11 Novembre: La Giornata del Ringraziamento e l’inizio dell’annata agraria

All’approssimarsi della conclusione dell’anno liturgico la Chiesa volge lo sguardo alla natura per rendere grazie dei frutti della terra e del lavoro dell’uomo attraverso “La giornata del Ringraziamento”, evento che coincide anche con la festa di San Martino.

La Giornata del Ringraziamento

L’11 novembre la Chiesa celebra “La Giornata del Ringraziamento”, occasione nella quale i vescovi italiani intendono attirare l’attenzione dei fedeli al mondo rurale, alle sue problematiche, sottolineando come la terra e l’agricoltura siano luoghi di relazione privilegiata e profonda con il Creatore e con i fratelli. Un evento che nel passato aveva una ritualità e religiosità davvero esilarante. Tutte le parrocchie italiane, e non sole, tirate a lustro ospitavano con canti e fumi d’incenso i contadini che nell’occasione abbandonavano pale e zappe, naturalmente dopo avere accudito i loro armenti, e si recavano in Chiesa per ringraziare Nostro Signore e propriziare una nuova annata agricola. Davanti ai sagrati delle chiese sostavano attrezzi agricoli, animali, prodotti agricoli, gente festosa, aspettando la fine della funzione per essere benedetti per ricevere i buoni auspici. Un Italia diversa meno globalizzata e più attenta al mondo rurale. Ancora oggi, con la Coldiretti in testa, con le altre associazioni d’ispirazione cattolica rievocano, anche se in tono minore, questo momento aggregativo che ha rappresentato un momento di grande aggregazione.

“Fare San Martino”

Da anni l’11 novembre per il mondo agricolo rappresenta una data significativa sia per il contesto lavorativo, sia per quello produttivo agricolo. Per consuetudine e per convenzione San Martino è il momento iniziale delle affittanze agrarie, quindi l’inizio dell’annata agraria, cioè viene definito il periodo di tempo che secondo il legislatore copre l’inizio e la fine di tutte le attività connesse ad un’azienda agricola. L’anno agrario è quello che intercorre tra l’11 novembre e il 10 novembre dell’anno successivo. In caso di usufrutto su fondi sui quali insistano speciali coltivazioni, è ammesso che la decorrenza sia diversa: ad esempio, per la coltivazione di agrumi, l’annata agraria decorre dal mese di maggio. Si conclude così l’ annata agraria e si da inizio a quella nuova. Si stilano il bilancio dell’annata appena trascorsa, si confermano o meno degli affittuari e dei salariati, insomma, si apre e chiude l’annata agraria in tutti i suoi aspetti.

Sono operazioni non facili e non prive di faticose trattative e logoranti contestazioni, mediate da tecnici, o sindacalisti (talvolta anche dal parroco del paese) al fine di difendere i diritti dei contadini e dei lavoratori.

Nella migliore delle ipotesi chi doveva abbandonare la cascina doveva essere avvisato almeno tre mesi prima del 10 novembre, ovvero il 10 agosto (S. Lorenzo). Nella serata tutti i capifamiglia venivano convocati dal datore di lavoro (padrone) si mettevano in fila con il libretto di lavoro sul quale doveva essere scritta l’eventuale disdetta. Da quel momento cominciava o la gioia e la certezza di avere ancora un intero anno di lavoro, o l’angoscia di doverne cercare un altro, con le evidenti difficoltà. Con l’11 novembre avvenivano i traslochi e non raramente s’incrociavano le famiglie che andavano e quelle che tornavano e questi momenti non erano sempre tranquilli: scoppiava spesso “la guerra tra poveri” che coinvolgeva in modo più angosciante vecchi e bambini. Le stesse scene si ripetevano di cascina in cascina. Sul carro venivano disposte le poche cose di proprietà: i mobili, le scorte di viveri, il legname, le gabbie di polli, i bambini e i vecchi. La moglie del capo famiglia camminava a fianco per controllare che niente cadesse e si perdesse e il capofamiglia davanti ad indicare la strada con la lanterna in mano perché il viaggio veniva effettuato quasi sempre durante la notte o i primi albori per sfuggire a curiosi e sguardi indiscreti.

Sulle strade era possibile osservare numerosi carri che trasportavano masserizie e i pochi attrezzi da lavoro da un posto all’altro. Il viaggio avveniva sempre con la speranza che l’anno dopo non si dovesse ripetere la stessa situazione.

È così che anche nelle città, in un passato ormai trascorso, si trasferì l’abitudine di fare i traslochi durante il periodo di San Martino a novembre, tanto che si diffuse nel linguaggio comune la locuzione “fare San Martino” per indicare il trasloco.

Il mondo dell’agricoltura ha seguito per secoli lo scandire di questa data e ancora oggi in Italia e in altri Paesi europei il giorno di San Martino viene festeggiato con banchetti e sagre sia nei paesi, numerosi, dove sorgono parrocchie dedicate al santo, sia per l’imminente festa del ringraziamento che gli agricoltori, in segno di fede, dedicano annualmente per i frutti ricevuti dalla terra durante l’annata.

Il messaggio della Chiesa

In un messaggio di qualche anno addietro i Vescovi per la celebrazione hanno scritto: “Il lavoro agricolo consente all’uomo di realizzare un rapporto diretto e assiduo con la terra: fedele al progetto originario di Dio, egli offre alla terra le sue cure e la terra gli offre i suoi frutti. … una reciprocità nella quale si rivela e si compie un disegno finalizzato alla vita, all’essere e al benessere (bene-esse) dell’umanità, allo sviluppo di tutti e di ciascuno. Ecco perché risulta oltremodo urgente riconoscere la centralità del lavoro agricolo per recuperare quel processo virtuoso che ridona la dignità di persona al lavoratore della terra nella stessa misura che ai lavoratori dell’industria e dei servizi”. Guardare al mondo rurale con gli occhi del credenti ci pone davanti a queste evidenze: gli uomini entrano responsabilmente in relazione, mediante il loro lavoro, con la terra. Nel lavoro agricolo l’uomo, con tenacia ed intelligenza, non‚ solo spettatore del creato, ma anche attore che opera sulla natura e in collaborazione con essa perché la terra si trasformi in pane sulla sua mensa”.