Il prezzo del grano duro allarma tutta la filiera
L’anno 2021 per il grano duro mondiale sarà ricordato come un anno funesto. Non certo per il prezzo che secondo le quotazioni diffuse da Ismea il prezzo del grano duro mercantile in Sicilia è di 45 centesimi al chilo (452,50 €/T) sia a Catania che a Palermo (rilevazioni del 9 settembre), ma per le preoccupazioni che investono l’intera filiera.
Un prezzo sbalorditivo che nessuno ricorda, a parte qualche anziano nel periodo di guerra. Una serie di coincidenze globali come il crollo produttivo di Usa e Canada dovute ai cambiamenti climatici, la bassa qualità del grano francese, le imposte sulle esportazioni in Russia stanno determinando una paventata impennata dei prezzi soprattutto di pane e pasta, ma preoccupa anche l’assottigliamento delle scorte di grano mondiali. Secondo International Grains Council, le scorte mondiali di durum sono scese dai 10 milioni di tonnellate della campagna commerciale 2018-2019 a meno di 8 milioni della campagna 2020-2021. Riduzione produttiva che si manifesta nei due colossi internazionali: Usa e Canada.
Questa evidente problematica ha spinto il Ministero delle Politiche Agricole a convocare un tavolo tecnico per affrontare la rilevante problematica. Tra qualche mese si dovrà pur seminare, pare infatti, che i prezzi delle sementi saranno esorbitanti, così come quelle dei concimi e degli antiparassitari.
Insomma, in campagna non c’è mai pace. Le quotazioni del frumento duro nazionale hanno così superato, su alcuni mercati, 500 euro alla tonnellata – rispetto ad una media di 250 euro alla tonnellata nel corso dell’ultimo quinquennio – mentre quelle del grano di importazione sfiorano ormai i 600 euro alla tonnellata.
Molti giornali riportano che la riduzione della produzione in Nord America in vista della campagna commerciale 2021-2022, il -39% in Canada e -50% negli Usa. La penuria di grano duro influirà sulla produzione italiana che copre circa il 70% della domanda nazionale di molini e pastifici. E l’Italia – per continuare a produrre pasta e ad esportarla – seguita ad avere bisogno di circa 2 milioni di tonnellate di grano duro d’importazione all’anno, attualmente coperti per circa il 70% dal solo prodotto canadese.
Bisogna che la politica europea riprogrammi le politiche agricole in funzione dei cambiamenti climatici che stanno modificando l’intero assetto produttivo europeo. Nel frattempo speriamo che questa crisi non faccia saltare fuori la famosissima frase: «Se non hanno più pane, che mangino brioche» (in francese S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche), pare, tradizionalmente attribuita a Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, che l’avrebbe pronunciata riferendosi al popolo affamato, durante una rivolta dovuta alla mancanza di pane, una frase che gli costò nel 1793 la sua decapitazione.