Olio, Maurizio Servili e le “olive scarto 0”

Maurizio Servili, docente di Scienze e Tecnologie Alimentari all’Università di Perugia, tra i più autorevoli punti di riferimento della ricerca in Italia nel settore olivicolo-oleario, intervistato da Sicilia Agricoltura è tornato su di uno degli argomenti del momento riguardane il futuro dell’olivicoltura italiana: “Olive a scarto 0”, o filiere a “zero waste” zero sprechi, organizzate secondo la struttura dell’economia e dell’agricoltura cosiddetta “circolare”. Intervista che è stata integrata con un ulteriore articolo del medesimo Professore sul giornale “Mangimi&alimenti”. Si tratta di una modalità che consente di: “Sviluppare al meglio l’utilizzazione dei sottoprodotti dell’oliva, non tanto per fini energetici, quanto piuttosto per indirizzi salutistici, farmaceutici ed anche cosmetici”.

L’evoluzione tecnologica ha modernizzato tutte le fasi dei processi produttivi

Si tratta di un cambiamento culturale che arriva grazie all’immissioni di nuovi processi e di un significativo miglioramento delle fasi estrattive. Per Servili: L’evoluzione tecnologica ha coinvolto tutte le fasi dei processi produttivi: i frangitori, con i martelli sostituiti da coltelli, dischi o addirittura pettini, i denecciolatori, gli scambiatori di calore rapidi sia per il riscaldamento che per il raffreddamento delle paste, gli ultrasuoni, i campi elettrici pulsati, le gramolatrici in alto vuoto, gli estrattori. Questa nuova tecnologia è servita a migliorare le rese, aspetto importante dal punto di vista economico, ma anche per migliorare la qualità del prodotto.

Acqua di vegetazione

Nell’ambito dell’economia circolare, un altro prodotto da valorizzare – sempre per Servilli – “è l’acqua di vegetazione e le sanse. La resa dell’estrazione dell’olio è pari al 13% del peso delle olive. Cosa facciamo degli altri prodotti della molitura, 87% circa. Di questo 87%, un 20% del peso della drupa viene recuperato per la valorizzazione energetica. Cosa facciamo del 57% circa di residuo?

Si tratta di acque e sanse dove troviamo i fenoli bioattivi che sono il 98% di quelli presenti nel frutto che non vengono utilizzati, molecole che hanno proprietà salutistiche, sensoriali, farmaceutiche e legate alla cosmetica con potenzialità impressionanti. Fino ad oggi li abbiamo considerati problemi per inquinamento e impatto ambientale, considerati veri e propri rifiuti il cui smaltimento incide sul fatturato. Viceversa questi sottoprodotti possono diventare dei “co-prodotti” in grado valorizzare e di incrementare la redditività e, al contempo, di ridurne l’impatto sull’ambiente.

I sottoprodotti delle acque di vegetazione

I sottoprodotti che ne derivano dalla molitura dell’olio di oliva estratto con un processo di centrifugazione utilizzando decanter a tre sono:

  • acque di vegetazione
  • sansa

estratto con un processo di centrifugazione utilizzando decanter a due otteniamo:

  • sansa umida (detta anche paté)

Impiego delle sanse di oliva

Tra le varie opportunità d’impiego delle sanse di oliva è sicuramente quello zootecnico. L’utilizzo della sansa di oliva nell’alimentazione degli animali è di recente sperimentazione, ma gli studi effettuati sugli ovini (Mele et al., 2014; Luciano et al., 2014; Pallara et al., 2015), sui bovini da carne (Estaún et al., 2014) e sui conigli (Dal Bosco et al., 2012) hanno dimostrato le interessantissime potenzialità di utilizzo in relazione al miglioramento della qualità nutrizionale della carne. Nella sansa di oliva residua troviamo una discreta quantità di olio (circa il 10%) con un’ottima composizione in acidi grassi; inserendola nella razione degli animali si riesce a migliorare la qualità nutrizionale del grasso intramuscolare della carne (Mele et al., 2014).

“Per molti studiosi l’utilizzo della sansa vergine di olive nell’alimentazione degli animali in produzione zootecnica presenta quindi più di un lato positivo. Per prevedere l’utilizzo delle sanse in ambito zootecnico, occorre quindi disidratare le sanse umide. Al fine di evitare la perdita della componente polifenolica presente è necessario che la temperatura sia controllata. Uno dei più efficaci metodi è quello dell’essiccazione su letto fluido (Servili et al. 2011).

Il secondo aspetto da considerare è che l’elevato contenuto di lignina del nocciolino potrebbe determinare una riduzione della digeribilità della razione. Anche dopo l’operazione di denocciolatura il contenuto di ADL della sansa rimane infatti prossimo al 20% sulla sostanza secca. La sansa di olive denocciolata ed essiccata può quindi inserita con relativa tranquillità nella razione degli animali anche se bisogna aver cura di non superare certi limiti. Ad esempio nella specie suina ed in particolare nella razza Cinta Senese, sono stati sperimentati quantità di sansa pari al 25% della sostanza secca della razione (che corrispondono a circa il 7% di ADL sulla sostanza secca della razione), senza che si siano registrati effetti negativi sull’accrescimento degli animali (Serra et al. in press). Nell’alimentazione dell’agnello sono stati verificati quantità di sansa nella razione addirittura superiori: 35% della sostanza secca corrispondenti a circa l’8% di ADL nella razione (Mele et al. 2014)”.

Utilizzo della sansa per incrementare la conservabilità della carne e dei prodotti trasformati

La sansa trova anche impiego per incrementare la conservabilità della carne e, soprattutto, dei prodotti trasformati (Serra et al. in press). La perossidazione degli acidi grassi e del colesterolo può produrre infatti diverse sostanze che hanno un impatto negativo sulla sicurezza, e sulle caratteristiche nutrizionali ed organolettiche dei prodotti. Un approccio alternativo all’uso di additivi sintetici durante la lavorazione, è quello di integrare la dieta dell’animale con ingredienti in grado di apportare una significativa quantità di sostanze ad azione antiossidante. In questo senso la sansa può rappresentare un’opzione più che promettente; nella sansa di oliva residua infatti una vasta gamma di sostanze con capacità antiossidanti come, caroteni, antociani, tocoferoli e polifenoli; addirittura il 98% dei polifenoli contenuti nel frutto si ritrova nelle acque di vegetazione e nelle sanse (Dejong e Lanari, 2009). Certe sostanze polifenoliche rappresentato sicuramente un elemento caratterizzante l’oliva.

Additivi alimentari utilizzati durante il processo di lavorazione

Per limitare e controllare la presenza di microrganismi patogeni e per proteggere le carni lavorate dalla perdita di colore e dall’ossidazione e/o l’irrancidimento e per aumentare la stabilità microbiologica e come regolatori di acidità vengono utilizzati additivi, secondo il regolamento UE n.601/2014 “preparazioni di carne cui sono stati aggiunti ingredienti diversi da additivi o sale” per le quali è autorizzato, quantum satis, l’impiego di additivi ad azione antiossidante. Gli additivi consentiti sono: acido acetico e acetati (E260-263), acido lattico e lattati (E270, E325-327), acido ascorbico e ascorbati (E300-302), acido citrico e citrati (E330-333). All’idrossitorosolo ed al tirosolo presenti nell’olio sono attribuiti inoltre effetti antibatterici a largo spettro ma non nei confronti dei batteri lattici. Questo può essere visto come un ulteriore aspetto positivo in considerazione dell’importanza che i batteri lattici assumono nei processi di maturazione, e di stagionatura di molti prodotti alimentari.