Agroalimentare, turismo e cultura. Un sistema per crescere
Un valore aggiunto da 3,7 miliardi di euro tra agricoltura e industria alimentare per un totale del 4,8% dell’economia regionale e al di sopra della media nazionale che si ferma un punto più in basso (3,8%). Il 5% delle eccellenze nazionali prodotte in Sicilia. Sono le cifre di Srm (studi e ricerche Mezzogiorno di Intesa San Paolo) nel report su agrindustria, turismo e beni culturali presentato in occasione delle giornate dell’economia a Palermo. Le imprese attive al 2014 sono 88.986 (peso su settore nazionale 11%), pari al 24% del totale imprese della regione. In termini di scambi commerciali, la Sicilia ha esportato a giugno 2014 circa 500 milioni di euro con un saldo commerciale positivo (+138mln di euro), mentre quello nazionale è negativo. In particolare, sono le esportazioni in crescita del 2,6% rispetto all’analogo periodo precedente (Italia +1,6%). Le importazioni sono invece di 358 mln di euro pari all’1,7% delle relative importazioni nazionali, con una variazione rispetto all’analogo periodo precedente di -6% (+2,3%). La Sicilia, inoltre, è una terra di eccellenze. Con 235 prodotti agroalimentari tradizionali (pari al 5% del totale Italia), si posiziona al terzo posto nel Mezzogiorno. La regione presenta 28 prodotti dop e igp e una ricca offerta di vini di qualità 23 doc, 1 docg e 7 igt. Il numero dei produttori (Dop e Igp) è però contenuto (2.551 produttori) e la superficie delle aziende che si occupano di coltivazioni e/o allevamenti di qualità ha un peso sul totale inferiore al Mezzogiorno ed all’Italia (5,7% contro rispettivamente il 13,6% ed il 19,9%). Anche la numerosità di tali aziende risulta esigua: se in Italia le aziende di qualità rappresentano l’11% del totale, in Sicilia sono il 2,2% mentre nel Mezzogiorno raggiungono il 5,8%. La Sicilia ha buone potenzialità per crescere e per affermarsi sui mercati internazionali della qualità ma deve potenziare la sua capacità di offerta e di distribuzione.
In riferimento ai distretti, su 44 distretti agro-alimentari italiani, 12 sono nel Mezzogiorno e 3 in Sicilia: ortofrutta di Catania, pomodoro di Pachino, vini e liquori della Sicilia Sud Occidentale. Dagli ultimi dati emerge che la crescita, al 2014, delle esportazioni dei distretti della Sicilia (+2,9% tendenziale). Da qui al turismo il passo è breve. L’offerta turistica che si crea sui prodotti enogastronomici è sempre più vasta andando incontro alle nuove esigenze esperienziali dei turisti: aziende agricole visitabili, cantine visitabili, ristoranti tipici e agriturismo, enoteche e vie del vino. Il valore dell’agroalimentare va quindi oltre la qualità dei prodotti e la forza della sua filiera produttiva. Esso rappresenta, infatti, anche un fattore moltiplicativo di ricchezza, generando un impatto economico direttamente nel proprio indotto attraverso la spesa alimentare e, indirettamente, negli altri settori mediante lo sviluppo della cosiddetta Tac 2.0 (turismo, agricoltura e cultura). L’agroalimentare non va quindi considerato soltanto per il valore insito nella sua filiera, ma per gli effetti diretti e indiretti che è capace di generare. In particolare, in riferimento, al suo impatto diretto, si stima che su 100€ di spesa alimentare, 27 euro sono diretti ad altri settori per l’acquisizione di prodotti e servizi offerti dalle imprese esterne alla filiera ma facenti parte del suo indotto. L’agroalimentare può quindi contribuire a valorizzare ulteriormente il turismo. In Italia ad esempio per ogni presenza aggiuntiva il turismo enogastronomico genera 119,4 euro di pil, valore superiore a quanto generato ad esempio dal turismo culturale (105,4 euro) e da quello balneare (83,8 euro).