Economia e Lavoro

“Il futuro della ruralità? È emozione, relazione e impresa giovane”

Intervista a Fausto Faggioli, esperto e docente di sviluppo territoriale e turismo rurale, Project e territorial marketing manager per lo sviluppo sostenibile, reti intersettoriali e Distretti Rurali di Qualità, Presidente di E.A.R.T.H. Academy (rete per la cooperazione e lo scambio di buone pratiche). Presidente “Rete Albatros” rete di professionisti e imprese che tutela le realtà locali fornendo assistenza amministrativa, ingegneristica e finanziaria agli enti locali; responsabile nazionale del “Turismo Rurale ed Esperienziale” di IFTAJ (International Federation of Tourism Authors and Journalists ). Collabora inoltre a livello europeo con Amministrazioni pubbliche, Università, ITS-Academy, Scuole, GAL, Enti formativi, Imprese private ed è autore di numerosi libri di marketing e comunicazione sullo Sviluppo Rurale e coordinatore del progetto “Giovanimpresa & Turismo Rurale”.

In un mondo sempre più connesso e veloce, dove tutto sembra passare attraverso uno schermo, c’è una realtà che resiste e si rinnova: quella delle aree rurali. Luoghi di memoria, ma anche di opportunità. Ne parliamo con Fausto Faggioli, figura storica del mondo rurale italiano, oggi alla guida di un progetto che mette al centro i giovani, l’innovazione e il turismo esperienziale.

D. Fausto, oggi si parla sempre più di ruralità come “esperienza”. Che cosa significa, davvero?

Faggioli: Significa che il visitatore non cerca più semplicemente un prodotto tipico o un bel paesaggio: vuole vivere un’esperienza autentica. Vuole emozionarsi, sentirsi parte di un racconto, ricordare un sapore, un profumo, una storia. E questo è proprio il cuore della ruralità: un patrimonio emotivo e sensoriale che può generare valore economico, sociale e culturale.

D. In questo senso, qual è il ruolo del neuromarketing nello sviluppo del turismo rurale?

Faggioli: Il neuromarketing ci aiuta a capire cosa funziona davvero nell’esperienza dell’ospite. Non si tratta solo di promuovere un servizio, ma di progettare vissuti che parlano al cuore prima che alla testa. Un sorriso autentico, il pane caldo appena sfornato, il racconto della nonna mentre versa il vino: questi sono i dettagli che restano. Il cervello non ricorda un prezzo, ma un’emozione. Oggi, più che mai, il vero “prodotto” è l’emozione.

D. Come si traduce tutto questo in opportunità per i giovani?

Faggioli: Con il progetto “Giovanimpresa & Turismo Rurale nella Romagna Forlivese” stiamo offrendo ai giovani dai 18 ai 35 anni un’occasione concreta per creare impresa, lavorare sul territorio e mettersi in gioco nei settori del turismo rurale, dell’accoglienza e delle attività outdoor. È una risposta concreta a una domanda crescente del mercato, ma anche a un bisogno profondo: quello dei giovani di sentirsi utili, protagonisti e radicati.

D. È un progetto pensato dal basso, giusto?

Faggioli: Esattamente. È un modello di sviluppo “bottom-up”, dove pubblico, privato e comunità lavorano insieme. Insieme ai Comuni di Forlì, Civitella, Galeata, Santa Sofia e Premilcuore abbiamo costruito una rete vera, operativa, che mette a disposizione strumenti, competenze e relazioni. Non ci fermiamo alla formazione: accompagniamo i ragazzi nella costruzione vera di impresa, con una short list di professionisti pronta a intervenire.

D. In che modo la cultura immateriale può arricchire il turismo rurale?

Faggioli: La cultura immateriale è uno degli elementi più preziosi per dare forza e autenticità all’esperienza rurale. Penso all’artigianato artistico, ai ricami, alle lavorazioni storiche (ferro – legno, ecc.) , alle colture di prodotti che mirano alla salvaguardia della biodiversità, alle trasformazioni alimentari con ricette tramandate nei secoli ecc., sono pratiche che raccontano e fanno rivivere la vita in un territorio sicuramente meglio di mille parole. Far conoscere e far vivere queste attività manuali ai visitatori significa non solo offrire emozioni profonde, ma anche preservare un patrimonio culturale che rischierebbe di scomparire. È un viaggio nei saperi antichi reso ancora più straordinario perché frutto del valore umano che porta con sé.

D. E quanto conta la “cultura del fare” tramandata di generazione in generazione?

Faggioli: È fondamentale! La cultura del fare – quella ereditata dai nonni, arrivata a noi attraverso i nostri genitori, fatta di gestualità, esperienze, conoscenze, saperi, tramandati attraverso i dialetti locali, tutto ciò rappresenta il cuore pulsante delle nostre comunità rurali. Ogni attività agricola, ogni lavorazione artigianale, ogni piatto tipico è il frutto di una storia lunga e appassionata. Tramandare tutto questo ai visitatori non significa solo far conoscere una tecnica o un prodotto, ma aprire una finestra sulla vera anima del territorio. Se vogliamo che i nostri ospiti vivano emozioni autentiche e se vogliamo proteggere un patrimonio culturale immenso, dobbiamo continuare a raccontare e a praticare questa cultura viva, ogni giorno.

D. Qual è, secondo lei, il valore aggiunto di questo approccio?

Faggioli: Che mette le persone al centro, e soprattutto le emozioni al centro. Perché il valore di un territorio non è solo nei suoi prodotti, ma nella capacità di far sentire chi lo visita parte di qualcosa di più grande. La ruralità è uno scrigno di identità, memoria e futuro. E se sappiamo raccontarla bene, può diventare la chiave per una nuova economia.

D. In tre parole, il futuro della ruralità?

Faggioli: Emozione. Relazione. Visione.

D. Che futuro prospetta per il turismo rurale?

Il turismo rurale non è più solo un’occasione di svago: è un’occasione di rinascita. E progetti come “Giovanimpresa” dimostrano che si può fare impresa rimanendo fedeli alla propria anima contadina. Perché, come dice Fausto Faggioli, “L’esperienza che resta nel cuore è quella che ha attraversato i sensi e toccato l’anima”.