Frank Sinatra a tavola di nonna Rosa

Una delle cose non più contestabili della vita di Frank Sinatra è la sua origine siciliana. Dopo una serie di depistaggi, creati ad arte da parte dello showmen per non farsi associare al famigerato compaesano Lucky Luciano, si è scoperto che i nonni paterni di Frank: Francesco e Rosa Saglimbeni erano nati a Lercara Friddi, un piccolo paese della provincia di Palermo.
Questa scoperta, riportata nel libro dal titolo “Sinatra /The life” scritto dall’irlandese Antony Summers con la moglie Robbyn Swan, pubblicato qualche anno addietro e mai tradotto in Italia, nel quale mette in luce, con dovizia di particolari e documentazioni di prima mano, le origini del mitico Frank.

Frank Sinatra a tavola

Un altro aspetto che desta curiosità di Sinatra riguarda le sue esigenze alimentari, cioè cosa preferiva mangiare a tavola “occhi azzurri”. Con una mamma d’origine ligure, precisamente di Rosso di Lumarzo, a un tiro di schioppo da Genova, al secolo Natalina (Natalie) Garaventa, che in famiglia e non solo chiamavano Dolly e il papà siciliano Antonio Martino, connubio perfetto, il suo modo di mangiare non poteva che essere in perfetto stile Mediterraneo.
Le due regioni, nonostante nello stivale sono dirimpettaie, distano circa 791,13 Km, unite dal mare che non è mai una separazione, bensì un legame.
La Sicilia e la Liguria, oltre al mare che li accomuna hanno un’analoga cultura mediterranea come: il senso dell’accoglienza, la capacità d’integrazione, il pregio d’ospitalità, ecc. ma sono anche legati da quel filo rosso di tolleranza intelligente che tiene unite, da sempre, le culture orientali e quelle occidentali; caratteristiche che sono presenti in quasi tutte le città marinare, c’è di più, a Genova, porta dell’Europa, “arrivano e muoiono le culture mediterranee”.

I legami tra Sicilia e Liguria

I legami tra Sicilia e Liguria sono millenari. Pare che i Siculi, uno dei primi popoli della Sicilia, fossero di origine ligure. Ed ancora in pochi sanno che il Cinquecento siciliano è costellato dalla presenza anche dei Genovesi in terra di Sicilia. Un rapporto politico ed economico li teneva ben saldi direttamente con il re di Spagna.
Alcune fondazioni di una decina di paesi siciliani, nell’ambito di quella politica spagnola di rivitalizzare le aree rurali con la creazione di “Città nuove” (XVI secolo) si devono ad alcuni commercianti genovesi; tra queste un certo Leonello Lercara fondatore della città di Lercara Friddi, in provincia di Palermo, paese dei nonni di Frank Sinatra.
Si tratta di una immigrazione dettata dalle grande ricchezze presenti nell’Isola. La massima concretizzazione del dominio genovese a Palermo si ebbe con la nascita di un loro quartiere nel cuore della città, tra il porto antico, detto la Cala ed il fiume Carraffo. Riuscirono anche a costruirsi un proprio luogo di culto: la chiesa di San Giorgio dei Genovesi un edificio situato nel centro storico di Palermo, ubicata nel quartiere La Loggia presso La Cala.
Proprio per questi rapporti, la cucina delle due regioni ha molte analogie. Sicuramente i genovesi hanno appreso la modalità di produzione della pasta siciliana, trasferendo la tecnologia in Liguria diventando uno dei poli principali della trasformazione. In Liguria avrà sede la prima Corporazione dei Pastai d’Italia e questo ha certamente giocato un ruolo importantissimo nella diffusione della pasta, sia secca che fresca. Il brandacujùn, piatto a base di stoccafisso e patate fa venire in mente quello messinese. Anche al nord lo preparano ammollando e tagliando lo stoccafisso e cuocendolo a fuoco lento con le patate, con l’aggiunta dell’olio extravergine di oliva, l’aglio, i pinoli e il prezzemolo. Difficile anche capire come sia arrivata nelle terre di levante la focaccia, a fugassa in dialetto ligure, coprotagonista di tutti i pasti, cosparsa con olio extravergine di oliva, ed aromi, mangiata dalla colazione alla cena, leccornia da sempre presente in Sicilia. Della pasticceria tradizionale siciliana fanno parte i genovesi, dolci dalla forma a cappello da prete ricoperti da zucchero a velo, sono fatti di una sottile pasta frolla leggermente croccante e ripieni di crema pasticcera. Pare che l’origine del nome ipotizza un collegamento con la forma del copricapo dei marinai genovesi. Inoltre, la “pasta alla trapanese” pare che possa avere avuto un’influenza del più famoso pesto ligure. Di genovese in Sicilia troviamo anche le zucchine, abilmente utilizzate, in cento maniere, dalle donne siciliane.
Altro piatto che è nella cucina siciliana è il famoso sugo arrivato fino ai giorni nostri con l’appellativo alla genovese, un condimento bianco a base di cipolle e carne di manzo, tipico anche nella cucina napoletana, utilizzato per condire la pasta, tradizionalmente i maccheroni della zita (ziti spezzati a mano) o le mezzane. Il piatto è anche diffuso a Napoli. Molto probabilmente la salsa potrebbe essere stata diffusa da immigranti o commercianti genovesi, e arrivata a Palermo con i mercanti. Il sugo alla genovese non deve essere confuso con la salsa genovese, un condimento di verdure per pesce – e neanche con la sauce génevoise del lago di Ginevra, ancora una volta servita con il pesce.
Il cuoco Mimì (Domenico) Lo Giudice, per vent’anni monzù in casa Mazzarino, a Palermo ricorda un dimenticato pasticcio di san Giuseppe, «una sfoglia ripiena delle verdure di stagione », e che dovrebbe quindi, a occhio, allinearsi con le torte di verdura dei liguri.
Frank è nato e vissuto e si è cibato di questa cultura gastronomica mediterranea. Il suo modo di vivere, di essere, di proporsi, con quel piglio di intraprendenza che contraddistingue gli italiani che volevano a tutti i costi ritagliarsi uno spazio esistenziale in quell’America che prometteva e donava ai più meritevoli e più capaci li ha appresi tutti diventandone anche il simbolo.
Ma Frank nasce e cresce anche tra i profumi e sapori dell’inebriante pesto alla genovese, della pasta con le sarde, della fugassa e della focaccia di Recco, delle arancine, ru pani ca meusa e la panissa, la farinata, le panelle e i cazzilli, la mescia e il bagnun, dell’odore di cannella e dell’ammoniaca, delle pantofole o dei pandolci genovesi, i cannoli e le cassate e tante altre prelibatezze di piatti da riempire una tavolata tanto lunga da congiungere la Sicilia alla Liguria.

Le preferenze alimentari di Frank

Nonostante ha vissuto a Hoboken nel New Jersey, in terra americana avrà sicuramente sperimentato il calore e l’affetto delle famiglie italiane, quelle delle feste comandate, della spensieratezza, del calore familiare, delle nostalgie dei luoghi siciliani lasciati frettolosamente, che di continuo saranno state sussurrati al piccolo Frank da Nonna Rosa e nonno Francesco. Lo stesso, Frank fin da piccolo avrà apprezzato gli odori dei soffritti, dell’aglio pungente o della inebriante cipolla, così come le sfumature di rosso dei pomodori, l’odore del pane caldo fatto in casa, elementi, che come un vissuto avrà portato fisso nella sua memoria.
Analoghe emozioni avrà trovato anche in casa dei nonni materni. Insomma, è presumibile che Frank nasce e vive tra queste culture e nè coglie tutte le prerogative, e come tutti i grandi, dovendosi sedere a tavola era condannato a mangiare.
Francesca Tagliabue in un suo articolo, riporta che coloro che conoscevano abbastanza bene The Voice raccontano che preferisse la cucina italiana, anzi, per essere onesti, quella italo-americana; la cucina di mamma Dolly, alla quale, quando poté farlo, fece costruire una casa nel parco della sua villa a Palm Springs. Pare che le ricette favorite di casa Sinatra furono donate da Dolly a sua nuora Nancy.
Indicazioni e soluzione gastronomiche facenti parte di una cucina, franca, sincera, verace, insomma italo-americana, con cui “occhi azzurri” era cresciuto e che cercava nei ristoranti che amava frequentare. D’altronde è risaputo che preferiamo i piatti legati ai ricordi, soprattutto quelli infantili.
Tra i suoi piatti preferiti c’erano le cotolette di vitello impanate, li adorava, quelli che a Palermo chiamano, similarmente, cotolette ‘a milanisa; li consumava al ristorante e le pretendeva anche a casa, cucinate “dal fedele George Jacobs, una figura incrocio tra cuoco, autista e valletto che vivrà̀ molti anni a casa Sinatra e che Frank si porterà̀ dietro perfino in Italia, perché́ in albergo gli cucinasse, dice Jacobs, “come lui era abituato”.
Sinatra era esigente a tavola, d’altronde aveva ereditato il meglio della cultura gastronomica italiana rivisitata all’Americana. Le costolette e le bistecche li pretendeva sottilissime. Amava anche la bruschetta di pane servita con un filo d’olio, piatto italico presente in quasi tutte le regioni d’Italia, in particolare Sicilia e Liguria dove gli oli e il pane sono insuperabili con l’origano che né determina la marca di mediterraneità.
“Il bacon a colazione lo gradiva morbido e non croccante. Non amava gran parte delle verdure, tranne le sicilianissime melanzane alla parmigiana e i peperoni arrostiti”.
Già, le melenzane o patrociane alla parmiciana, il cui nome non ha niente a che fare con la città di Parma. Melanzane alla parmigiana è il piatto che in Sicilia, basta nominarlo, perché tra gli invitati scaturisca un’ovazione. Piatto simbolo della cucina mediterranea: pomodoro, melanzane, basilico e formaggio grattugiato; quelle melanzane tagliate a fette, fritte, sistemate come listelle di legno, una debolmente sull’altra, simili a quelle delle persiane per riparare gli usci di casa dal sole e della luce, il nome parmigiana deriverebbe proprio dal siciliano parmiciana, così, una dietro l’altra.
Dalle sue preferenze gastronomiche Frank sembra prediligere una cucina semplice, mediterranea, dove la fanno da padrone quegli alimenti semplici, gustosi e genuini.

Pasta with Marinara Sauce

Si racconta, inoltre, che fosse goloso di una particolare piatto: “la sua amata e ormai famosissima Pasta with Marinara Sauce (Pasta con sugo alla Marinara)”, qualche spiritoso in Sicilia avrebbe aggiunto cu i pisci a ‘mmari, perché nonostante la indica come marinara, di pesce non c’è manco l’odore. Comunque sia, questo piatto ricorda molto i piatti della tradizione siciliana, una via di mezzo tra una pasta al pesto trapanese o una carrittera col pomodoro, una prelibatezza che non manca mai nelle tavole dei buongustai nel corso della calda e lunga estate siciliana.
Frank Sinatra all’amica Dinah Shore ha anche indicato a questa ricetta una variante che lui preferiva tantissimo e che la stessa soubrette ha trascritto nel suo libro: “Someone’s in the Kitchen with Dinah”, “Servire con piccoli contorni di fiocchi di peperone rosso e formaggio Romano, pane francese croccante caldo e vino rosso italiano. Non dimenticare la tovaglia a quadretti rossa”.

Salsiccia e peperoni

” L’altra ricetta è la salsiccia e peperoni. Dinah racconta come Frank le ha dato la ricetta per questo mentre la portava all’aeroporto di Palm Springs un giorno a circa 70 miglia all’ora. Dice: “Quando ho raggiunto quella sera casa mia, non vedevo l’ora di provarla. Era buono ma mancava qualcosa. Poi si è ricordato di quel qualcosa che aveva lasciato fuori un bicchiere di vino rosso ”

Le polpette alla genovese di mamma Dolly

Di mamma Dolly apprezzava, non il monotono hamburger, ma qualcosa di più sofisticato: le polpette alla genovese, emblema della ritrovata cucina circolare, che assembla carne tritata con le uova, formaggio, olio extravergine di oliva, mollica di pane raffermo, qualche spicchio d’aglio, noce moscata, pepe bianco, e sale fino q.b. e l’inseparabile ciuffetto di prezzemolo. Formare le polpette è cosa semplice. Grandi poco più di una noce, basta appallottolarle e farle rosolare in padella con un filo d’olio. Per i buongustai aggiungerei qualche cipolletta appassita. Aggiungere un po’ di vino e salare. Più italiano di così non si può. Questo piatto con qualche piccola variante lo troviamo sia in Sicilia che in Liguria). Il signorino raccomandava sempre per la sua bruschetta che: “i pomodori dovevano essere perfetti, come pure l’equilibrio tra aglio, olio e prezzemolo”.
“Una volta, ospite dello show televisivo dell’amica Dinah Shore, che conduceva il Dinah’s Place TV Show negli anni ’70, Sinatra si mise un bel grembiulone preparò per i telespettatori la sua Marinara Sauce, dando anche consigli su come servirla “…accompagnate con, a parte, scagliette di peperoncino e di pecorino romano, separatamente; servite con un francesino ben caldo e croccante e vino rosso italiano. E non dimenticate la tovaglia a quadretti bianchi e rossi!”. Fu un successone”.
Un uomo controverso come lui doveva avere qualche piccola debolezza americanizzata, pare che avesse un debole “per i cheese grilled sandwich (toast al formaggio)”, prelibatezza che facciamo passare come il nostro “pani arrustutu e tumazzu” .

Il pesto alla genovese

Antonino Scuteri di Repubblica racconta una storia di amore tra Frank Sinatra e il pesto genovese.
E’ risaputo che “the voice” andasse pazzo per il pesto alla genovese. Piatto che preparava sua mamma Natalina Garaventa, lei era nata a Rossi di Lumarzo e le tradizioni liguri non sono mai andate perse in famiglia. Il cantante preferiva il pesto, soprattutto quello del ristorante Zeffirino (che in effetti vanta da sempre un forte legame con Sinatra.
Il 17 aprile 1967 nel corso del match valevole il titolo mondiale dei pesi medi versione WBC e WBA, tra Nino Benvenuti contro Emile Griffith tenutosi al Madison Square Garden di New York, Frank Sinatra, che era seduto nei primi posti, conosce Luciano Belloni, appassionato di pugilato ma soprattutto proprietario del ristorante Zeffirino, uno dei templi della gastronomia genovese”. “E’ l’inizio di un’amicizia pluridecennale, ricca di aneddoti, dai piatti preparati da ‘Zeffirino’ nelle cucine di fortuna allestite nel camerino del cantante durante i suoi tour europei, al volo di Sinatra in elicottero da Montecarlo a Genova solo per sedersi al tavolo del ristorante. The Voice era innamorato di quei sapori tipici, e in particolare del pesto genovese, che si faceva spedire ogni due mesi nella sua magione di Malibù. Noblesse oblige, in contenitori di cristallo a forma di casetta. Il profumo intenso del basilico lo riportava, evidentemente, in luoghi amati e legati alla memoria familiare, anche se non ci aveva in realtà mai vissuto”.

A tavola di nonna Rosa

Da piccolo Frank o Ciccineddu o Francuzzu sarà stato invitato da nonna Rosa. Da lercarese doc avrà preparato qualche piatto della terra di origine. Nonna Rosa e nonno Francesco lo avranno tenuto in braccio, coccolato come solo i nonni sanno fare. Ci saranno state quelle lunghe tavolate delle feste comandate e proprio lì, avrà sentito i profumi di interminabili ragù, del condimento dei brusciuluna, polpette di capuliatu o di pani cucinati nella salsa di pomodoro, melanzane alla parmigiana e perché no ‘nfruiliulate, cudduruna, pantofole, quei piatti della tradizione lercarese che il piccolo Frank avrà sicuramente potuto degustare, anche se col tempo, dopo la morte dei nonni e delle zie, avrà perso la possibilità di continuarli a mangiare, ma queste cose non si dimenticano mai, resistono al tempo e si chiama dalle nostre parti ‘u disiu quella voglia che non sono solo ricordi ma fa parte integrante della tua vita.
Jenny Hammerton ha scritto che: “Frank Sinatra, a detta di tutti, era un cuoco molto abile. Naturalmente prediligeva le ricette italiane e si proclamava la prova vivente un uomo che amava tutta la pasta, i sughi e i pani tradizionali d’Italia, nonostante ciò, si manteneva snello e magro”.
Frank Sinatra è anche autore di un libro di cucina: The Sinatra Celebrity Cookbook, pubblicato nel 1996; una raccolta di ricette non solo dalla casa di Frank e di sua moglie Barbara, ma anche dalle cucine di molti dei loro amici famosi. Dean Martin ha offerto antipasti di patate al caviale e Jerry Lewis ha proposto pasta con verdure e pesto, per esempio. Il libro è altamente raccomandato, anche perché i proventi vanno a una causa molto buona, il Barbara Sinatra Center for Abused Children presso l’Eisenhower Medical Center di Rancho Mirage, in California.

Vino e whiskey di Frank

I vini preferiti da Sinatra erano quelli rossi. La Sinatra Family Estates ha lanciato il suo primo vino un Cabernet Sauvignon Napa Valley chiamato “Come Fly With Me”. Il vino, annata 2007 è stato battezzato con il titolo di una famosa canzone eseguita da “The Voice”. “Papà spesso finivano i suoi concerti con un brindisi al pubblico”, hanno ricordato i figli di Sinatra, Nancy, Frank Jr. e Tina, affermando che “con il lancio di Sinatra Family Estates, si brinda a nostro padre”.
Sono convinto che Frank, se avesse potuto, avrebbe accompagnato ogni sua pietanza con il Jack Daniel’s il whiskey di cui non si distaccava mai, pare che ne bevesse una al giorno.

Le ricette di Casa Sinatra

Sinatra Marinara Sauce (4-6 persone)

Ingredienti 450 g di pasta, 800 g di pomodori pelati interi non scolati, 3 spicchi d’aglio, 1 cipolla di medie dimensioni tritata, olio extravergine d’oliva, foglie di basilico fresco, sale e pepe nero in grani, 1⁄2 cucchiaino di origano secco.

Preparazione Versate l’olio in una padella antiaderente e muovetela per coprire bene tutto il fondo. Soffriggete l’aglio nell’olio caldo fino a quando prenderà̀ un colore appena appena dorato. Eliminate l’aglio. Rosolate la cipolla tritata nell’olio aromatizzato all’aglio fino a quando avrà̀ preso un leggero colore. Utilizzando un frullatore a immersione, frullate i pelati con la foglie di basilico pulite: basta accendere il frullatore e spegnerlo subito.
Aggiungete la purea di pomodoro alla cipolla nella padella. Condite con un bel pizzico di sale e di pepe nero macinato al momento, unite l’origano. Cuocete a fuoco lento per 20 minuti, scremando la superficie con un colino mentre cuoce la salsa. Portate intanto abbondante acqua a bollore in una grande pentola, salatela, aggiungete 1 cucchiaino di olio e poi versatevi la pasta. Cuocete al dente (Sinatra si raccomanda di iniziare a controllare la pasta dopo 7 minuti di bollore). Scolatela e mettetela in una ciotola con qualche cucchiaio di salsa, per evitare che si attacchi. Togliete la maggior parte della salsa dalla padella e trasferitela in una salsiera o una ciotolina. Riversate la pasta nella padella per 30 secondi, regolate di sale e pepe, mescolate. Servite caldo, con la salsa rimasta a parte.

Fettucine a la Sinatra (Per 3 o 4 persone)

Ingredienti 1Kg di fettuccine, ¼ di tazza di burro, ½ tazza di panna da montare, ¼ di tazza più 2 cucchiai di parmigiano grattugiato, Sale e pepe nero, Prezzemolo tritato per guarnire, Parmigiano grattugiato per guarnire.

Preparazione Preparare le fettuccine secondo le indicazioni sulla confezione, cuocendole al dente. Mentre la pasta cuoce, prepara la salsa. Scolare bene la pasta prima di utilizzarla. Sciogliere il burro in una piccola casseruola. Togliere dal fuoco. Unisci la panna e il formaggio al burro fuso. Rimettere a fuoco, condire con sale e pepe nero e scaldare bene ma non bollire. Aggiungere la salsa alla pasta e lasciar riposare, coperta, per 2 minuti. Disporre sul piatto da portata e guarnire con prezzemolo e formaggio.

Salsiccia con i peperoni (3 – 4 persone)

Ingredienti 4 pezzi di salsiccia (io uso quella di maiale), 4 o 5 grossi peperoni circa 600 g, olive verdi e nere, capperi sotto sale, 1 cipolla bianca, Olio Extra vergine d’oliva, rosmarino, sale, pepe.

Preparazione Pulire la cipolla e tagliarla a piccole fettine. Lavare i capperi in modo da eliminare il sale. Lavare, asciugare e pulire i peperoni eliminando la calotta con il picciolo, i semini interni e i filamenti bianchi, tagliarli a listarelle o pezzettoni larghi 2 – 3 cm, metterli in una ciotola e condirli con dell’olio, ciuffetti di rosmarino, la cipolla tritata, le olive, i capperi, sale e pepe.
Scaldare una grossa padella sul fuoco con un filo d’olio e rosolarci leggermente la salsiccia da entrambi i lati, togliere la salsiccia e tenerla da parte e unire i peperoni con la marinatura, mescolare, coprire con un coperchio e cuocere per circa 10 minuti con la fiamma alta e mescolando ogni tanto. Passati i 10 minuti abbassare la fiamma, unire di nuovo la salsiccia e continuare la cottura con il coperchio per altri 15 – 20 minuti, mescolare ogni tanto.
Esiste anche la versione a forno, procedete come la versione in padella, ma invece di metterlo nella padella mettere il tutto in una capiente pirofila, unire mezzo bicchiere d’acqua, coprire con della pellicola di alluminio e cuocere in forno caldo a 180° per circa 20 minuti, eliminare la stagnola e cuocere per altri 10 minuti circa, il tutto deve essere ben cotto. Servire molto caldo, appena tolto dal fuoco. Le salsiccia e peperoni in padella (o al forno) è pronta per essere servita…Buon appetito!