La cultura del buon cibo di Alfio Visalli

Tra gli interventi dei vari relatori succedutesi nel corso della due giorni del “Bio in Sicily” tenutasi a Bagheria, grande curiosità ha destato la relazione dello chef catanese Alfio Vissalli dal titolo: “Dittatura alimentare, il ruolo di noi operatori del settore alimentare, la trasparenza, e la frode che purtroppo ancora oggi si subisce”. Un argomento che è sempre di attualità e presente sulle pagine di siti web e giornali specializzati che si occupano di cibo, ma anche dai commensali presenti a tavola.

Dal suo intervento è prevalso la consapevolezza che per Visalli la qualità è la prerogativa principale della sua attività lavorativa. Una scelta appassionata, sincera e coscienziosa, con la cognizione che il buon cibo è in pericolo e che bisogna invertire ogni divagazione o distrazione, soprattutto in cucina. Una cucina che quotidianamente sta perdendo l’identità e con essa anche la qualità di un tempo.

Tra le battaglie di Visalli è conosciuta e apprezzata quella sulla cultura delle conservazione naturale dei cibi; per Alfio: “Il prezzo più basso e la conservabilità di un alimento per un periodo più esteso, non fa parte della mia cultura e del mio modo di concepire l’alimentazione”. E se qualcuno gli chiede perché la cucina non è più come quella di una volta, la sua risposta è perentoria, e in un catanese stretto dice: ”Ad esempio, i iaddini nun mangianu chiù furmento d’amuri (granoturco) e scagliu”. A significare come i polli e le uova non hanno le prerogative qualitative di una volta perché mangiano alimenti molto discutibili.

Il suo modo di fare cucina è la sapiente coniugazione di: tradizione e innovazione. “Cucinare non vuol dire snaturare gli alimenti e allora che ben vengano le basse temperature per non distruggere la oro parte proteica e vitaminica”, così come: “bisogna salvaguardare la nostra storia, la nostra cultura e evitare la banalità che pervade le cucine di molti esercizi”.

Lo Stracotto di tonno, Lacrime di mare, Risotto sicano, e tanti altri piatti che elenca sono creazioni della mistura del buon senso fatta di tradizione e innovazione. Piatti che ripropongono antichi sapori e sapere come l’alga mauro (Chondrachantus teedei), un’alga rossa filamentosa che cresceva in abbondanza sugli scogli vulcanici e rappresentava una specialità tipica del litorale catanese, o fichi ianchi, la bottarga di tonno e tanti altri alimenti trascritti nel registro dei sapori antichi oramai dimenticati.

Parlando con Visalli ti accorgi che è un personaggio eclettico, capace di assemblare diverse attività e diversificarsi rispetto a tanti altri suoi colleghi. Parla di cucina e alimenti con passione e impegno; il suo messaggio è quello di far prendere ai suoi colleghi e ai consumatori la consapevolezza che la cucina è a rischio e che bisogna farla tornare sui propri passi offrendo qualità e territorialità degli alimenti.

Visalli è cuoco, mastro salatore della nota bottarga di tonno rosso, selezionata dallo chef Ciccio Sultano, docente e creatore insieme all’ amico e socio Salvo Ferlito del Blu Lab Academy, uno “spazio-laboratorio” che consente a colleghi, operatori, amanti del buon cibo di apprendere le tecniche di una buona cucina, ed anche “Conoscenza e divulgazione delle materie prime locali, rispetto della manipolazione e della preparazione degli alimenti”, laboratorio dove insegna anche l’executive chef super stellato Massimo Mantarro del San Domenico Palace di Taormina.
Nel suo intervento nella meravigliosa sala degli specchi di Villa Palagonia Alfio Visalli, “uomo di territorio cresciuto alla vecchia maniera, con una carriera in continua evoluzione fuori dagli ordinari schemi”, richiama tutti alla riflessione contro la globalizzazione forzata che ha dato vita alla “Dittatura alimentare” e richiamando gli operatori del settore alimentare al ruolo responsabile che devono tenere, in particolare: trasparenza e tracciabilità degli alimenti e scagliandosi contro la frode che purtroppo ancora oggi il consumatore subisce.

E’ sembrata “musica per le mie orecchie”, non solo per me, ma anche per tutti i presenti, si è ascoltato qualcosa di nuovo, un intervento fuori dal chiacchiericcio comune di routine, insomma, c’è ancora qualche operatore che crede nel suo lavoro e nel buon cibo e solo per questo possiamo affermare che la speranza del “non ritorno” non è morta.