Lotta agli incendi in Sicilia più forte con selvicoltura e coinvolgimento del territorio

Curare e gestire i boschi siciliani in modo da renderli più resistenti agli incendi e in grado di riprendersi più velocemente dagli effetti devastanti del fuoco. Ma anche per fare della forestale un settore capace di produrre reddito e non solo una voce di spesa. E, infine, operare una svolta culturale che coinvolga la gente del territorio nella cura dei boschi, creando anche posti di lavoro stabili. È la “ricetta” proposta da Federico G. Maetzke, professore ordinario di Selvicoltura e Assestamento Forestale all’Università di Palermo, in un articolo ospitato su Strumenti Res, la rivista della Fondazione Res, dal titolo: “Incendi, cultura dell’ambiente e selvicoltura in Sicilia”.

I numeri affiancati da Maetzke sono impietosi. Da un lato ci sono i costi delle emergenze: «Un aeroplano Canadair – scrive – ha un costo di acquisto di circa 23 milioni di euro, un costo di gestione operativa di circa 10.000 euro per ora di volo. Un elicottero Erikson S64 ha un costo di oltre 16 milioni di euro, il costo per ora di volo è di oltre 5.000 euro. Un’ora di una squadra a terra, non meno di 200 euro. E solo per la bonifica post incendio può occorrere una decina d’ore per ettaro». Dall’altro le spese per la cura delle foreste: «Un buon piano di gestione – sottolinea Maetzke – comporta una spesa massima di circa 100-150 euro per ettaro. Un ettaro di rimboschimento costa da 7.500 a 10.000 euro. Il diradamento moderato dal basso di un ettaro di giovane fustaia di conifere costa circa 3.000 euro, lo sfollo di un rimboschimento giovane circa 1.000 euro per ettaro». Opere per le quali sarebbe pure possibile accedere ai fondi comunitari. «L’approccio al problema dagli incendi – tiene a precisare il docente – non può essere limitato alla sola repressione degli eventi o alla predisposizione di adeguati strumenti d’intervento, pur indispensabili, ma deve basarsi soprattutto sulla prevenzione e sull’educazione».

Tra gli interventi proposti da Maetzke ci sono la rinaturalizzazione dei rimboschimenti con la progressiva riduzione delle conifere a vantaggio delle latifoglie contribuendo a diminuire la suscettibilità all’incendio; diradamenti in grado di diminuire la biomassa a rischio di prendere fuoco e sfruttando il prodotto legnoso per piccoli impianti locali per la produzione di energia; l’apertura e la manutenzione delle fasce parafuoco. In fase di impianto, inoltre, occorre scegliere specie che assicurino una rapida ed efficace reazione all’eventuale passaggio del fuoco. Opere che permetterebbero di sfruttare adeguatamente la manodopera del settore forestale e potrebbero, almeno in parte, esser in grado di creare reddito ulteriore dalla vendita del materiale legnoso. «Creare opportunità di lavoro nel bosco – riflette, infatti, l’esperto – significa soddisfare anche una crescente domanda di lavoro alternativo a quello delle fabbriche e delle città, mantenere la popolazione sulle montagne. Ricreare questo rapporto, nel tempo può comportare anche la riduzione degli incendi e aumentare una vigilanza spontanea. Nessuno brucerà il frutto del proprio lavoro se ne ha rispetto, se è convinto che esso produce reddito e occupazione continuativa». Tutto ciò, implica anche «l’impiego di manodopera altamente qualificata guidata da personale ad alta specializzazione, con una grande passione per il lavoro in bosco. A Palermo – unica realtà tra gli atenei dell’Isola – con i corsi di Scienze Forestali e Ambientali si formano laureati qualificati per  conoscenze  scientifiche  e  tecniche,  in  grado  di progettare  e  guidare il  lavoro nelle  aree  forestali  e agroforestali».