Le nuove frontiere della frutticoltura protetta
Quali vantaggi, caratteristiche, costi e benefici porta l’adozione di tecnologie protettive in frutticoltura? Un tema attuale per la filiera, in un periodo storico in cui le variazioni climatiche sono al centro dell’attenzione, dell’interesse e della ricerca applicata in agricoltura. Di questo si è parlato in un momento di approfondimento organizzato da Macfrut in collaborazione con le Università di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ancona, dal titolo “Le nuove frontiere della frutticoltura protetta”.
L’utilizzo delle protezioni nei filari, i teli o le reti anti grandine, pioggia e insetti, sono interventi che portano risultati in termini di qualità e salubrità ma devono essere “calibrati in funzione della geografia e tipologia del contesto nel quale si realizzano. Questi – sottolinea il professore di arboricoltura dell’Università politecnica delle Marche, Davide Neri – influiscono sull’equilibrio fotosintetico delle piante e quindi sulla qualità finale del prodotto”.
L’indirizzo scientifico e tecnologico si sta indirizzando così oltre alla multifunzionalità degli impianti, anche sulla fotoselettività degli stessi. Tra gli esempi di frutticoltura protetta portati al Macfrut c’è quello legato alle esperienze adottate in cerasicoltura.
Per il professore Stefano Lugli “la metodologia, sia essa di tipo monofila o mondoblocco, sia automatico o fisso, hanno risposte in termini produttivi e di protezione sensibilmente differenti tra una tipologia e l’altra”. Se dal punto di vista dell’efficacia e dell’efficienza degli interventi di difesa la ricerca conferma gli importanti contributi, uno degli aspetti che influiscono di più sull’adozione in campo, sono legati alla sostenibilità economico-finanziaria aziendale.
Un capitolo non secondario che per il professore associato del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, Rino Ghelfi “alla luce delle analisi effettuate su una quindicina di tipologie di impianto differenti in ambito cerasicolo, si dimostra come i tempi di ritorno dell’investimento siano abbastanza lunghi per una produzione tradizionale. In termini percentuali nell’arco di almeno dieci anni. Inoltre si deve aggiungere anche un 20% in più di costo alla produzione medio. Più veloce invece è il rientro finanziario con produzioni più intensive”.