Economia e Lavoro

Prezzo del grano: scontro tra industriali e agricoltori

E’ scontro tra le associazioni degli agricoltori e quelle di industriali e commercianti sul prezzo del grano. Uno scontro che arriva dopo la proposte di industriali e commercianti di abbassare il prezzo del grano, avanzata in un incontro tenutosi alla Camera di Commercio di Foggia. Per protesta la Coldiretti, Cia e Confagricoltura hanno abbandonato la commissione prezzi del grano.

Per Pietro Piccioni, delegato confederale di Coldiretti Foggia “è inaccettabile il continuo gioco al ribasso del prezzo del grano foggiano e pugliese, in una campagna che tra l’altro segna minori quantità e qualità apprezzata dal mercato”. Ed ancora: “Sono settimane che va avanti un tira e molla insostenibile che mortifica il lavoro e gli investimenti dei nostri agricoltori e vanifica anche i tentativi di creare accordi di filiera che dal campo alla tavola garantiscano ai consumatori di acquistare pasta 100% made in Italy, senza che alcuno degli anelli della filiera ci rimetta”.

“Il raccolto Made in Italy in Puglia – sottolinea la Coldiretti – subisce tra l’altro la concorrenza sleale delle importazioni dall’estero di prodotti che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese come il grano duro canadese trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole. E’ aumentata, infatti, del 59% nel primo trimestre e del 34% nel secondo trimestre – aggiunge Coldiretti Puglia – la quantità di grano duro importato nel 2020 dal Canada con il quale l’Unione Europea ha siglato l’accordo di libero scambio CETA”.

Il mercato dei prezzi di Foggia condiziona il prezzo degli altri mercati del grano nazionale. Ecco perché gli agricoltori guardano con attenzione la trattativa della cittadina pugliese. Purtroppo, le politiche dell’industria dell’abbassamento dei prezzi condizionano fortemente l’intero comparto, non solo quello granario, ma anche dell’intera produzione agricola nazionale.

Incidono anche le politiche di scontistica dei supermercati. Nei giorni passati la ministra Bellanova si è scagliata contro i supermercati, colpevoli, secondo lei, di «deprezzare» i prodotti made in Italy mettendoli sullo stesso piano di quelli che arrivano dall’estero. Insomma per la Bellanova bisogna dire addio alla politica delle grandi catene commerciali che in questo periodo di crisi per il coronavirus hanno praticato prezzi più bassi per venire incontro ai bisogni delle famiglie.

«Alla grande distribuzione faccio un appello – spiega – non voglio più vedere campagne di sconto ripetute, perché quello sconto qualcuno lo sta pagando. O l’imprenditore e i suoi dipendenti o il consumatore perché magari sta acquistando un prodotto che in quel momento paga di meno ma che poi paga la collettività in termini di costi sanitari».

La ministra sa ovviamente di non poter intervenire direttamente sulle catene commerciali per stabilire i prezzi. Perciò fa un appello alla buona volontà. «Io non posso fare un decreto sul prezzo di vendita dei prodotti – ammette – posso però richiamare al senso di responsabilità. La grande distribuzione ha il compito di saper valorizzare meglio i prodotti made in Italy. Che si tratti di un frutto, di una pianta o di un fiore, noi dobbiamo rendere trasparente al consumatore che cosa stiamo vendendo».

«Dobbiamo anche rendere chiaro sia nel nostro Paese che all’estero perché il made in Italy costa di più – prosegue – Perché se noi mettiamo sullo stesso piano ciò che è stato prodotto in Italia con le norme della buona coltivazione, con il rispetto dell’ambiente, con tutto quello che viene da Paesi dove magari si sfruttano i bambini o dove il diritto del lavoro non esiste, noi non facciamo un servizio di chiarezza al consumatore».