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“Al contadino non far sapere quant’è buono il formaggio con le pere”: la realtà di Castronovo di Sicilia

“Non far sapere al contadino quant’è buono il formaggio con le pere”. Questo tormentone conosciuto da tutti è un modo di dire, che nasconde la storia dei contadini, quella guerra che ha spinto Pippo Oddo a intitolare il suo libro Il Miraggio della terra.

Quei miseri accordi di una mezzadria mai rispettata che regolamentava i rapporti fra padrone e contadino, quest’ultimo, infatti, era tenuto in piena soggezione, a consegnare tutti i prodotti migliori per la mensa del proprietario.

E per questo motivo, bisognava tenere il contadino all’oscuro di queste intriganti prelibatezze di gusto, in particolare il mix: pere e formaggio, per evitare che la classe subalterna, scoprendo tale ghiottoneria, poteva trattenersi i prodotti per sé.

“Non far sapere al contadino quant’è buono il formaggio con le pere”, si adatta abbastanza bene alla popolazione castronovese, potrebbe anche essere il titolo di una prossima sagra, poichè le pere e il formaggio sono i prodotti bandiera dello “scrigno dei Sicani”.

L’incontro di gusto e di sapore è davvero singolare, una combinazione che riesce ad inebriare anche i palati più reconditi.

Castronovo di Sicilia, si consolida e si conferma, oltre come terra dei formaggi, con le prelibatezze del Fiore sicano, della Tuma persa e del Pecorino siciliano (Dop) delle classiche provolette, ma è anche uno dei territori d’eccellenza per la produzione della Pera coscia, al punto, che da qualche decennio si è imposta riuscendo a soppiantare la pesca che per un cinquantennio era stata l’elemento propulsivo economico del territorio.

Quest’anno, nonostante la produzione della Pera coscia castronovese, ma anche quella siciliana, ha un subito una flessione produttiva del 30%, ha superato il suo prezzo, riuscendo a spuntare ricavi che si avvicinano ad un euro e trenta centesimi al chilogrammo.

Con una superficie territoriale di più trecento ettari, con produzioni medie che si aggirano sui 350 quintali ad ettaro, al prezzo di 1,30, il resto del conto economico continuate a farla voi e scoprirete il perché del successo di questa pomacea.

Qualche operatore dice che le spese sono elevate e si aggirano sui quattromila/cinquemila euro ad ettaro, comunque sia, il margine di guadagno c’è ed è elevato, ciò consente di sperare ed investire su questa coltura.

Ad incidere sull’andamento produttivo pare che sia stato l’andamento climatico primaverile, e in particolar modo il vento di scirocco, che non ha favorito la fase di allegagione. Qualche produttore, sorridendo, mi dice che si avvantaggerà così la pezzatura media che il grado zuccherino dei frutti.

Castronovo è uno dei paesi a cavallo tra la provincia di Agrigento e quella di Palermo, un territorio ricco di storia, archeologia, artigianato, agroalimentare, insomma è una di quelle isole felice dove l’emorragia della nuova emigrazione è fortemente contenuta, poiché i giovani, grazie al comparto agricolo, riescono a trovare lavoro.

La grande ricchezza di acqua ed un microclima favorevole hanno stimolato la nascita  di parecchie aziende con vari indirizzi colturali fra cui grande rilievo ormai da diversi anni hanno assunto gli impianti frutticoli ed in particolar modo gli impianti di pere Coscia (Pyrus communis).

Coltivazione che ha soppiantato la coltivazione del pesco, che a causa della paura della Sharka e delle difficoltà di mercato, hanno fatto optare gli agricoltori per la coltivazione del pero.

Coltura che viene prodotta in prossimità del fiume Platani nelle contrade Valle del Pero e Pescheria, una produzione che si sta imponendo nel panorama produttivo regionale, e che sta stimolando l’intera comunità a specializzarsi nella produzione della frutticoltura tardiva delle aree interne.

Le motivazioni vanno anche ricercate nelle pregiate qualità organolettiche: colore, sapore, croccantezza, e conservabilità che in questo lembo di territorio il pero riesce ad esaltarsi, grazie anche alla natura dei terreni, alla qualità delle acque irrigue e al microclima.

La pezzatura è medio-piccola, 100-180 grammi, presentano una buccia liscia e sottile, di colore verde chiaro che diventa giallo intenso con evidenti macchie rosse nelle zone esposte al sole. Quando il frutto è completamente maturo, vira al giallo pallido, con screziature rosate (la cosiddetta “faccina”) sulla parte più esposta al sole. La polpa è di colore bianco cremosa con consistenza granulosa, leggermente profumata, succosa e zuccherina. Inoltre abbondando di zuccheri semplici (fruttosio), contengono vitamina C e antiossidanti naturali come il betacarotene e la luteina. Senza dimenticare che le pere sono ricche di fibre che agevolano le funzioni intestinali e aumentano il senso di sazietà.

La pera coscia è una varietà precoce, tipica dell’estate: viene raccolta a partire da luglio e commercializzata fino a settembre.

“Al contadino non far sapere, quanto è buono il cacio con le pere!”. Invece, in questo territorio lo sanno abbastanza bene. Questa è anche terra di una pregiata zootecnica. I pascoli ubertosi sono appannaggio di bovini e ovini che, oltre a dare delle carni pregiatissime, gli animali sono allevati quasi tutti allo stato brado, producono dei meravigliosi formaggi. Questa è la terra del Pecorino doc, della tuma persa e del fiore sicano, quest’ultimi due iscritti come formaggi storici siciliani. Non sono di meno anche le provolette sicane, insomma, i formaggi castronovesi sono un’ulteriore peculiarità produttiva.

Tornando alla “coscia” castronovese, oltre alla produzione di luglio, può essere raccolta acerba e conservata nelle celle frigorifero di cui sono dotate diverse aziende agricole, dove si aspetta il Natale per invadere il mercato a costi più remunerativi.

Wikipedia suggerisce che il “Il nome “coscia” deriva principalmente dalla forma e dalle rotondità dei loro frutti, che già agli uomini del passato ricordavano le forme e rotondità delle donne (che un tempo erano molto più formose, così come volevano i canoni di bellezza d’un tempo)”.

L’entusiasmo per questo frutto ha dato vita alla realizzazione del Consorzio dei produttori Agricoli “Val Platani” un’aggregazione di imprese agricole produttrici con l’obiettivo di valorizzare e tutelare le risorse agricole del territorio.  Il Consorzio, a garanzia dei mercati e del consumatore, impone alla sue aziende consorziate disciplinari di produzioni che determinano una qualità inconfutabile dei suoi prodotti, adotta per tutti i prodotti la certificazione di qualità di produzione.

Le realtà produttive siciliane della pera riguardano anche le pendici dell’Etna dove il prelibato frutto viene chiamato, “Coscia di monaca” o “Coscia di donna” e la ridente cittadina agrigentina di Ribera, già nota per le la splendida “Riberella Dop.”.

Sarebbe auspicabile, considerato le esigue produzioni i tre territori potessero dare vita ad un unico consorzio, magari chiedendo un’unica Dop “Pera Coscia Dop Sicilia” e garantirsi una egemonia e una identità sul mercato.