquinamento che ci risparmieremmo sia nelle lavorazioni industriali, sia nello smaltimento, se utilizzassimo bio-platiche al posto delle plastiche altamente inquinanti, bio-carburanti al posto di benzina e diesel (che inquinanti sia durante l’estrazione di petrolio, sia durante la trasformazione e sia durante l’utilizzo) e bio-mattoni per costru  ire e isolare le case. Già così il mondo sarebbe diverso. La filiera della canapa non produce rifiuti realmente inquinanti o difficili da smaltire, e non causa danni ecologici, apportando contemporaneamente un miglioramento nell’ambiente in cui viene coltivata. Essa rappresenta infatti un modello di sviluppo sostenibile che comporta l’abbattimento delle emissioni di gas serra, la riduzione dell’inquinamento locale e globale, compreso quello del suolo, fino all’istituzione di una vera e propria economia sostenibile a scala globale e duratura. Inoltre, semplicemente venendo coltivata, la canapa attiva un processo di fitobonifica, miglioramento della fertilità dei suoli, azione di contrasto alla deforestazione e desertificazione e contribuisce al miglioramento del terreno come diserbante naturale.

 

Applicazioni Antibatteriche. Una società del Colorado sta usando la canapa per combattere la diffusione delle infezioni da stafilococco negli ospedali. Il motivo è che dalla canapa si ottiene un tessuto antibatterico, al contrario di cotone e tessuti in poliestere, in cui è noto che i batteri sopravvivano giorni e addirittura mesi. Varie sostanze chimiche che si trovano nella canapa hanno dimostrato di possedere proprietà antibatteriche e antifungine. Il tessuto di canapa della EnviroTextile è ancora in fase di sviluppo, ma ha già mostrato risultati promettenti nei test di laboratorio iniziali.

 

Nanomateriale per stoccare energia. Il grafene è spesso pubblicizzato come il futuro delle nanotecnologie essendo il materiale più sottile, più forte, e più leggero mai realizzato. Ma come si comporta la canapa a confronto? A quanto pare, è ancora meglio. All’inizio di quest’anno un gruppo di ingegneri chimici dell’University of Alberta ha trasformato le fibre di canapa in un nanomateriale con proprietà simili al grafene, ma con un costo finale molto più basso. Inoltre nell’ambito di dispositivi di accumulo di energia come batterie e condensatori, il nanomateriale in canapa ha mostrato “proprietà elettrochimiche di stoccaggio superiori” rispetto al grafene.

 

Fienagione. Con la seconda tecnica di produzione, che implica la consegna della bacchetta tal quale imballata, tutte le operazioni di raccolta sono semplificate al massimo e non sono necessarie attrezzature aziendali particolari, essendosi dimostrate idonee, con lievi modifiche, le normali macchine impiegate per la fienagione.

 

Metaboliti secondari Il contenuto di metaboliti secondari vincola la tassonomia in due sottogruppi o chemiotipi a seconda dell’enzima preposto nella biosintesi dei cannabinoidi. Si distingue il chemiotipo CBD, caratterizzato dall’enzima CBDA-sintetasi che contraddistingue la canapa destinata a usi agroindustriali e terapeutici e il chemiotipo THC caratterizzato dall’enzima THCA-sintetasi presente nelle varietà di cannabis destinate a produrre inflorescenze e medicamenti. L’ibrido f1 manifesta la contemporanea presenza di entrambi i maggiori cannabinoidi CBD e THC confermando l’aspetto politipico della cannabis. I preparati psicoattivi come l’hashish e la marijuana sono costituiti dalla resina e dalle infiorescenze femminili ottenute appunto dal genotipo THCA-sintetasi. Tale sottogruppo fu coltivato fino alla seconda metà del secolo scorso, nonostante fosse stato proibito nella decade ’20-’30 l’uso come medicina (ma affrontando la questione terapeutica nei casi previsti impiegando tinture o estratti fitogalenici). Tali genotipi, fino ad allora, erano, per così dire, “domesticati” (se confrontati con i valori odierni), venendo impiegati nella costituzione di ibridi altamente produttivi utilizzati in campo industriale.

 

Birra Da qualche anno qualche imprenditore ha incominciato a produrre artigianalmente birra con canapa industriale o tessile che dir si voglia, quindi in maniera assolutamente legale (aspetto da non sottovalutare). “La mia idea è stata usare una base di birra Pilsner e aggiungere in bollitura della Canapa, niente di più semplice. Ho fatto asciugare la canapa raccolta per circa una settimana dopodiché ho staccato i fiori e li ho messi da parte. I fiori sono pieni di semi, ho lasciato attaccati anche quelli. Il risultato è assolutamente tutto da provare visto che la cotta l’ho eseguita solo qualche giorno fa ma nel frattempo volevo condividerla con voi. Aspetteremo qualche mese per dire se è stato tempo perso oppure, intanto per chi fosse interessato… http://www.birrapertutti.it/birra-alla-canapa/”

 

Parassiti

I principali parassiti della cannabis sono il ragnetto rosso e gli aleurodidi. Il ragnetto rosso è un piccolo acaro che vive solitamente sulla lamina inferiore delle foglie, dove depone le sue uova e può arrivare a formare colonie molto numerose.

Gli aleurodidi, chiamati comunemente mosche bianche, secernono con il movimento delle ali una finissima polvere bianca che si può notare scuotendo la pianta. Le deiezioni delle larve tendono a coprire la lamina inferiore delle foglie, su cui vivono, facendo sì che esse assumano un aspetto lucido e colloso.

                                                           

 Bibliografia

Per realizzare la presente monografia, sollecitata da molti operatori dopo l’articolo “Canapa, c’è la legge ma manca la filiera” del 31 dicembre 2016 – Sicilia Agricoltura, sono state utilizzate le seguenti fonti bibliografiche:

L’Informatore Agrario n. 45/2016;

Cannabis, Da Wikipedia, l’enciclopedia libera;

R. Boldoni, L. Giardini, Coltivazioni Erbacee, Canapa di G. Rebora, Patron Editore, Bologna, 1984

www.canapaindustriale.it/…/canapa-ecco-i-principali-utilizzi-della-pianta-dalle-mille-risorse/

https://www.greenme.it/informarsi/…/9962-canapa-utilizzi

www.usidellacanapa.it/canapa/proibizionismo.php

www.usidellacanapa.it/canapa/risorsa.php

www.assocanapa.org/

www.foodsativa.com/it/content/8-la-canapa

www.greenstyle.it/canapa-proprieta-e-utilizzi-105917.html

http://www.cure-naturali.it/prodotti-naturali/1942/canapa/3759/a

https://www.molinispigadoro.com/magazine/news/rassegna-stampa-farina-di-canapa/

Un pensiero su “Canapa: una pianta dalle cento virtù

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