Colture idroponiche e fuori suolo, microgreen e baby leaf: il futuro dell’ortofrutta

Per colture fuori suolo, idroponiche o senza suolo si intendono le coltivazione al di fuori del terreno agrario, utilizzando tecniche che prevedono l’alimentazione delle piante con acqua e soluzioni nutritive complete di macroelementi (azoto, fosforo, potassio e calcio) e microelementi (ferro, magnesio, manganese, zinco, ecc.).

La tecnica della coltura fuori suolo prevede la possibilità di far ancorare l’apparato radicale delle piante su un supporto di diversa natura (colture su substrato: roccia, perlite, fibra di cocco ed altre sostanze organiche di scarto), fino a far sviluppare le radici in un ambiente confinato che viene costantemente inumidito con la soluzione nutritiva, oppure privo di supporto, cioè su mezzo liquido con l’apparato radicale immerso direttamente nella soluzione nutritiva (colture idroponiche).

Questo sistema innovativo di coltivazione è nato allo scopo di eliminare le dispendiose pratiche colturali, la disinfezione dei terreni con prodotti fumiganti (bromuro di metile) o le costose pratiche della solarizzazione del terreno.

Le colture praticate sotto serra vengono indicate inquinanti, per gli elevati apporti di composti chimici di difficile o lento degrado (geodisinfestanti, anticrittogamici, insetticidi, ecc.) e per le massive somministrazioni di fertilizzanti chimici (formulati ureici, ammoniacali e nitrici, ecc.), e soprattutto nei casi in cui l’adozione delle pratiche agronomiche accennate non vengono razionalmente applicate, possono presentare aspetti igienico – sanitari discutibili.

 

I principali vantaggi

Il fuori suolo consente di ottenere rese più elevate, la standardizzazione del prodotto, un maggiore controllo delle condizioni fitosanitarie e dell’ambiente radicale, l’uso efficiente dei concimi e la migliore gestione della nutrizione della pianta e maggior precocità.

Le tecniche di coltivazioni fuori suolo, che si sono notevolmente diffuse in questi ultimi anni nel centro Europa (rappresentano oltre il 70% delle superficie protette orticole), possono salvaguardare l’ambiente dal fenomeno di inquinamento e assicurare prodotti quantitativamente più abbondanti e soprattutto sotto l’aspetto igienico – sanitario, organolettico e chimico, rispetto alle colture protette tradizionali.

E’ possibile effettuare coltivazioni dove non c’è terreno agrario disponibile, infatti questa tecnica di coltivazione si può praticare in qualsiasi luogo e condizione, come ad esempio lo Sky Greens, cioè sui tetti o nelle cantine.

In questo modo si può produrre nei pressi dei luoghi di consumo con la riduzione dei costi ambientali e di trasporto.

Viene inoltre eliminata del tutto la competizione con le erbe infestanti, con una riduzione degli sprechi e delle perdite di acqua e di nutrienti, il che porta conseguentemente a un minor impatto ambientale, il tutto attraverso la possibilità di meccanizzazione e automatizzazione della produzione.

Vengono così ricostruiti i parametri climatici richiesti dalla coltivazione, per permettere alle piante di crescere nel modo più naturale possibile, riducendo al minimo i trattamenti fitosanitari. Inoltre, quasi tutti i sistemi sono a ciclo chiuso, cioè, tutta l’acqua concimata che viene utilizzata, viene totalmente recuperata, attuando un forte risparmio economico, ma soprattutto non inquinando le falde acquifere, nel pieno rispetto dell’ambiente.

 

Fuori suolo in Sicilia

In Sicilia la coltivazione fuori suolo è concentrata nella zona sud orientale, la cui produzione è circoscritta a circa 200 ettari di superficie. Le coltivazione preminenti nella coltivazione fuori suolo sono rappresentati dal pomodoro, a seguire dalla melanzana, dal peperone ed il cetriolo, mentre, nelle zone di Marsala, troviamo principalmente la fragola.

Decine di aziende si cimentano da anni con la tecnica del fuori suolo, tanto per citarne qualcuna, a Favara, in provincia di Agrigento, troviamo il primo campo sperimentale al mondo di finger lime (altrimenti chiamato in italiano caviale di limone) in fuori suolo a ciclo chiuso, dell’azienda agricola G.E.V.A (acronimo di Giuseppe, Emanuele e Andrea Vita) dei Fratelli Vita; a Gela abbiamo l’azienda Lo Giudice che produce uva da tavola fuori suolo con la tecnica idroponica; ad Acate l’azienda Adamo ha puntato sulla coltivazione col sistema fuori suolo dei frutti di bosco divisi tra fragola per il 60% e fragolina per il 25%; la restante parte è destinata a mora, lampone e mirtillo; l’azienda dei fratelli Palumbo, Cristoforo e Mirko, produce pomodori in fuori suolo; Salvuccio Sceusa e Nicola Romano a Cerda producono con il fuori suolo basilico: insomma basta farsi un giro tra le varie pagine del Web per accorgersi di una realtà produttiva in continua espansione.

Interessanti esperienze sono state condotte dall’Assessorato Agricoltura della Regione Siciliana attraverso le Sezioni Operative di Assistenza Tecnica quali Santa Croce Camerina, Mazara del Vallo, Agrigento, attività, che avevano raggiunto una buona capacità tecnica da incidere sui vari territori, ma come tutte le cose buone siciliane sono state soppresse e il personale, altamente qualificato, destinato ad altri incarichi o prematuramente rottamato.

 

Microgreen e baby leaf

Negli ultimi anni, nel settore orticolo sta avvenendo una vera e propria rivoluzione tecnica, colturale e culturale; per rispondere ad una domanda da parte di un consumatore più maturo e intrigante, indirizzato verso il consumo di vegetali coltivati con tecniche più naturali, con la riduzione del consumo di prodotti di origine animali, è nata parallelamente, alla coltivazione fuori suolo, anche quella del microgreen e baby leaf.

Il micro greens, dove il micro indica le dimensioni molto ridotte dei vari vegetali, è un metodo di coltivazione che mantiene la concentrazione delle sostanze nutritive, il contenuto vitaminico, compresa la naturalità. Questo è il futuro, anzi il presente dell’orticoltura. Una categoria di vegetali definita super food cioè super cibo salutare che si pone agli antipodi rispetto al junk food (cibo spazzatura) oggi tanto di moda. Le micro greens sono la nuova frontiera dell’orticoltura, settore al centro di un grande cambiamento a livello mondiale.

Basta scegliere. Si può coltivare ortive da foglie in contenitori ermetici che hanno l’aspetto di frigoriferi ma sono serre in miniatura da appartamento in cui far crescere i micro green, le piantine raccolte giovani, oppure coltivare in container di dimensioni maggiori per produzioni “verticali”, come ad esempio insalate all’interno di un container su piani sovrapposti.

Microgreen e vertical farming rappresentano oggi l’innovazione principale in campo orticolo e sono stati il leit motiv di settore all’edizione 2017 di Macfrut, la fiera internazionale dell’ortofrutta di Fiera di Rimini.

I microgreen sono ortaggi raccolti ad uno stadio più avanzato rispetto ai classici germogli, ma anticipato rispetto alla fase adulta. Il prodotto è fresco, viene infatti consumato senza alcun tipo di passaggio intermedio offrendo una serie pressoché infinita di applicazioni: le coltivazioni verticali possono essere infatti allestite all’interno di comodi container situati in città, nelle zone industriali, insomma, ovunque, il tutto in assenza di prodotti chimici di sintesi per la difesa. Quindi metodi di coltivazione più naturali e prodotti più sani.

 

Il mercato dei microgreen e baby leaf

Basta farsi un giro tra i bancali dei prodotti della quarta gamma, cioè quello dei prodotti pronti per il consumo, per constatare l’avvento delle baby leaf, cioè le insalate adulte ma di dimensioni ridotte, il cui punto di taglio è minimale, per cui hanno una “shelf life” (vita commerciale) molto più lunga rispetto alle insalate classicamente conosciute che vengono tagliate e si ossidano rapidamente. Questa categoria rappresenta oggi la parte preponderante delle vendite e le baby leaf, che oggi vengono proposte in una gamma sempre più vasta, saranno sicuramente il futuro del settore.

I micro ortaggi (in inglese, microgreens o microherbs) sono piccole e tenere piantine commestibili di specie orticole, specie erbacee, erbe aromatiche e specie spontanee eduli, che generalmente vengono raccolte allo stadio di foglie cotiledonari, con gli abbozzi delle prime foglie vere, poche settimane dopo la semina, e consumate prevalentemente crude.

L’utilizzo principale delle micro greens è quello di componente principale delle insalate ma sono anche utilizzate come guarnizioni, contorni o come base per estratti vegetali e succhi.

E se qualcuno pensa che si tratti di OGM si sbaglia di grosso poiché sono varietà tradizionali. Tra questi riscontriamo il cavolo nero o il ravanello, il broccolo, il basilico, il coriandolo, il fagiolo, il pisello, lo spinacio ecc. Insomma, il futuro è alle porte, anzi è già cominciato, con una popolazione mondiale che continua a crescere il food non può attendere, nonostante l’asfittica burocrazia dell’Ue che programma, purtroppo, con la logica del passato.