L’Ue boccia la Pac italiana

“E’ tutto sbagliato, è tutto da rifare”. Così avrebbe detto l’amato Gino Bartali riguardo la valutazione della Commissione europea rispetto al Piano strategico sulla Politica agricola comune (Pac) 2023 -2027, che l’Italia aveva presentato lo scorso 31 dicembre ai funzionari di Bruxelles.

In sintesi, il Piano italiano non convince la Commissione, la quale lo giudica incompleto e poco coerente con le strategie europee, inoltre gli obiettivi ambientali risultano sufficienti, con una redistribuzione dei sussidi iniqua e una burocrazia eccessiva.

La Commissione, evidenzia che il Piano favorirebbe le aziende della pianura Padana in particolare l’agroindustria e la zootecnia superintensiva, a discapito degli imprenditori delle aree rurali meridionali, tra l’altro, più bisognevoli di aiuti. Per questo motivo i funzionari di Bruxelles chiedono “una più ambiziosa convergenza interna e redistributiva”.

Ed ancora, la tutela ambientale, che è uno dei pilastri della nuova Pac, si integra poco con il patto sull’ambiente noto come Green deal. “È probabile che il piano proposto non contribuisca in modo sufficiente ed efficace a questo obiettivo generale”, scrive l’esecutivo europeo, “in particolare per quanto riguarda l’acqua, l’aria, i nutrienti e la biodiversità nei terreni agricoli e nelle foreste, nonché la riduzione delle emissioni”. Si chiede inoltre di apportare “miglioramenti significativi” per aumentare l’incameramento del carbonio.

Per la produzione biologica, viene valutato positivamente l’obiettivo del 25% nel 2027, ma il nostro Paese è invitato a chiarire le azioni concrete per raggiungere tale obiettivo.

Per quanto riguarda le sostanze inquinanti la Commissione sollecita quindi a compiere ulteriori passi, sfruttando il potenziale offerto dall’agricoltura di precisione, dall’efficienza energetica e dal passaggio dalla concimazione minerale a quella organica.

Tali azioni, secondo il governo dell’Ue, consentono di preservare la capacità produttiva, ridurre i costi e migliorare l’impatto ambientale e climatico dell’agricoltura. Mancano nel Piano dettagli su come rafforzarle e svilupparle gli interventi al fine di realizzare una produzione sostenibile e più indipendente dall’estero.

Una nota di plauso arriva per le scelte relative alla gestione del rischio e gli sforzi per ridurre la dipendenza dalle importazioni di alcuni prodotti agricoli, come le colture proteiche, in tal senso, la Commissione ha apprezzato lo sforzo scelto dall’Italia.

Una nota dolente è anche quella rivolta all’inadeguatezza del “caporalato”, consuetudine diffusissima nei campi italiani, in particolare del Meridione. La Commissione evidenzia che: “Alla luce dell’altissimo tasso di irregolarità (oltre il 55%) affrontare la questione è fondamentale per garantire la stabilità economica, la competitività e la sostenibilità sociale delle aziende agricole italiane”.

Altre due sollecitazioni arrivano per la digitalizzazione delle zone rurali su cui l’Italia dovrebbe investire, per migliorare la conoscenza di chi lavora in agricoltura e ridurre l’isolamento di queste aree. Secondo i funzionari europei, “in questo contesto è fondamentale completare la copertura della banda larga ad alta velocità fino all’ingresso di ogni nucleo familiare nelle zone rurali, comprese le aree scarsamente popolate che sono quelle più a rischio di spopolamento”; l’altra sollecitazione riguarda la sburocratizzazione chiedendo la strategia di semplificazione e di descrivere come verrà ridotta. Bruxelles chiede di garantire la possibilità per tutti i potenziali beneficiari di richiedere autonomamente il sostegno della Pac, senza la necessità di rivolgersi a servizi esterni a pagamento.

Anche per i tanti dibattuti eco-schemi arriva un giudizio negativo. La Commissione non reputa evidenti i benefici di quelli proposti dall’Italia, dato che le azioni previste non differiscono molto rispetto a quelle richieste in generale agli agricoltori per poter accedere ai normali fondi europei. L’eco-schema sugli uliveti, ad esempio, viene definito un “intervento settoriale”, scollegato dall’obiettivo di tutela degli elementi caratteristici del paesaggio ad elevata diversità.

Allora? “E’ tutto sbagliato, è tutto da rifare”. Lo sostengono anche le17 associazioni ambientaliste e votate all’agroecologia, tra cui il Wwf, Greenpeace e Slow Food, che avevano già denunciato come “gli eco-schemi proposti si risolvessero più in misure compensative per alcuni settori che, con la nuova Pac, perderanno parte dei loro privilegi storici”. “La zootecnia, evidenziano le organizzazioni, recupererebbe circa la metà dei fondi stanziati per tutti gli eco-schemi, con misure che vanno nella direzione opposta rispetto a quella della tutela ambientale e della riduzione dell’uso di antimicrobici”.

Ora la palla passa al Ministero per apportare le sostanziali modifiche e integrazioni. La nuova Pac dovrebbe entrare in vigore nel 2023, dopo due anni di regolamentazione transitoria, dal momento che le attuali regole in vigore scadranno il 31 dicembre 2022.