Salvare le api, accordo tra le associazioni di agricoltori per ridurre gli insetticidi
Per iniziativa dell’Osservatorio nazionale miele, si è svolto in questi giorni presso il Mipaaf – Palazzo dell’Agricoltura di Roma-, alla presenza del vice ministro Andrea Olivero un interessante incontro, a detta di tutti, storico, durante il quale è stato firmato un protocollo d’intesa per l’applicazione delle buone pratiche agricole e la salvaguardia delle api nei settori sementiero e ortofrutticolo. Firmatari dell’intesa sono stati Confagricoltura, Cia, Alleanza cooperative, Assosementi, Asseme (Associazione sementieri mediterranei), Cai (Confederazione agromeccanici e agricoltori Italiani), Comas (Consorzio delle organizzazioni di agricoltori moltiplicatori di sementi), Compag, Federazione apicoltori italiani, Unione nazionale associazioni apicoltori italiani.
Obiettivo dell’accordo
Le parti si sono impegnate a promuovere il protocollo di intesa e a sensibilizzare i propri associati affinché non trattino le piante sementiere ed ortofrutticole in fioritura con insetticidi e altre sostanze tossiche nei confronti delle api.
Oltre l’accordo
L’accordo prevede inoltre:
- la predisposizione di un elenco di prodotti fitosanitari consigliati per la difesa delle coltivazioni sementiere e ortofrutticole in prefioritura, con particolare riguardo ai trattamenti con prodotti sistemici o molto persistenti;
- definire e promuovere l’applicazione delle migliori pratiche agricole in grado di tutelare l’attività apistica, sementiera ed ortofrutticola, al fine di affermare una produzione agricola sostenibile che salvaguardi la biodiversità;
- attivare uno scambio di informazioni fra le parti e fra i rispettivi associati che consenta di ridurre le situazioni di criticità che in passato hanno coinvolto i settori interessati;
- istituire un tavolo tecnico permanente con lo scopo di monitorare le produzioni dei diversi comparti, individuando le problematiche inerenti i prodotti fitosanitari idonei ed autorizzati per la corretta difesa delle coltivazioni sementiere ed ortofrutticole;
- la salvaguardia del patrimonio apistico, nonché individuare le eventuali soluzioni per superare le criticità riscontrate sollecitandone l’attivazione;
- promuovere la realizzazione di strumenti informativi e momenti formativi coinvolgendo tutte le componenti istituzionali e produttive interessate al fine di accrescere la conoscenza delle tecniche produttive e delle normative in vigore, nonché la consapevolezza della loro corretta attuazione ed applicazione.
Le parti infine auspicano che al tavolo tecnico permanente partecipino, oltre ai rappresentanti dei firmatari, anche altre istituzioni pubbliche, in particolare il Servizio fitosanitario nazionale.
L’assenza del Servizio fitosanitario nazionale
Lascia perplessi l’assenza del Servizio fitosanitario nazionale, Istituzione che provvede al controllo attraverso le Regioni e le province autonome per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN) regolamentato dal decreto 22 gennaio 2014.
Quest’ultimo definisce gli obiettivi, le misure, le modalità e i tempi per pervenire alla riduzione dei rischi e dell’impatto dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari sulla salute, sull’ambiente e sulla biodiversità, promuovendo, tra l’altro, l’applicazione della difesa a basso apporto di prodotti fitosanitari.
Al riguardo il PAN, individua le attività che devono essere svolte dal Ministero delle politiche agricole (di seguito MiPAAF) e dalle Regioni e Province autonome con riferimento a:
- difesa integrata obbligatoria;
- difesa integrata volontaria;
- agricoltura biologica.
Il ruolo chiave per il raggiungimento degli specifici obiettivi previsti dal PAN è attribuito alle Regioni e Province autonome, che sono chiamate a creare le condizioni ed a fornire i servizi necessari, affinché tutti gli utilizzatori professionali adottino i principi della difesa integrata.
Il PAN individua inoltre gli obblighi a cui devono sottostare tutti gli utilizzatori professionali di prodotti fitosanitari e le aziende agricole per l’adozione della difesa integrata obbligatoria, nonché gli obblighi a cui devono attenersi le aziende agricole, che scelgono di applicare la difesa integrata a titolo volontario o l’agricoltura biologica.
Questo raccordo risulta fondamentale senza il quale non ci può essere sinergia e condivisione di iniziative. Nonostante ciò, in molte Regioni compresa la Sicilia l’assistenza tecnica rivolta alle aziende è molto deficitaria, cosa che dovrebbe invece essere presente e continua.
Occorre fare presto
Diceva Albert Einstein: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita.”
La loro scomparsa non comporta semplicemente la diminuzione della produzione del miele, ma non si potrebbero attivare l’impollinazione di centinaia di specie di piante, sia coltivate che selvatiche. Le conseguenze di una mancata impollinazione si riflettono sull’agricoltura, e sull’intero ecosistema del Pianeta. In pratica, non solo niente miele, ma niente frutti, verdure e fiori.
Colpevoli di questa estinzione epocale sono l’uso indiscriminato dei pesticidi, i cambiamenti climatici e l’indifferenza dell’uomo che con l’introduzione di prodotti Ogm e l’invasione di onde elettromagnetiche che li fanno disorientare, come quelli dei cellulari stanno mettendo in serio pericolo l’esistenza di questi insetti, indispensabili per la sopravvivenza umana. E’ dimostrato che le api evitano i campi coltivati a Ogm, e trasmettono persino segnali d’allarme anche alle compagne che non hanno ancora sorvolato le coltivazioni transgeniche.
Un lavoro quello delle api che svolgono Gratis et amore Dei che produce solo nella UE decine di miliardi di euro.
Tra le cose curiose del Web è inquietante un video intitolato: Robobees che mostra un esercito di api – robot, realizzate dalle multinazionali dell’agroalimentare, che dovrebbero sostituire le vere api, per poter continuare l’impollinazione in modo artificiale. Un video che è stato anche attenzionato da Greenpeace che sarebbero seriamente preoccupata per l’uso funesto che le multinazionali darebbero a determinate colture a discapito di altre compromettendo l’intera esistenza della biodiversità.
Le opportunità e la multifunzionalità dell’attività apistica.
Non tutti sanno che l’Italia produce solo la metà del miele che consumiamo, importando la differenza dall’estero, prodotti importati, dall’incerta provenienza, dal basso costo, ma anche dalla bassa qualità. Ciò serve a stimolare nuove opportunità di business per chi vuole diventare un apicoltore. Il lavoro è appassionante e mettersi in proprio non prevede investimenti ingenti. In Italia gli apicoltori sono circa 70 mila, con un giro d’affari di 60 milioni di euro. Il miele più richiesto è quello di acacia, che detiene il 60% del mercato, a seguire quello di agrumi, millefiori, eucalipto, castano; la produzione è localizzata nel sud Italia, mentre nel nord Italia si registrano volumi di vendita doppia. L’apicoltura può essere intrapresa anche in zone marginali e protette, purché nel raggio di due-tre km ci siano fioriture produttrici di polline e nettare, soleggiate, vicine a una sorgente d’acqua. Pare che la metà della produzione nazionale di miele si ottenga da allevamenti che non fanno uso di sostanze chimiche, con prezzi maggiori del 20% circa rispetto a quelli convenzionali. L’apicoltura è tra le attività che più si prestano alla conduzione familiare, con ottimi guadagni.
In sintesi i quasi sessanta miliardi di api in Italia non riescono a soddisfare il consumo di miele e dei prodotti degli alveari del nostro paese.
Tra le attività connesse l’alveare è uno dei più interessanti sia sotto l’aspetto economico, sia sotto l’aspetto realizzativo.
Tra l’altro, non servono grandi capitali e si può scegliere di avviare l’attività di apicoltura in maniera progressiva, senza correre rischi. Le fonti di guadagno di un apicoltore sono molteplici: dall’arnia si ottengono polline, pappa reale, propoli, cera d’api, idromele e, ovviamente, il miele, che negli ultimi anni ha registrato un sensibile incremento di consumo pro-capite, sostenuto anche dalla cultura dell’alimentazione naturale che sempre più sta conquistando il consumatore italiano. La possibilità di vendere sul mercato locale è quasi sempre un’opportunità da cui cominciare e che rende quest’attività attrattiva e con pochi rischi anche per gli apicoltori inesperti. Passione per il lavoro all’aria aperta e per questi piccoli insetti e disponibilità di un terreno in cui collocare le arnie, anche di piccole dimensioni, di proprietà o in affitto, consentono di diventare apicoltore e di assicurarsi un’accattivante fonte di reddito. L’impegno può anche essere part-time.
Prima di intraprendere questa attività è consigliabile fare un po’ di esperienza facendosi “adottare” da un maestro apicoltore e seguire un corso di primo livello tra i tanti che organizzano ovunque le associazioni, spesso cofinanziati dall’Ue. L’apicoltura è considerata a tutti gli effetti un’attività agricola. Chi intende fare l’apicoltore professionista, con lo scopo cioè di destinare alla vendita tutta o una parte della produzione, deve aprire una partita IVA in agricoltura, iscriversi al Registro degli Imprenditori agricoli presso la Camera di Commercio e registrarsi presso l’ASL di competenza che rilascia un codice di identificazione. Può usufruire anche degli aiuti previsti dal Reg. CEE n. 1234/2007 e successive modificazioni; del Regolamneto (UE) n. n.1308/2013; Decreto 25 marzo 2016 (Gazzetta Ufficiale italiana del 18 maggio 2015 – serie generale n.115); Regolamento (UE) n.1306/2013, del 17 dicembre 2013.