Il sistema fiscale in agricoltura

agricolturaIl sistema fiscale in agricoltura In Italia, l’attività agricola viene tassata attraverso un regime particolare di vantaggio in quanto il settore agricolo è ritenuto un motore per la crescita del Paese, nonché un’attività da tutelare in quanto produttrice di beni primari.

A mio avviso l’individuazione della figura dell’imprenditore agricolo, in quanto soggetto al regime fiscale di vantaggio, è propedeutica all’analisi del sistema fiscale italiano. Il Codice Civile non fornisce la definizione di imprenditore agricolo, bensì si limita a definire le attività da lui svolte distinguendole, al comma 1 dell’art. 2135, in attività principali e attività connesse, indicando come attività principali la coltivazione del fondo, la selvicoltura e l’allevamento di animali. Il legislatore, al comma 2, precisa che per attività principali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Tale definizione acquista particolare rilevanza in riferimento ad alcuni settori, come il florovivaismo e l’allevamento, per cui si può essere considerati imprenditori agricoli anche se la pianta o l’animale sono acquistati da terzi, a condizione che venga completato un ciclo biologico ovvero una fase necessaria dello stesso, che comporta un incremento del prodotto.

Le attività connesse vengono definite nel comma 3 e riguardano attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti ottenuti prevalentemente da un’attività agricola principale e attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge. Il dettato dell’art. 2135 c.c. è stato integralmente modificato dal D.Lgs. 228/2001 il quale ha apportato sostanziali novità introducendo il concetto di prevalenza e annoverando i servizi fra le attività agricole seppur connesse. L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 44/E del 15 Novembre 2004 ha chiarito che la prevalenza può essere misurata in termini di quantità o di valore. Il primo parametro può essere utilizzato se i beni da porre a confronto sono omogenei, per fare un esempio possiamo immaginare la trasformazione in marmellata di mele prodotte dall’imprenditore agricolo e mele acquistate da terzi; diversamente, qualora i beni non fossero omogenei, il criterio ritenuto più idoneo ai fini della rilevanza della prevalenza risulterebbe essere quello del valore, per cui ci troveremmo ad esempio a trasformare in marmellata mele prodotte dall’imprenditore agricolo e pere acquistate da terzi. L’attività di agricoltore può essere ricondotta dal punto di vista normativo a tre figure fondamentali:

  1. L’imprenditore agricolo, il quale esercita una delle attività principali e connesse richiamate dall’art. 2135 c.c.;
  2. L’imprenditore agricolo professionale, che per definizione è colui il quale, in possesso di adeguate conoscenze professionali, dedica alle attività agricole, direttamente o in qualità di socio, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricava dalle medesime almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro; percentuale ridotta al 25% nelle zone svantaggiate, tra le quali rientra anche la regione Sicilia.
  3. Il Coltivatore Diretto, il quale si dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione del fondo e al governo del bestiame, sempre che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad 1/3 di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento e il governo del bestiame. Esso è paragonato alla figura del piccolo imprenditore.

Dopo avere definito la figura dell’imprenditore agricolo, procedo a delineare il sistema di tassazione dei redditi prodotti attraverso l’attività agricola. Fiscalmente, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), detta le norme relative ai redditi fondiari dall’art. 25 all’art. 43. Per le ditte individuali e le società semplici la determinazione di tali redditi, ai fini della tassazione, è effettuata su base catastale; mentre le S.n.c. e le S.a.s., nonché le S.r.l. possono applicare tale sistema per opzione, in alternativa al regime ordinario.

I redditi fondiari si dividono in reddito dominicale e reddito agrario. Il reddito dominicale, ai sensi dell’art. 27 TUIR, rappresenta la parte del reddito fondiario diretta a remunerare colui che ha il possesso del terreno a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale di godimento e deve essere dichiarato indipendentemente da chi coltiva il terreno. Una specificità propria dei redditi agricoli è rappresentata dall’ipotesi di affitto dei terreni a uso agricolo, laddove non solo le persone fisiche soggette a IRPEF, ma anche le società e gli Enti soggetti ad IRES denunciano solo il reddito dominicale.

Il reddito agrario, ai sensi dell’art. 32 TUIR, esprime la redditività media derivante dall’esercizio di attività agricole nei limiti delle potenzialità del terreno. Esso, determinato mediante l’applicazione di tariffe d’estimo stabilite dalla legge catastale per ciascuna coltivazione, deve essere rapportato al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione della produzione impiegati dal soggetto che esercita attività agricola. Titolare del reddito agrario è colui che esercita l’impresa agricola ai sensi dell’art. 2135 c.c. ciò rappresenta l’aspetto più delicato del regime fiscale in agricoltura, in quanto l’attività agricola è l’unica attività d’impresa tassata sulla base della rendita catastale a prescindere da reddito effettivamente prodotto o dalla perdita conseguita. Ai fini fiscali, la qualificazione del reddito come agrario dipende esclusivamente dall’attività svolta, nonché dalle condizioni poste dall’art. 32 TUIR. In particolare, l’attività diretta alla coltivazione del terreno o alla selvicoltura produce sempre reddito agrario, mentre l’attività riguardante l’allevamento di animali e le altre attività connesse devono rispettare i vincoli imposti dalle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 TUIR. Qualora tali limiti dovessero essere superati, il reddito relativo all’eccedenza è sottoposto a tassazione non sulla base di tariffe d’estimo catastale bensì nel suo effettivo ammontare secondo le regole stabilite per i redditi d’impresa. L’art. 56 bis, comma 2 e 3 TUIR, indica i coefficienti di redditività rispettivamente del 15% e del 25% qualora non si rispettino gli obblighi citati in precedenza. L’art. 55, comma 2, lettera c) del TUIR, obbliga le società di capitali, le cooperative e le società di persone diverse dalle società semplici a determinare il reddito di attività agricole in base alle risultanze di bilancio, anche se tale reddito rientra nei limiti imposti dall’art. 32 TUIR. Dopo aver analizzato il regime di tassazione diretto del reddito, passiamo ad analizzare l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). Nell’ordinamento italiano, in conformità alle disposizioni comunitarie, l’IVA è disciplinata dagli artt. 34 e34 bis del D.P.R. 633/1972.

Il comma 1 dell’art. 34 detta il regime speciale di detrazione forfetizzata che rappresenta il regime naturale di applicazione dell’imposta per i produttori agricoli. Tale regime prevede l’applicazione alle cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell’allegata tabella A al D.P.R. 633/72 dai produttori agricoli di una percentuale di compensazione pari all’aliquota applicata per la cessione, in tal modo il peso fiscale dell’IVA gravante sulle cessioni viene eliminato, ovviamente le operazioni d’acquisto non daranno origine a crediti nei confronti dell’erario per IVA. Codesto regime si applica se sussistono determinati requisiti soggettivi ed oggettivi. Sotto il profilo soggettivo, possono applicare il regime speciale i soggetti elencati al comma 2 dell’art. 34; sotto il profilo oggettivo, il regime speciale è applicabile esclusivamente alle cessioni di beni agricoli elencati nella prima parte della tabella A allegata al D.P.R. 633/72.

Al comma 6, invece, viene dettato il regime di esonero che si applica ai produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume d’affari non superiore ad € 7.000,00, costituito per almeno 2/3 da cessioni di prodotti agricoli elencati nella prima parte della tabella A, in virtù di tale disposizione i contribuenti sono esonerati da tutti gli obblighi contabili, dall’obbligo di liquidazione e versamento dell’imposta, ma rimangono soggetti all’obbligo di numerazione e conservazione delle fatture d’acquisto. Se nel corso dell’esercizio viene superato il limite di € 7.000,00 l’applicazione del regime d’esonero cessa a partire dall’esercizio successivo; se, invece, non viene rispettato il rapporto di 1/3 tra operazioni diverse e cessione di prodotti agricoli, l’esonero cessa nell’esercizio in corso. La detrazione forfetizzata, ovviamente, risulta essere conveniente quando l’IVA detraibile in base alle suddette percentuali è superiore all’IVA assolta sugli acquisti. In presenza di rilevanti investimenti, invece, è conveniente rinunciare al regime speciale in modo che il produttore può optare per il regime ordinario e vantare un credito nei confronti dell’erario. L’opzione è vincolante per un triennio, trascorso il quale si continua ad applicare il regime ordinario fino a revoca.

Un’altra imposta che grava sul reddito prodotto dagli agricoltori è stata istituita dal D.Lgs. 446/97 ed ha particolarmente penalizzato il settore agricolo in quanto ha sostituito tributi che i produttori agricoli non erano tenuti a versare rendendoli soggetti passivi d’imposta. Il tributo in questione è l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) che colpisce l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione ed allo scambio di beni o alla prestazione di servizi. I soggetti passivi IRAP sono le società di capitali, le società di persone, le persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni, i produttori agricoli titolari di reddito agrario, esclusi i soggetti con volume d’affari non superiori ad € 7.000,00 esonerati dagli adempimenti IVA richiamati in precedenza. In ragione di ciò, si ritiene che possa essere esonerato dall’IRAP soltanto il coltivatore diretto e non anche l’imprenditore agricolo professionale, il quale, solitamente, si avvale di un’organizzazione aziendale in termini di capitale e lavoro altrui, che rientra nel concetto di autonoma organizzazione. La base imponibile è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei corrispettivi e l’ammontare degli acquisti inerenti l’attività agricola, soggetti a registrazione IVA. Come per ogni imposta, anche per l’IRAP sono previste delle deduzioni d’imposta che riguardano fondamentalmente i rapporti di lavoro all’interno dell’azienda.