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Spazi di valorizzazione del territorio rurale

Il sistema agricolo italiano, in tutti i suoi comparti, soffre da qualche tempo di una complessa difficoltà la cui soluzione, per interessi o disinteressi, ma anche per la vastità dei problemi, non è affrontata e rinviata da un governo all’altro. L’esiguo prezzo del latte e dei principali prodotti, la mancanza di tutela dei prodotti tipici, l’eccessivo costo dei carburanti, le difficoltà di accesso al credito, e ancora gli alti costi produttivi e contributivi per le aziende, l’opprimente burocrazia, gli accordi comunitari con i Paesi Mediterranei, ecc. sono una parte delle problematiche che assillano il mondo agricolo.

Nonostante ciò, il settore primario dimostra di essere vitale: mantiene i propri occupati e in certi casi crea nuova occupazione e in alcuni segmenti produttivi (agroalimentare, turismo verde, ecc.) contribuisce a recuperare il deficit della bilancia dei pagamenti nazionali.

In particolare, molte aziende sono riuscite a realizzare un «miracolo economico» grazie alla loro capacità organizzativa che ha fatto della multifunzionalità, della diversificazione, insieme al recupero e valorizzazione delle risorse rurali e culturali, vale a dire di quanto è sedimentato nel territorio, la strategia per stare sul mercato.

Ricchezza territoriale, considerata patrimonio immateriale nazionale, com’è noto, è rappresentata da innumerevoli tesori che vanno dai paesaggi d’incomparabile bellezza, ai monumenti ricchi di storia, all’artigianato fatto di cose semplici ma solide e durature, ricchezze archeologiche, artistiche e culturali, produzioni enogastronomiche, ospitalità rurale, produzioni tipiche, tradizioni popolari, patrimonio agricolo, ecc., elementi legati a doppio filo con il mondo contadino.

Quindi, per questo motivo, ma anche per altri, la promozione e il sostegno dello sviluppo rurale costituisce un obiettivo prioritario e fondamentale della politica agricola europea, ma anche nazionale. Il recupero del mondo rurale e la sua valorizzazione è stata, è, e sarà il motore propulsore per trascinare l’economia italiana, e non solo, dal pantano in cui si è arenata.

Non ci può essere un’Europa economica-monetaria, politica e sociale unita travalicando la saggezza e gli insegnamenti del mondo rurale, quella ruralità che ha determinato la rinascita dell’Europa e dell’Italia dopo il conflitto mondiale. Quel mondo rurale costituito da culture millenarie, da sapere, riti, tradizioni, storia, genialità, fede, aspetti etno-antropologici, insomma, quel bagaglio multidisciplinare che ha da sempre contraddistinto il mondo agreste.

Sono trascorsi 25anni del famoso Rapporto Delors su «II futuro del mondo rurale» a cui seguì quella scommessa di spessore e consistenza proposta nel 1989 dall’Istituto Nazionale di Sociologia rurale, che in parte, così recitava: «Da una ruralità di esodo a una ruralità d’immigrazione. Da una ruralità d’inerzia a una ruralità d’iniziativa. Da una ruralità contrassegnata da uno spirito di sconfitta a una ruralità improntata a volontà di conquista…». «Il punto di partenza fu quel richiamo a una ruralità d’iniziativa e di conquista; un mondo rurale fiero della propria appartenenza, ancorché stretto fra l’incudine dell’invadenza urbana e il martello della marginalità».

Le tendenze della Politica Agricola Comunitaria, contenute nella proposta della Commissione dell’Unione Europea conosciuta come «Agenda 2000″ e la Programmazione di Sviluppo rurale 2007/2013, hanno stimolato e indirizzato al ruolo che l’agricoltura può e deve svolgere: una riflessione mirata a ricercare nuove strategie innovative in favore delle aree rurali (il 56% della popolazione dei ventotto Stati membri dell’Unione europea (UE) vive in zone rurali e queste ultime rappresentano il 91% del suo territorio).

E’ evidente che la politica a favore dello sviluppo rurale per l’UE diventa obbligata. L’agricoltura e la silvicoltura rimangono le forme prevalenti di utilizzazione del suolo e di gestione delle risorse naturali nelle zone rurali dell’UE, oltre a costituire un’importante piattaforma per la diversificazione delle attività economiche nelle comunità rurali.

Il rafforzamento della politica di sviluppo rurale è quindi, ormai, una priorità generale dell’Unione europea. Il fallimento delle politiche di programmazione e di sviluppo, «calate dall’alto» hanno fatto prendere coscienza ad amministratori e operatori economici che la strada da intraprendere deve basarsi sulle capacità di progettare e di attuare una crescita economica endogena; infatti, tale modello di sviluppo inizia a essere valutato come un reale patrimonio da valorizzare da parte degli operatori pubblici e privati, che intendono promuovere una nuova cultura di sviluppo, finalizzata al miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali. Protagonisti di questa consapevolezza sono stati i GAL, le Organizzazione di categoria, le Agenzie di sviluppo, gli imprenditori agricoli, ecc., i quali, grazie ad una superba fantasia e creatività hanno saputo dare quella dignità e rivalutazione delle aree rurali indirizzando le popolazioni a concetti come: multifunzionalità, diversificazione, rete, sviluppo dal basso, sussidiarietà, ecc. e tante altre strategie portanti che sono entrate prepotentemente nelle filosofie delle politiche comunitarie.

«Tradizione e innovazione sono andati di pari passo, nella consapevolezza che ogni territorio è un unicum irripetibile utile per costruire un futuro degno dell’uomo del terzo millennio». (G. Oddo)

Le popolazioni rurali hanno preso coscienza dei valori impressi nei territori dove vivono. Si è superato inoltre il concetto che la campagna è sempre stata sinonimo di arretratezza, sottosviluppo, palla di piombo al piede della modernizzazione.

Contemporaneamente, nel corso di questi ultimi anni, il mondo agricolo ha subito cambiamenti repentini che hanno determinato: i mutamenti della domanda e la struttura dei consumi alimentari. In particolare si è assistito, all’aumentare del reddito pro-capite, una propensione al consumo di beni in grado di soddisfare esigenze specifiche dei consumatori: beni tradizionali, tipici, ecc., che rispondevano anche a un’esigenza nutrizionale e altre qualità connesse, come, lo stile di vita (salutismo, edonismo, ecc.).

Inoltre si è assistito, con la saturazione dell’offerta causata dall’internazionalizzazione e della destagionalizzazione dei mercati, che hanno determinato una suddivisione tra i consumatori più responsabili e con qualche euro in più da spendere che si sono orientati verso i prodotti di qualità, e i meno facoltosi che obbligatoriamente sono attratti sempre più frequentemente da prodotti alimentari a basso costo provenienti, soprattutto, dai paesi in via di sviluppo.

Sono così cresciute: la consapevolezza dei consumatori e l’acquisizione del concetto di qualità dei beni e servizi, soprattutto nei riguardi dei prodotti agroalimentari, provocata da numerosi scandali del settore del consumo: il botulismo nello yogurt, il metanolo nel vino, la salmonella nella carne avicola, il piombo nel latte in polvere, la listeria nei formaggi, l’uso di ormoni illegali nella carne bovina, il pollo alla diossina, la lingua blu, la BSE bovina, il latte alla melanina, ecc.

Tutto ciò, ha determinato da parte del consumatore un interesse sempre crescente nei confronti dei prodotti legati a un determinato territorio, diversi dal punto di vista qualitativo, genuini, saporiti, fonte di gioia per il palato e di svago per la mente.

Gli aspetti alimentari sono fortemente legati anche all’esigenza, soprattutto del consumatore di città, a cercare una risposta allo stress della vita moderna, una risposta all’omologazione degli stili di vita e delle abitudini alimentari, nonché ai problemi ambientali, il bisogno di sicurezza, maggiore trasparenza in termini di provenienza e di tracciabilità dei prodotti consumati, ecc.

L’offerta a questa domanda, sempre più esigente e intelligente, è quella antica, diventata moderna e economicamente e socialmente più rispondente a questa nuova cultura: il patrimonio dei territori rurali.

Una ricchezza costituita da prodotti tipici e tradizionali, l’enogastronomia, il paesaggio e la natura, l’attività ludica e sportiva, ecc. tutti elementi di richiamo e che concorrono a costituire un’insospettata riscoperta dell’ambiente rurale.

La qualcosa può far sperare tutti gli operatori agricoli che da questo nuovo impulso sperano di trarre benefici vedendo ingrossare i loro svuotati portamonete.

Mondo rurale di cui si erano perse le tracce nell’immediato dopoguerra. Persino molte famiglie contadine inurbate ed emigrate, in aree di forte concentrazione industriale, avevano preso drasticamente le distanze delle loro origini rurali.

Il merito di questa inedita presa di coscienza va ascritto innanzitutto: alla riscoperta della ruralità, l’esigenza di salvaguardare il territorio, il desiderio di stili di vita più naturali, il bisogno di territori rassicuranti, l’allineamento alla politica comunitaria, l’esigenza da parte delle aziende agricole di dotarsi di aspetti multifunzionali (fattorie didattiche, aziende agrituristiche, fattorie sociali e musicali, ecc.), combattere il temuto abbandono dei paesi con il prezioso patrimonio culturale e folkloristico. Questo cambiamento economico, culturale e sociale, riconduce a riconoscere l’agricoltura un luogo dignitoso di spazio produttivo, ricreativo e funzione di leva per lo sviluppo sostenibile per una nuova qualità della vita.

Una nuova visione che trova rispondenza anche dalla riforma della politica agricola dell’UE (PAC) 2014/2020 che prevede: un sostegno all’agricoltura sostenibile, più aiuti ai nuovi agricoltori e distribu­zione più uniforme dei finanziamenti fra i paesi UE. La politica agricola dell’UE si prefigge di garantire agli agricoltori un tenore di vita decente e agli europei prodotti alimentari in quantità sufficienti e a prezzi accessibili.

Le finalità di questa politica sono: sostenere il reddito degli agricoltori, a condizione che rispettino criteri rigorosi in materia di sicurezza alimentare, protezione dell’ambiente e salute e benessere degli animali (pari al 70% del bilancio dell’UE per l’agricoltura); stabilizzare il mercato quando il settore è colpito da maltempo o epidemie (circa il 10% dei fondi stanziati); finanziare la modernizzazione delle imprese agricole per renderle più competitive (20% dei finanziamenti dell’UE, integrati da quelli nazionali).

La strategia Europa 2020 punta a rilanciare l’economia dell’UE nel prossimo decennio. In un mondo che cambia l’Unione Europea, si propone di diventare un’economia intelligente, sostenibile e solidale, argomenti che richiamano la carte di Expo 2015 di Milano. Queste tre priorità che si rafforzano a vicenda intendono aiutare l’UE e gli Stati membri a conseguire elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale. In pratica, l’Unione si è posta cinque ambiziosi obiettivi in materia di: occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e energia alternativa da raggiungere entro il 2020.

Parallelamente a questa crescita culturale, rivoluzionaria per le campagne, si assiste quotidianamente a una lotta continua tra chi spinge verso una valorizzazione piena delle aree rurali attraverso politiche, creatività, entusiasmo, ecc. e chi, viceversa, fa di tutto per cancellare questi segni di rivitalizzazione del mondo rurale.

Diventa incomprensibile, in tempi di spending review e di IMU agricola, far pagare anche al «sistema rurale» i costi per sostenere «la casta», formata non solo da politici, ma anche dal mondo della finanza, banchieri, super burocrati, manager, ecc. garanti di una rete d’interessi invisibili che li rende immortali nella «prima, seconda e terza Repubblica». All’insegna della spending review si vuole depennare quanto fin qui è stato conquistato, mortificando e scoraggiando le popolazioni rurali, attraverso l’eliminazione di uffici, ospedali, servizi, scuole, ecc.

Bisogna a tutti i costi combattere questa «tecnocrazia contabile» che nel marasma della globalizzazione ha perso i principi e valori della solidarietà della fratellanza, unica arma per placare gli animi della polveriera sociale che in tempi brevi, continuando così, metterà a ferro e fuoco l’intera Europa.