I presepi viventi: alla ricerca della ruralità perduta

Oltre agli aspetti religiosi, di cui preferirei discuterne altrove, la nascita del Redentore ha soppiantato l’antica celebrazione del re Sole, conosciuta come “Sol invictus” o “sole invincibile”, una festività legata al ritorno del sole e all’allungarsi delle giornate in questo periodo.

Questa festa, accompagnata da imponenti falò, è pervenuta fino a noi attraverso la tradizione. La festa religiosa richiama gioia e celebrazione per la nascita del Salvatore, e parallelamente, negli ultimi decenni, si è diffusa la rappresentazione del presepe vivente in molti paesi.

Curiosamente, in queste sacre rappresentazioni, la grotta assume un ruolo secondario, mentre viene esaltato in modo sproporzionato l’intero corredo coreografico che impreziosisce la scenografia. Con grande cura, vengono riproposti cicli produttivi agricoli ormai dimenticati e vecchie attrezzature, più o meno fatiscenti, tirate a lucido per mostrare con orgoglio il mondo rurale ormai dimenticato.

Si assiste a una competizione tra i vari paesi per trovare l’oggetto o il mestiere più caratteristico e rappresentativo. Da Buseto Palizzolo a Cammarata, da Sutera a Caltabellotta, molti si impegnano nella rappresentazione di cicli produttivi o attrezzature dimenticate da tempo.

Questi presepi diventano veri e propri “musei a cielo aperto”, inseriti nei percorsi che offrono punti di ristoro dove è possibile degustare piatti della tradizione agricola e pastorizia, dalla classica zabbinata al gradevole maccu, dai piatti di pasta e lenticchie ai formaggi. Pane e vino sono sempre presenti.

Naturalmente, le location di rappresentazione sono suggestive, come la grotta del paleolitico di Buseto Palizzolo, le grotte dell’antica Triocala, il quartiere arabo di Sutera, il quartiere del lavatoio di Castronovo di Sicilia, ecc., capaci di suscitare emozioni e stimolare la fantasia.

In sintesi, si mette in scena o si ripropone l’antico mondo rurale, forse frettolosamente soppiantato da qualche decennio. Questo spettacolo è premiato dall’affluenza di turisti desiderosi di riscoprire questi patrimoni in grado di suscitare emozioni inebrianti.

“La domanda nasce spontanea”. Perché questo grande interesse per un mondo non più adatto alle nostre esigenze di uomini del terzo millennio? La risposta non può che essere una: stiamo cercando un’identità perduta, minacciata da una globalizzazione inesorabile che travolge tutto e tutti.

Forse riappropriarsi del nostro passato ci fa sentire più sicuri, meno timorosi di affrontare miliardi di persone che si muovono all’unisono. Il nostro mondo rurale, con tutte le sue sfumature, in questo momento di cambiamento si propone con un antico e glorioso passato capace di suscitare emozioni e di riscoprire i valori di cui il mondo rurale è il vero dispensatore.