Coronavirus, riaprire i mercati contadini in Sicilia
La richiesta viene dai consumatori e dai piccoli produttori, i mercati agricoli chiusi per coronavirus, possono essere riaperti garantendo misure anti-contagio. In molte regioni, in particolare la Sicilia, i vari mercati contadini distribuiti in tutta l’isola, che garantiscono una rete capillare e diffusa sono capaci di concretizzare il concetto di “filiera corta” e portare benefici a consumatori, produttori e, di conseguenza, a tutto il territorio.
Una grande realtà economica, e anche sociale, i mercati del contadino che si sono diffusi in pochi anni lungo tutto lo Stivale proprio perché permettono questo incontro diretto tra chi produce e chi deve acquistare.
Perché quando i produttori incontrano i consumatori e dialogano, il mondo rurale ritrova il suo volto umano e cresce economicamente, socialmente e culturalmente. Luoghi deputati a tale approcci sono i “mercati contadini”, o se volete, Farmers’ market, dove produttori locali si ritrovano per vendere i loro prodotti agricoli o trasformati. Sembrerebbe la cura alla lievitazione dei prezzi dei prodotti agricoli: chi produce riesce a portare a casa un pezzo di pane, quasi sempre duro, e chi invece commercializza, fa affari d’oro. Quindi, consumatore e produttore si rincontrano, così come accadeva nei tempi passati, nelle piazze o nei luoghi eletti a tale compravendite, insieme per instaurare un patto di solidarietà e fiducia. Un accordo tacito di chi intende offrire un prodotto genuino, sano, impregnato di sapori antichi, e chi, ad un costo contenuto, decide di pagare anche qualcosa in più in cambio della salvaguardia del proprio territorio, per assicurare la salubrità degli alimenti, per dare continuità alla vita dei territori rurali. Considerato il successo che tale attività sta riscuotendo sul territorio siciliana con vantaggi economici sia tra i consumatori sia tra i produttori, ma anche dalle possibilità di vantaggi strategici, (meno inquinamento, la conoscenza delle produzioni locali di qualità, la creazione di opportunità per le piccole produzioni e per i produttori, promuovere l’incontro tra il mondo della produzione e il mondo del consumo, ecc.
In questo periodo “assoggettati al coronavirus” risulta di fondamentale importanza assicurare le produzioni, con il risultato anche di fidelizzare un consumatore che spesso è disattento e attrattato, dalla grande distribuzione, naturalmente garantendo tutte le misure anti-contagio, quali dei tornelli, dei percorsi obbligati, guanti e mascherine, ecc. Insomma, un’altra prova di ritorno alla “normalità”.
Al produttore vanno i vantaggi economici della vendita diretta senza intermediazione e passaggi che appesantiscono il prezzo finale del prodotto. Al consumatore, invece, la possibilità di acquistare a prezzi più convenienti si associa a quella di poter conoscere l’artefice di quello che sta comprando: verdure, ortaggi, formaggi, miele, carne, frutta, pane, pasta, olio, vino, uova, ecc. Un rapporto umano recuperato che è già garanzia di qualità.
I numeri dimostrano come questa realtà sia ormai parte del tessuto produttivo italiano. La rete Campagna Amica, creata nel 2008 dalla Coldiretti, è composta da oltre mille mercati in tutta Italia ma accanto a essa ci sono molti altri mercati di vendita diretta sui quali non ci sono numeri ufficiali ma che sono ormai presenti in ogni città.
Si tratta di veri e propri punti di aggregazione che non sono solo luoghi di scambio commerciale tra domanda e offerta di cibo, ma anche un luogo di incontro e socialità in cui organizzare eventi ed attività culturali e di intrattenimento. Ad esempio quelli di Campagna Amica garantiscono un ampio numeri di produttori e di referenze, con prezzi giusti costantemente monitorati, aperti ogni settimana, con una proposta basata sulle tipicità locali (agrichef, street food, etc), luogo di socialità intorno al cibo (eventi, didattica, etc), eco-sostenibile e accogliente.
Quasi sei italiani su dieci, il 59%, hanno fatto la spesa dal contadino almeno una volta al mese nell’ultimo anno in frantoi, malghe, cantine, aziende, agriturismi o mercati degli agricoltori per acquistare prodotti locali a chilometri zero direttamente dai produttori, secondo l’indagine Coldiretti/Ixè. E il fenomeno è sempre più esteso, tanto da superare i numeri della vendita diretta degli ultimi decenni: secondo la Coldiretti infatti, dal dopoguerra mai così tanti italiani hanno acquistato direttamente dagli agricoltori, con una crescita esplosiva nell’ultimo decennio da ricondurre, sottolinea la Coldiretti, all’attenzione per il benessere e per la salute, ma anche alla sostenibilità ambientale e alla volontà di difendere e valorizzare l’economia e l’occupazione del proprio territorio. “Tutto questo – secondo Coldiretti – ha contribuito a costruire la straordinaria rete, che comprende oltre 130.000 aziende agricole italiane che fanno vendita diretta in maniera prevalente; nei mercati degli agricoltori invece la spesa degli italiani ha superato i 6 miliardi di euro, secondo uno altro studio condotto da Ismea”. I motivi per cui ai consumatori piace comprare ai mercati contadini non sono difficili da delineare: alta qualità dei prodotti, che sono più freschi, saporiti e genuini è sicuramente la principale ragione di acquisto dal produttore, confermata dal 71% degli italiani coinvolti nell’indagine Coldiretti/Ixè, poi le garanzie di sicurezza e la ricerca di prodotti locali, entrambe sul podio delle motivazioni, seguite a ruota dalla convenienza economica.
“Sempre più consumatori acquistano direttamente dai produttori agricoli – sottolinea Francesco Ferreri, presidente di Coldiretti Sicilia – È un dato che emerge all’attività dei Mercati Campagna Amica che testimoniano il bisogno di avere un luogo di incontro tra chi produce e i clienti. Accorciare la filiera oggi significa maggiore garanzia ma soprattutto contribuisce a mantenere vivo il tessuto economico”.
Accanto all’esperienza di Campagna Amica ci sono tante altre iniziative che avvicinano consumatori e produttori di cibo. A Palermo, ad esempio, sono presenti diversi mercati del contadino, alcuni aperti anche tutti i giorni. “La nostra associazione – spiega Francesco Scaglione, presidente dell’Associazione di Comitato di mercato degli Agricoltori di Palermo – ha aperto due mercati: uno cinque anni fa in periferia che funziona in maniera classica con la vendita settimanale. Un altro avviato da due anni che si trova in centro città che è aperto tutte le mattine per consentire alle persone di acquistare con costanza senza dover fare il carico di spesa una volta a settimana. In centro abitano molte persone anziane che hanno anche difficoltà a comprare troppi prodotti e poi a consumarli. Da noi hanno la certezza di poter trovare ogni giorno prodotti freschi e genuini”.
Di recente in Sicilia è stata anche approvata la legge che consente di salvaguardare i piccoli sistemi produttivi e mantenere un presidio di agricoltura di dimensione contadina, introducendo la possibilità di trasformare, lavorare e vendere i prodotti all’interno delle stesse aziende oltre che nei mercati locali. Di fatto, con la norma entrata in vigore, il luogo adibito alla di vendita diretta è istituito dai Comuni o autorizzato dai medesimi sulla base di un disciplinare di mercato che regoli le modalità di vendita, finalizzato alla valorizzazione della tipicità e della provenienza dei prodotti venduti. A tal fine, per favorire l’acquisto dei prodotti agricoli che abbiano un legame diretto con il territorio di produzione e di assicurare un’adeguata informazione ai consumatori sull’origine e sulle specificità degli stessi prodotti, sarà cura dei Comuni – nell’ambito del proprio territorio – incentivare la riduzione della filiera.
La centralità del cibo e l’importanza della sua filiera. È questa senza dubbio una delle eredità che dovremo custodire al termine dell’emergenza sanitaria in corso. Nulla di nuovo e allo stesso tempo la più evidente (ri)scoperta di questo periodo fatto di restrizioni per cercare di contenere la diffusione di Covid-19. In questi giorni, il cibo, spesso, riempie le giornate casalinghe, tanti stanno così riscoprendo la cucina domestica. Con le abitudini sono cambiati anche i consumi ed è questi che prova a fotografare Ismea, prendendo a riferimento le prime quattro settimane di emergenza.
Tra le tendenze che hanno caratterizzato i consumi Ismea segnala l’orientamento quasi esclusivo verso la gdo, che si accompagna alla sostanziale e progressiva perdita di peso dei mercati rionali, spesso costretti a chiudere.
Ne consegue che spesso a rimanere senza accesso al mercato sono i piccoli produttori, le aziende agricole spesso a conduzione familiare la cui produzione è rivolta a ristoranti, mercatini, gruppi di acquisto. La loro difficoltà ad accedere al mercato non si accompagna al calo della domanda, come dimostrano quei casi in cui, nel pieno rispetto delle norme, mercati, gruppi di acquisto e produttori, sono riusciti a riorganizzarsi.
A Milano, un lavoro di squadra tra Comune e enti del terzo settore ha fatto nascere sette hub temporanei per la consegna della spesa a domicilio per le famiglie meno abbienti, ed è anche sulla scorta di questa esperienza che anche a Roma cittadini e associazioni si stanno attivando per chiedere non solo la riapertura dei mercati contadini laddove possibile, ma anche l’individuazione di spazi in cui i contadini possano conferire i loro prodotti e dove i consumatori possano acquistare direttamente dal produttore.
In Campania la rete Slow Food ha attivato il progetto «La Chiocciola che resiste», una mappatura dei produttori della rete dei Mercati della Terra messa a disposizione non solo dei consumatori ma anche di botteghe e negozi al dettaglio. Qualcosa di simile si sta muovendo in Puglia con il “Paniere delle eccellenze”.
Ad accomunare tutti questi casi, che spesso rappresentano un’importante fonte di sussistenza per questi piccoli produttori, è l’aver potuto contare su una solida e attiva rete di relazioni a cui non di rado alla componente commerciale se ne somma una affettiva.
Immaginando un dopo, è dall’importanza di queste reti che dovremmo ripartire, l’emergenza ci insegna quanto sia importante averle coltivate e continuare a farlo, e ci insegna allo stesso modo il ruolo che queste possono e devono avere nelle definizioni delle politiche del cibo. (www.slowfood.it)